«Allora lo vuoi fare questo film con me?». È stata questa la frase con la quale l’attore siciliano Fabrizio Ferracane è stato scelto direttamente dal regista Paolo Taviani per il ruolo da protagonista di “Leonora addio”, unico film italiano in concorso all’ultima edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino, dove ha ricevuto il Premio Fipresci.

Ferracane vive un momento speciale della sua carriera nella quale, uno dopo l’altro, sta inanellando ruoli sempre più importanti e di spessore. «Un giorno mi ha chiamato la mia agente – ci ha raccontato – dicendomi che Paolo Taviani voleva incontrarmi per una chiacchierata. E quando chiama un regista come Taviani chi non accorre? Al primo impatto non ho visto “un regista” ma un uomo dagli occhi grandi e gioiosi che mi hanno accolto. Ho ripensato subito a mio nonno e mi è sembrato che si fosse instaurato un tipo di rapporto quasi familiare. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere, mi ha chiesto che rapporto avessi con Pirandello e i suoi testi e alla fine, quando io pensavo che mi avrebbe richiamato per un provino ufficiale, ha pronunciato quella fatidica frase».

UNA LUNGA GAVETTA. Dal debutto sul grande schermo nel 1999 nel film Malena di Giuseppe Tornatore, per il quale ha realizzato «solo nove pose», Ferracane di strada ne ha fatta conquistando il plauso del pubblico e soprattutto della critica. A segnare una vera svolta il film Anime nere (2013) di Francesco Munzi con il quale l’attore siciliano è stato candidato come Miglior attore protagonista ai David di Donatello, ai Nastri d’Argento, ai Globi D’Oro oltre al Premio speciale Efebo D’Oro. Ma i primi passi Ferracane li ha mossi sulle tavole di un palcoscenico, già da bambino. «Questo lavoro è la mia vita, lo so con certezza. Gli attori sono strumenti dell’anima, dobbiamo essere in grado di suonare emozioni diverse. Ho cominciato per caso e con incoscienza: avevo circa 12 anni, a Castelvetrano c’era un bellissimo movimento culturale con tante piccole compagnie che lavoravano sul territorio e così mi ritrovai a interpretare ‘Peppiniello’. Di quella esperienza ricordo sempre due momenti: il silenzio del pubblico e il loro respiro che mi arrivava come un’onda. Queste immagini mi segnarono, ovviamente, poi da adulto compresi che il teatro non è fatto solo di attori, ma dall’onda che si genera e che si nutre di tutti i presenti».

Una scena del film “Leonora addio”. Foto di Umberto Montiroli

Dopo questa parentesi Ferracane ha continuato gli studi e la sua vita come un qualsiasi adolescente finché, poco più che maggiorenne, si è ritrovato a Palermo a fare, ancora una volta per caso, il provino al Teatès, la scuola di teatro di Michele Perriera, incontro che ha segnato la sua carriera. «All’epoca ero timidissimo, caratteristica che certo non aiuta nel mestiere dell’attore; Perriera con il suo modo di fare è stato una figura fondamentale nella mia formazione e nella crescita personale, a lui devo moltissimo. Al termine del triennio a Palermo andai a Roma e lì mi confrontai con il “mestiere”, partecipando a molti laboratori teatrali: all’epoca duravano mesi ed erano una vera palestra per questa professione. E poi cominciarono i primi ruoli a teatro e, in seguito, anche al cinema».

LUOGHI DEL CUORE. Il racconto di Ferracane – che ha mantenuto un legame forte e costante con la Sicilia e con la sua Castelvetrano dove ritorna sempre tra un lavoro e l’altro, è la costante che lo ha aiutato anche ad affrontare i momenti difficili, immancabili per tutti gli artisti alle prime armi. «Avevo al mio fianco la mia famiglia; mia madre è sempre stata la mia prima fan e mio padre ricordo, quando ancora non guadagnavo, mi diceva “tu pensa a pagarti l’affitto” e continua a crederci. Ho imparato a non arrendermi alle difficoltà e alla fine i risultati sono arrivati». Negli ultimi anni, infatti, Ferracane ha recitato in diversi ruoli in produzioni presentate nei principali festival nazionali e internazionali di settore; al momento è nel cast di “Una femmina”, attualmente nelle sale, e in altri film di prossima uscita, oltre ad aver cominciato le riprese sul set del nuovo film di Emma Dante, in attesa di ritornare a calcare le tavole del palcoscenico in teatro.

IL FASCINO DELLA COMPLESSITÀ. «Mi piace avere addosso personaggi complicati, sfaccettati, per esempio nel film della Dante interpreto un uomo corrotto. In generale quando accetto un ruolo mi pongo l’obiettivo di raccontare una storia importante, così come è stato in “Leonora addio”, dove ho vestito i panni di un uomo che, da solo, aveva la responsabilità enorme di riportare in Sicilia le spoglie di Pirandello. La sua anima si ritrova tutta nell’immagine della sua mano che tiene la corda della cassa che gli hanno affidato. Ho lavorato molto su questo personaggio così come faccio per ogni nuovo ruolo; sulla scena non devo avere niente di Fabrizio, allora cerco di cambiare oltre ai vestiti anche i capelli o la barba. Dico sempre che “l’attore è corruzione” e ogni personaggio va costruito da zero in ogni dettaglio. Sono sempre alla ricerca della verità del ruolo che interpreto, quando sento che c’è aderenza al personaggio, che racconta realmente sé stesso, allora sono soddisfatto dell’impregno profuso. È questo, secondo me, l’unico modo per riuscire ad arrivare al pubblico, che sia al cinema o in teatro».

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