L’edizione di quest’anno del popolare festival della cultura pop si è da poco conclusa con un numero di presenze eccezionale. Al di là della sua patina divertente e spensierata, la fiera è stata capace di insegnarci il valore della comunanza e dell’interesse per gli altri e di regalarci lo stimolo per fare in modo che, nei nostri atteggiamenti, questa si prolunghi per molto altro tempo

C’è un luogo che, a tratti, è capace di trasportarti in un mondo da favola; un posto accessibile a tutti che si anima intensamente per pochi giorni e poi sembra scomparire, in un attimo, nel nulla: EtnaComics, in fondo, è un po’ tutto questo. E anche se l’edizione di quest’anno si è conclusa, se si guarda sotto la festosa superficie fatta di sorrisi e costumi stravaganti, è possibile intravedere numerosi spunti di riflessione che rimangono impressi nelle menti di chi l’ha vissuta. Il festival della cultura pop ci ha dato un piacevole assaggio, infatti, di come gli esseri umani dovrebbero vivere la realtà di tutti i giorni.

VARIETÀ E IDENTITÀ È un effetto quasi miracoloso quello che EtnaComics ha prodotto in chi abbia avuto il tempo di fermarsi ad osservare l’alternarsi di figure curiose per aspetto, età e interessi totalmente differenti. Quasi un caos organizzato, verrebbe da dire, in cui ognuno ha trovato il suo posto in maniera naturale e armoniosa. Emozionante è stato vedere intere famiglie agghindate a tema divertirsi di sano gusto e chiedere delle foto a degli individui più o meno improbabili che sfilavano ininterrottamente tra i vari stand. Nessun commento dispregiativo, nessuna battuta infelice: solo tanta curiosità di avvicinarsi e saperne di più. Lo sguardo verso l’altro, verso chi appariva nettamente incompatibile, diverso, è stato soltanto accogliente. Non ci si soffermava a pensare chi e perché fosse lì, ma solo a rallegrarsi che quel qualcuno ci fosse. È così che tutti sono risultati valorizzati nella loro identità, a prescindere dal costume che indossavano e dagli interessi che manifestavano. L’esperienza comunitaria di EtnaComics, in questo senso, dovrebbe farci riflettere su come concepiamo i rapporti sociali e l’approccio alla diversità, su come siamo tanto presi dal nostro orizzonte personale da non accorgerci che si può essere interessati agli altri più di 4 giorni all’anno.

UNA MASCHERA PER TOGLIERE LE MASCHERE Il potersi immedesimare con personaggi di fantasia appartenenti, chi più chi meno, all’immaginario comune ha così permesso di dare sfogo alla creatività di ognuno, di sentirsi liberi di sottrarsi ai dettami e alle etichette che la società quotidianamente impone. Le maschere di EtnaComics, per quanto possa sembrare paradossale, non sono servite a nascondere, a reprimere gli aspetti della personalità di ognuno di noi che solitamente ci si preoccupa di censurare, ma, anzi, hanno valorizzato l’individuo e le sue passioni: le maschere della manifestazione, insomma, hanno sostituito quelle che indossiamo fuori per renderci accettabili e conformi a regole non scritte eppure così severe, in cui sembra vietato aspirare ad essere una principessa o un supereroe.

CONNESSIONI UMANE Di EtnaComics alla fine della fiera – è il caso di dirlo – non rimane, dunque, solo il piacevole ricordo di un’esperienza diversa capace di spezzare la monotona routine di giorni spesi tra mille, soffocanti impegni. Rimane, anche e soprattutto, la consapevolezza di aver sperimentato un modello sociale per certi versi inedito e il desiderio di provare a replicarlo nella realtà che ci circonda, sicuramente più bizzarra di quanto lo sia stato il festival. Si intende un genere di socialità basato sulle connessioni umane, in cui ognuno cerchi di instaurare un rapporto empatico in funzione delle reciproche particolarità, non più strumenti di classificazione e differenziazione, ma punti di forza da approfondire e condividere. E non si consideri sufficiente il chiedere uno scatto al più strampalato dei cosplayer: EtnaComics è stato molto più che un riempitivo per gli album dei propri profili facebook. Si è trattato, piuttosto, di un incrocio di universi, di una continua avventura verso la scoperta che si può trovare un mondo anche dietro un’espressione del viso o una scritta su una maglietta. A volte, basta fermarsi e guardare.

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