Essere gay nell’epoca
del “Pride”: «Abbiamo davvero bisogno
di metterci in mostra?»

Michelangelo, nato e cresciuto in un piccolo borgo marinaro del catanese ha scoperto la sua omosessualità da ragazzino. Non ha mai apertamente affrontato la questione con amici e parenti e del Gay Pride ha una considerazione probabilmente fuori dal coro: «Non si deve strumentalizzare la nostra condizione: i gay non sono un prodotto commerciale. Le proprie inclinazioni sessuali vanno vissute in piena libertà ma senza farne sfoggio»

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]E[/dropcap]ra necessario fare un passo avanti riguardo la tutela degli omosessuali, ma si viveva meglio prima». Un’affermazione del genere, alla fine di un percorso fatto di battaglie e di tante conquiste, appare senza dubbio sconvolgente. Eppure questa è l’opinione di Michelangelo, nato e cresciuto in un piccolo borgo marinaro del catanese. Proprio lui, che ha scoperto la sua omosessualità da ragazzino e che non ha mai apertamente affrontato la questione con amici e parenti, afferma: «Non si deve strumentalizzare la nostra condizione: i gay non sono un prodotto commerciale. Le proprie inclinazioni sessuali vanno vissute in piena libertà ma senza farne sfoggio».

Tali parole potrebbero risultare oggi, nell’epoca del Gay Pride, come qualcosa di anacronistico. Dietro questo punto di vista, tuttavia, vi è un vissuto fatto di paura e di compromessi.

NON SOLO UN GIOCO. La scoperta della propria sessualità è qualcosa che caratterizza l’adolescenza di ciascuno di noi. Michelangelo, che preferisce non rivelare la sua vera identità, si è reso conto di essere gay proprio in questa fase della sua vita. Ciò, tuttavia, è avvenuto per “gioco”. «Un giorno una ragazza sfidò me e il mio amico Gianni: gli dovetti dare un bacio. Fu così che capii di essere attratto da lui». Allora come oggi prendere consapevolezza di una situazione del genere non era affatto facile. «Era impensabile affrontare la questione dell’omosessualità con i propri coetanei, si rischiava di essere esclusi». Nonostante tutto, i due iniziano a conoscersi partendo da una nuova prospettiva; l’amore condisce questa storia ed il gioco è fatto: Michelangelo e Gianni diventano inseparabili. Quei ragazzi, poco più che quattordicenni, immaginano già di vivere insieme in una piccola casetta non troppo distante da dove sono cresciuti.

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UNO SCHERZO DEL DESTINO. «Mio padre un giorno ci beccò. Mi disse di fare attenzione perché non tutti avrebbero capito». Nell’immaginario collettivo persone come il padre di Michelangelo, vissute in un contesto “ristretto”, sono considerate di scarse vedute. A quanto pare già quarant’anni fa questo cliché non aveva motivo di esistere. In effetti, l’accettazione del “diverso” non passa solo per le origini culturali ma anche e soprattutto per gli schemi mentali che caratterizzano il nostro modo di relazionarci. Il tutto a prescindere dall’epoche storiche. Alla fortuna di avere un padre così lungimirante non corrisponde però la fortuna della relazione. Il ventenne Michelangelo lascia la sua casa per prestare il servizio di leva obbligatoria. Per Gianni è l’inizio della fine e affoga il trauma dell’abbandono nella droga. I due fanno appena in tempo a rivedersi: poco dopo Gianni viene ritrovato deceduto in un bagno per overdose.

IL GIUDIZIO DEGLI ALTRI. Forse sarà stata questa esperienza a bloccare il percorso di crescita di Michelangelo, che di fatto ha sempre mantenuto una certa riservatezza sulla sua condizione e ha preferito continuare a vivere con i suoi familiari. Oggi guarda con nostalgia al tempo passato: «Ci nascondevamo, è vero, ma non avevamo bisogno di mettere in mostra nulla: la nostra vita andava bene così com’era». Può una persona che ha sempre evitato il giudizio degli altri, elogiare un periodo storico che non offriva garanzie agli omosessuali? La risposta la dà lo stesso Michelangelo: «Ci poniamo forse il problema di festeggiare “l’Etero Pride”? I gay sono diventati oggetto di svariate campagne pubblicitarie: così facendo si sono ghettizzati ulteriormente». Probabilmente non tutti condivideranno l’opinione del nostro intervistato. Bisogna, infatti, tenere presenti i traguardi che si sono raggiunti. Michelangelo, tuttavia, ci pone una domanda che fa riflettere: «Abbiamo davvero bisogno di fare spettacolo di ciò che siamo o che vorremmo essere?»

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