Durante il mio tirocinio presso NNAISENSE – una promettente startup di Lugano che si occupa dell’applicazione in campo industriale dei processi di machine learning e intelligenza artificiale – ero circondato da colleghi provenienti da tutto il mondo. Ad attirarli là, in quella piccola città tra le verdi montagne svizzere, il Prof. Jürgen Schmidhuber, fondatore dell’azienda e uno dei padri dei più recenti progressi legati all’AI. Era solito intrattenere vivaci discussioni con noi ricercatori. «Vieni dalla Sicilia, vero?», mi chiese una volta durante una di queste. «Sì!», risposi fieramente. «Una delle più grandi menti della storia era siciliana!». Sorpreso che un celebre scienziato tedesco conoscesse la Sicilia non per le sue spiagge o per gli arancini, ma per una personalità del passato, rovistai tra i miei ricordi, pensando alle dozzine di grandi uomini e donne che una piccola grande isola come la mia terra ha ospitato nella sua storia. Poi, prima ancora che io potessi dir nulla, fui illuminato: «Archimede, ovviamente!».

Archimede è un incredibile esempio di genio dell’antichità, una personalità immersa contemporaneamente nella storia e nella leggenda. Nella Siracusa del terzo secolo a.C., che Cicerone definiva la più bella città greca dei tempi antichi, diede vita a scoperte e invenzioni di inestimabile valore. Si dice esistano tre tipi di scienziati: il filosofo, che sogna e crea idee che rimangono per sempre; il matematico, che si impegna nel trovare ordine nel caos usando il ragionamento formale; l’artigiano, che trasforma direttamente le proprie idee in efficaci soluzioni a problemi reali. Archimede incarnò questi tre tipi allo stesso tempo e dimostrò nelle diverse sfaccettature di scienziato capacità straordinarie che nessuno fu in grado di eguagliare per secoli.

IL FILOSOFO. Pare fosse totalmente immerso nel proprio lavoro scientifico: si racconta che dimenticasse persino di lavarsi o di mangiare, quando non poteva risolvere facilmente il problema a cui era dedito. Archimede credeva profondamente nel potere della scienza. Una volta, disse al suo re Gerone II la celeberrima frase «Datemi una leva e vi solleverò il mondo!», riferendosi direttamente alle proprie scoperte in ambito fisico, ma anche implicitamente affermando come nessun ostacolo sia impossibile da superare usando l’intelligenza e la razionalità umane.

Per dare una misura della sua grandezza, è stato detto che paragonare gli scritti di Archimede a quella degli studiosi del suo tempo è come mettere a confronto la fisica quantistica con la matematica scolastica

IL MATEMATICO. I suoi studi matematici furono estremamente raffinati. Tra le altre cose, dimostrò la procedura corretta per calcolare l’area del cerchio e scoprì altre importanti formule su sfere e cilindri. Comprendeva e sfruttava nei suoi ragionamenti i concetti di infinitamente grande e infinitamente piccolo, che formano gli strumenti di base della scienza moderna, riscoperti soltanto diversi secoli dopo. Per dare una misura delle sue incredibili capacità matematiche, è stato detto che paragonare gli scritti di Archimede a quelli della maggior parte dei più celebri studiosi del suo tempo sia come paragonare oggi la fisica quantistica alla matematica studiata a scuola.

Tra le più celebri invenzioni vi furono “la vite di Archimede”, un attrezzo meccanico utile per irrigare i terreni, e “gli specchi ustori di Archimede”, capaci di concentrare la luce del sole sulle navi per incendiarle

L’ARTIGIANO. Archimede costruì macchine strabilianti. La prima invenzione a lui attribuita è la “vite di Archimede”, un rivoluzionario attrezzo meccanico, ispirato ai suoi viaggi in Egitto, capace di spostare l’acqua per irrigare i terreni. Creò anche diverse armi da guerra per proteggere la propria città. Per esempio, l’”artiglio di Archimede”, un uncino speciale capace di sollevare ed affondare le navi nemiche; o i celebri e controversi “specchi ustori di Archimede”, un sistema di lenti che concentrava la luce del sole sul legno delle navi per incendiarle. Esperimenti moderni hanno dimostrato la fattibilità di molte delle sue invenzioni, macchine da guerra incluse.

VITA DA LEGGENDA. Una parte fondamentale dell’eredità di Archimede è costituita dai curiosi aneddoti sulla sua vita. La sua proverbiale frase «Eureka!» fu esclamata quando scoprì, mentre faceva un bagno, il principio fisico che poi prese il suo nome, il quale regola il comportamento dei corpi immersi in un fluido; si dice che la gioia fu tale da spingerlo a correre nudo per le strade di Siracusa. Morì per mano romana durante l’assedio della sua città, nel 212 a.C.: era così concentrato su una dimostrazione matematica da rifiutarsi di seguire un soldato romano prima di essere riuscito a completarla. Il soldato, infuriato, lo uccise. Ancora incerto se questi aneddoti siano in effetti realtà, o riflettano semplicemente il maldestro pregiudizio che i suoi concittadini avevano sulla mente più brillante della storia antica.

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