«Puoi scattare una fotografia a 1/100 di secondo, ma ci vuole più tempo per leggerla. Leggere una fotografia è come fare un viaggio, vedi cose che accendono tutti i tipi di ricordi, buoni e cattivi. La tua vita è il suo riferimento».

George Zimbel nasce a Woburn, Massachusetts, negli Stati Uniti, il 15 luglio 1929, figlio del proprietario di un negozio di merci secche, già a scuola viene attratto dall’arte fotografica. Nel suo percorso ha la fortuna di incontrare persone appassionate dell’immagine che gli permettono di fare un cammino speciale dello sguardo. Nel 1950 lavora come fotografo nell’esercito degli Stati Uniti e trascorre due anni in Europa durante la ricostruzione dopo la Seconda guerra mondiale. Al suo ritorno in America diventa un fotografo freelance. Una delle sue prime opportunità furono le famose fotografie a Marilyn Monroe nel 1954 per promuovere il suo film “The Seven Year Itch”, dove la Monroe indossò il suo famoso vestito bianco.

Lo stesso Zimbel racconta così la storia di quel reportage, di cui pubblichiamo uno scatto: «L’11 settembre 1954, avevo 25 anni, ricevo un incarico da una delle prime agenzie fotografiche, la “Pix Inc”. Uno dei colleghi più anziani, con mia grande sorpresa, mi affida, totale debuttante, l’incarico più importante che si potesse fare all’epoca: un servizio fotografico con Marilyn Monroe. E mi hanno dato libertà assoluta nella realizzazione del reportage.  Ricordo bene la scena. Il regista Billy Wilder stava girando, era mezzanotte, quando Marilyn è arrivata sul set nel suo sempre famoso vestito bianco, la folla si è scatenata, si è eccitata, ma solo al punto in cui si poteva andare fuori di testa e fare casino negli anni ’50. Io, dalla mia posizione, non riuscivo a vedere molto di quello che stava succedendo. Era tutto pieno di polizia e fotografi. Marilyn, nel frattempo, stava provando la sua scena. Consisteva in una bella bionda in abito bianco che passeggiava lungo Lexington Avenue con un amico, l’attore Tom Ewell. Ad un certo punto sono passati sopra una presa d’aria della metropolitana mentre il treno sfrecciava sotto. L’aria calda si alzò, si impadronì del suo vestito e lo fece fluttuare come un paracadute. Il tessuto si alzò, si alzò… L’uomo divenne nervoso, stordito, e lei sorrise sorpresa.

La scena si è ripetuta più volte. I fotografi sono impazziti. Hanno urlato “Di più! più! ancora!”. Wilder era pronto per iniziare le riprese quando il marito dell’attrice, Joe Di Maggio, è apparso all’improvviso. Attraversò il set e ci fu silenzio. L’atmosfera è cambiata completamente. Wilder si avvicinò rapidamente a Marilyn. Hanno chiacchierato e alla fine l’attrice ha sorriso. Era il segnale che tutti potevano continuare a lavorare. Io ho infranto le regole. Ho fotografato mentre stavano girando, cosa severamente vietata. Pensavo che il rumore potesse nascondere i miei scatti, ma mi hanno sorpreso e sono stato cacciato dall’area dei fotografi. Dovevo andare dietro il cordone di polizia. Da lì, ho scattato le mie fotografie». Quel servizio fotografico a New York è stato uno dei più pubblicizzati di tutti i tempi. Tutti i media hanno pubblicato lo scoop, tuttavia, Zimbel non ha inviato mai nessuna immagine. Come mai? Nemmeno lui lo sa. I negativi sono stati lasciati in un angolo senza mai essere stampati per oltre 20 anni, quando a causa di un incendio nella sua abitazione perde buona parte del suo archivio. Miracolosamente, le foto di Marilyn sono state salvate. Nel rivedere tutti quegli scatti finalmente si accorse del loro valore. Dalla posizione che è stato costretto a prendere, dopo l’allontanamento dalla scena, a distanza dai riflettori, è stato in grado di catturare tutto ciò che stava accadendo sul set con una prospettiva molto più ampia. Gli altri fotografi si sono concentrati solo su di lei, ma l’obiettivo di Zimbel ha catturato l’atmosfera reale, il modo in cui ha gestito tutte queste persone. Come li aveva incantati. Lo scatto pubblicato, per nulla volgare, esalta la femminilità eclettica della Monroe all’ennesima potenza fino a cogliere la sorpresa nel volto attraverso uno spontaneo sorriso, dell’improvviso svolazzamento del vestito a causa della presa d’aria della metro.

Le foto furono esposte per la prima volta nel 1976. Per Zimbel, sono la sua testimonianza dell’età dell’innocenza americana. È stato sposato con Elaine Sernovitz dal 1955 con cui hanno avuto quattro figli tra cui il musicista jazz Matt Zimbel, fondatore di Manteca.  Nel 1971, Zimbel e la sua famiglia si trasferirono nella contea di Queens, nell’isola del Principe Edoardo, dove allevarono animali per i successivi 10 anni in una fattoria che chiamarono “Bona Fide Farm”. Sebbene le sue foto più ricordate siano quelle iconiche di personaggi famosi, anche i suoi lavori per strada, che ritraggono ogni angolo di New York, sono speciali. Hanno sempre avuto uno spirito positivo e umanistico, mostrando il meglio degli anni Cinquanta e Sessanta in America. Dopo la morte della moglie Elaine, nel 2017, George depone la sua macchina fotografica, chiude la sua camera oscura e da allora si ritira dalla vita pubblica. Il suo addio è anche una reazione per il modo in cui la fotografia viene trattata oggi. «C’è la tendenza a scattare e accumulare foto senza senso – ha affermato – io la chiamo “diarrea digitale”». Il quasi novantatreenne maestro ritiene una grande ipocrisia che in tutti gli edifici ci siano telecamere che ci riprendono permanentemente senza autorizzazione e poi sia vietato a un fotografo, riprendere le persone sulla strada senza cattive intenzioni. «Se vogliono mettermi in galera per aver fatto questo tipo di fotografia, facciano pure».

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