All’anagrafe è Mauro Teardo, classe 1966. In arte Teho, perché quando ha cominciato faceva punk rock e, in quel mondo, «se nel nome non avevi una “h” non eri nessuno». All’epoca suonava il clarinetto, «ma con la testa stavo dalla parte di Ramones e Sex Pistols». E quella fu la fine del clarinetto, che a 13 anni non aveva più nessun appeal, e l’inizio di un’altra fase: «Per sei mesi feci parte di una punk band», racconta. «Negli anni Novanta con i Meathead abbiamo davvero suonato in mezzo mondo. È stata un’esperienza straordinaria poter restare a New York per un lungo periodo, entrare in contatto con i Sonic Youth… Dieci anni di rock e sperimentazione».
New York e poi Londra e Berlino, sono le tappe del percorso di apprendimento del musicista nato a Pordenone. «Sono città che hanno contenuti e aspetti determinanti per la crescita musicale. Lì puoi avere incontri, conoscere persone, che in Italia non puoi trovare». Teardo collabora con Lydia Lunch, Jim Coleman dei Cop Shoot Cop è suo testimone di nozze, Colin Newman dei Wire diventa un suo grande fan, è amico e complice di Blixa Bargeld, lo storico fondatore degli Einstürzende Neubauten nonché chitarrista per quasi vent’anni dei Bad Seeds, la band di Nick Cave. Lavora anche con Lee Ranaldo dei Sonic Youth, John Zorne, Alexander Balanescu.
Da qualcuno è indicato come l’erede del compianto Ennio Morricone. Proprio dalle mani del maestro ricevette nel 2009 il Premio Ennio Morricone all’Italia Film Fest
E dopo c’è Roma. La città che l’ha adottato. «Sono italiano, appartengo a questo Paese, sono influenzato dalla sua storia culturale. C’è una forte connessione con il mio Paese, ma contemporaneamente lo metto in traiettoria con altri luoghi».
Roma è il cinema. Che scopre Teardo con Denti, film di Gabriele Salvatores del 2000. Da allora ne scriverà una ottantina di colonne sonore, lavorando per Sorrentino (con cui vinse il David di Donatello per Il divo), Molaioli, Incerti, Chiesa, Cupellini e Vicari. Sue anche le musiche di molte serie televisive e persino la sigla di Un giorno in pretura.
Da qualcuno è indicato come l’erede del compianto Ennio Morricone. Proprio dalle mani del maestro ricevette nel 2009 il Premio Ennio Morricone all’Italia Film Fest. Gli chiese: «Come mai tutto questo rumore nella tua musica?». Teho Teardo, impertinente, rispose: «E come mai nella tua non ce n’è per nulla?». Oggi il musicista più richiesto dal cinema italiano minimizza: «Con lui ho un’affinità incredibile, basti pensare alle musiche di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, ci ha messo del suo in quella musica, la sua faccia, e in questo lo sento incredibilmente vicino. Ennio è un gigante, dire di essere il suo erede si rischia di fare la figura dell’idiota. Lui lavorò in un momento straordinario del cinema italiano, quando si facevano centinaia di film. Ennio scriveva trenta colonne sonore in un anno, oggi trenta se ne fanno in dieci anni. Mi lusinga il paragone. Io continuo a seguire il consiglio che mi diede quella sera del 2009: “Pensa con la tua testa e vai per la tua strada”. Io culturalmente provengo dal post-punk, che è una sorta di reagente che riappare e si combina con altre cose. Rota, Fusco, Piccioni, Morricone e gli altri hanno davvero inventato la musica per il cinema. Molti cercano di assomigliare a loro, ma da allora il mondo è diventato un altro, molto più difficile, e per raccontarlo devo agire in modo diverso, culturalmente, socialmente, eticamente, sennò resta intrattenimento. Il cinema è certo racconto, ma oggi anche astrazione e documentazione: compongo leggendo la sceneggiatura, mi faccio il mio film, la mia musica non è commento ma interfaccia sonora delle immagini che vedo mentre leggo e dei sentimenti che mi trasmettono».
«Mi piace spaziare, non voglio ripetere sempre le stesse esperienze, e soprattutto evitare i cliché che stanno strangolando la musica»
Teardo è anche remixer di fama (fra i tanti per Placebo, C.S.I. e Marlene Kuntz), sound designer (sue, ad esempio, le musiche per le installazioni del Museo Etrusco di Piombino). Ha riempito di suoni i pennelli di Man Ray e Joan Mirò, in omaggio alla sua laurea in Storia dell’Arte. «Mi piace spaziare, non voglio ripetere sempre le stesse esperienze, e soprattutto evitare i cliché che stanno strangolando la musica. Amo spostarmi attraverso le mappe dei suoni oltre che su quelle geografiche. È pericoloso legarsi a un determinato mondo musicale. Seguire sempre lo stesso percorso ha un effetto rassicurante, ma si rischia di rimanere fermi, di non andare avanti. Meglio rimettersi in gioco sempre».
Teardo è un liberissimo, versatile, talento autodidatta («uno dei motivi per cui ancora continuo a suonare è perché non ho fatto il conservatorio»), e si tiene alla larga da ogni categoria. «Generi e categorie sono utili nei negozi di dischi, ma nella musica non sono mai stati importanti. Se io leggo Ballard non è perché scrive libri di fantascienza, ma per la sua visione del mondo. La musica è come una costellazione, che sta al di sopra di noi: non puoi racchiuderla in generi».
Ora l’artista che è passato con disinvoltura dal clarinetto al punk e ai campionatori, imparando a memoria la lezione della musica elettronica, si è innamorato del teatro. Con la compagnia teatrale Socìetas Raffaello Sanzio ha realizzato lo spettacolo Ingiuria in cui partecipano anche il violinista Alexander Balanescu e Blixa Bargeld. Con l’attore Elio Germano porta in scena lo spettacolo Viaggio al termine della notte, tratto dal capolavoro di Céline.
Il suo ultimo album Ellipses dans l’harmonie – Lumi nel buio è ispirato all’Encyclopèdie di Diderot e D’Alembert: «In un momento in cui si parla di complottismi, scie chimiche uno sguardo illuminista è da ricercare»
«Il teatro mi piace molto, non vedo l’ora di tornare a giorni in Irlanda per completare le musiche di Medicine», il nuovo lavoro di Enda Walsh, straordinario regista e drammaturgo, già noto, tra i tanti progetti, per aver scritto con David Bowie lo spettacolo Lazarus, e che con Teardo ha già collaborato nell’album Grief Is The Thing With Feathers.
E poi c’è la prima volta dell’ex ragazzo punk nel mondo classico. Sabato 22 agosto, al Teatro greco di Siracusa per la rassegna “Inda 2020 Per voci sole”, parteciperà con l’attrice palermitana Isabella Ragonese alla messinscena di Crisòtemi del poeta greco Ghiannis Ritsos, accompagnato dalle violoncelliste Giovanna Famulari e Laura Bisceglia. «È il risultato di una felice collaborazione con il regista Fabrizio Arcuri», anticipa. «La lettura scenica avrà la forma di concerto: la musica fa da narrazione e la struttura armonica interagisce con la voce dell’attrice. È un testo importante, attuale».
Un impegno che Teho Teardo affronta con quello sguardo illuminista che ha segnato il suo ultimo album Ellipses dans l’harmonie – Lumi nel buio, ispirato all’Encyclopèdie di Diderot e D’Alembert, la chiave di volta del Settecento illuminista. Un disco che lui definisce «un lavoro politico, contro l’oscurantismo», concetto che affiorava anche in Nerissimo con Blixa Bargeld del 2016. «Dare un suono all’Illuminismo è un gesto rivoluzionario. Parlare di concetti come razionalità, catalogazione, ordine, è rivoluzionario. In un momento in cui si parla di complottismi, scie chimiche e di altre idiozie del genere, uno sguardo illuminista è da ricercare».