«Questo spettacolo rappresenta una serie di possibilità. È la volontà del Rettore di aprire questo luogo e contemporaneamente di farlo con Martoglio, nell’anno in cui si celebra il centenario della sua morte, ma c’è soprattutto l’intenzione di puntare alla popolazione universitaria, restituendo quest’autore ai giovani». Ha le idee chiare Elio Gimbo quando si parla di Nino Martoglio, autore a cui spesso il regista catanese ha dedicato il suo lavoro di ricerca e di messa in scena. E lo è ancora di più oggi che il Teatro Machiavelli, da sempre luogo simbolo della città, da qualche mese ospita il CUT (Centro Teatrale Universitario). Già sul finire dell’Ottocento, proprio il commediografo belpassese fu promotore della sala teatrale custodita all’interno del Palazzo Sangiuliano nella quale invitò diverse celebrità come Jules Claretie, direttore della Comedie Française, e gli interpreti Maria Nencioni, Ada Borelli e Angelo Zappetti ad applaudire il più grande attore tragico del tempo, Grasso. Ma soprattutto fu qui, che Martoglio diede avvio a una drammaturgia spiccatamente siciliana che coinvolse molti letterati come Verga, Capuana, Rosso di San Secondo e lo stesso Pirandello, avviando di fatto le carriere di Angelo Musco e Giovanni Grasso. Nelle prossime sere ad animare il Teatro saranno venticinque studenti dell’Università di Catania e dell’Istituto Musicale “Vincenzo Bellini”, coinvolti da due mesi nel laboratorio teatrale “Drammaturgie delle azioni fisiche”, tenuto dallo stesso Gimbo.

IL METODO GIMBO. «In questo percorso – evidenzia il regista – abbiamo messo insieme alcune forze della città a cominciare dalla Compagnia Buio in Sala diretta da Giuseppe Bisicchia e Massimo Giustolisi, che fra i loro corsisti avevano già molti universitari e a cui si sono aggiunti altri studenti dell’Ateneo e del Conservatorio, dal momento che in scena avremo anche una band dal vivo. Non mancano poi alcuni degli attori più interessanti del panorama teatrale catanese, come appunto Bisicchia e Giustolisi ma anche Savì Manna, Lucia Portale e Marina La Placa. Mettendo insieme generazioni diverse, con un’attenzione particolare ai giovani, vogliamo che questo luogo diventi per loro un polo di attrazioni come 120 anni fa lo fu per un teatro del futuro». La compagnia di Gimbo, Fabbricateatro, non è peraltro nuova a lavorare con giovani attori – ne sono un esempio ’U vaccinu” da “’U contra” di Martoglio – e nemmeno ad adattare alla contemporaneità i testi drammaturgici: «Questa però – spiega – è un’occasione più ufficiale, in cui giovani sono diventati il soggetto attuativo del progetto, soprattutto perché “Il Divo” era per me uno dei punti fondamentali delle celebrazioni martogliane». In soli due mesi di lavoro, il regista etneo è riuscito a instradare gli attori neofiti in un percorso teatrale molto profondo che non si è limitato solo alla lettura, alla comprensione e all’interpretazione del testo ma ha anche puntato a un attento approccio scientifico. «Dall’esperienza di altri centri universitari – evidenzia – come Roma Tre o l’Università dell’Aquila, sappiamo che l’Università è un luogo particolarmente adatto a questo tipo di percorso. Per due mesi abbiamo lavorato sull’azione fisica di Stanislavskij, un lavoro che in questo tipo di progetti si fa raramente. Ma di fronte al sistema di composizione che stavamo utilizzando, abbiamo capito che era fondamentale partire dalle origini, dal modo in cui lavora un attore perché un centro universitario è chiamato a ridare dignità anche scientifica al teatro».

UN’OCCASIONE PER LA CITTÀ. Proprio per l’approccio eterogeneo, lo scambio fra Gimbo e i suoi allievi è stata la chiave vincente dell’intera operazione, permettendo ai ragazzi di conoscere i meccanismi che si celano dietro il mondo del teatro e al navigato regista di attingere a piene mani alla contemporaneità. «Come sempre i giovani ti riempiono di energia e te ne richiedono altrettanta. Ho comunque trovato una generazione appassionante da cui ho imparato molto». All’estero l’educazione di uno studente passa spesso anche per la formazione teatrale, che diventa un momento di crescita fondamentale per il ragazzo, un elemento che spesso nel nostro Paese è marginale. «Quello della formazione in Italia è un problema aperto. Lo è sempre stato per certi versi e lo è ancora di più a Catania, per cui sono stato molto contento di vedere il lavoro consolidato che hanno fatto Bisicchia e Giustolisi con Buio in Sala, una presenza fondamentale sul territorio per la formazione dell’attore, visto il tramonto delle sedi istituzionali. Questo pone naturalmente il problema su come affrontiamo la questione della formazione; io credo che il CUT, se ben organizzato, potrebbe diventare una valida risposta».

UN MARTOGLIO ATTUALE. Fra i maggiori studiosi di Martoglio, Gimbo che nel suo libro “Le tre porte” edito da UME ha risolto il giallo della misteriosa morte dello scrittore e giornalista isolano, per chiudere le celebrazioni in suo nome ha scelto una delle sue opere meno note al grande pubblico, “Il Divo”. «Nel 1908 Martoglio – dice – scrisse questi due testi in italiano: uno era il dramma storico “L’ultimo degli Alagona” (prodotto quest’estate dallo Stabile di Catania) l’altro, un’opera di costume sociale antesignana di quella che poi sarà la commedia all’italiana, “Il Divo”. Il mio obiettivo era quest’anno di metterli in scena entrambi facendone terreno di sperimentazione. Così se Martoglio dedica la commedia al mondo dello spettacolo noi abbiamo lavorato attorno al mito della femme fatale e l’abbiamo completamente rivisitato alla luce della sensibilità odierna, svuotandolo di quella visione arcaica maschile e risarcendone la figura femminile. Siamo partiti dal testo originario per trovare le somiglianze con la nostra società, sviluppando l’idea che oggi tutto è performativo. Abbiamo poi immaginato la messa in scena con un’estetica da talent a cui abbiamo aggiunto elementi provenienti dai social network e dalla tecnologia perché non bisogna mai dimenticare che il teatro va letto sempre alla luce dell’oggi».

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