Il 10 novembre al Pal’Art Hotel di Acireale la tappa siciliana del tour “Dai palazzi ai palazzetti”. Ai vertici delle hit parade proprio quando in Italia cresce un clima di razzismo e paura. Sul palco racconta la sua storia, dalla madre fuggita dalla Tunisia a oggi. «Sono un ragazzo partito da zero che ha trasformato una passione in un sogno»

Durante un comizio il vicepremier Matteo Salvini punzecchiò anche lui (insieme a Nina Zilli e Gemitaiz). «”Ti ha attaccato Ghali”, mi hanno detto. E chi è?» si chiedeva il leader leghista. «Parlo con la mia storia e con la mia musica», replica il venticinquenne di origini tunisine.

GLI INIZI. La storia è quella di un figlio di immigrati, Ghali Amdouni il nome completo, cresciuto nel quartiere Baggio di Milano (e se si digita su Google “Baggio Milano” la prima parola suggerita che appare è “droga”). La leggenda personale di Ghali passa per la casa dei vicini, dove grazie alla loro connessione internet scopre l’hip hop, continua sui palchi che lo portano ad abbandonare la scuola a 17 anni e approda al doppio disco di platino appeso in bagno. «Sono uscito dalla melma, da una stalla a una stella, figlio di una bidella, con papà in una cella» canta in “Ninna nanna”. Dalla mamma scappata dalla Tunisia per garantirgli un futuro migliore alle difficoltà dell’infanzia nella periferia milanese, fino a oggi. «Quando ci siamo trasferiti a Baggio nel 2003 non avevamo scelta – scrive in un post su Fb -. In casa c’erano solo i muri, il soffitto e il pavimento, nient’altro. Dormivamo sui tappeti, mamma era appena guarita, cucinava con i fornelli da campeggio e per tenere il latte al fresco lo mettevamo fuori dalla finestra. L’appartamento era molto piccolo ma lei non esitava a ospitare altre persone con il nostro stesso problema. Io ascoltavo sempre le storie dei grandi, anche quando mi dicevano “Ghali vai di là e abbassa quelle antenne”, ma anche se andavo “di là” per ovvi motivi riuscivo a sentire tutto. In quei giorni, in questa casa piccola, da dove vi sto scrivendo ora, piena di vostri regali da non poter più camminare, decisi di fare tesoro di quelle storie e di raccontarle un giorno in qualche modo. Avevo il bisogno di raccontare e trasmettere senza essere avaro delle mie esperienze brutte o belle che fossero. È da questa casa che partì tutto, da questo quartiere che mi ha insegnato che non ci sono persone cattive nel mondo ma solo scelte sbagliate. Promettetevi di farcela, è il primo passo da fare».

«Non voglio elevarmi, ma quando mai è successo che un italiano, figlio di immigrati, con una famiglia che viene da quella che qualcuno chiama feccia, riuscisse ad arrivare qui?»

IL SOGNO. Dalle periferie degradate, malfamate, dimenticate, ai grandi templi della musica italiana, il sogno di ogni musicista. «Non voglio elevarmi, ma quando mai è successo che un italiano, figlio di immigrati, con una famiglia che viene da quella che qualcuno chiama feccia, dai quartieri dove c’è stata la scintilla della rivoluzione araba, un ragazzo cresciuto da solo con mamma e un padre che non c’è, riuscisse ad arrivare qui? Credo sia la prima volta nella storia di questo Paese», osserva. «Sì è un sogno che si realizza, la storia di un ragazzo che passa dai palazzi ai palazzetti» sorride. Una “favola urban fantasy”, l’idea alla base delle due ore di show: «Urban perché c’è la strada, anzi il boulevard che rende elegante il concetto di strada che diventa ricca. Fantasy invece come il mondo delle mie canzoni con cartoni, sogni, personaggi fantastici». Come la racconta nel video che apre ogni sera il suo show: un cortometraggio di quattro minuti in cui si vede uno sciamano prevedere il passato e il futuro di Ghali tra riprese girate in Tunisia e filmini di famiglia. Poi partono le note di “Lacrime”: «Questo pezzo è per te che arriverai da un giorno all’altro. L’avrò già messo nell’album, l’avrò già suonato su un palco. Tu dovrai solo ascoltarlo quando taglierai il traguardo» canta Ghali.

«La mia è la storia di un ragazzo partito da zero che ha avuto la fortuna di scoprire una passione sui banchi di scuola, grazie agli insegnanti, e di trasformarla in un sogno grazie all’amore»

LA SPERANZA. Per gli italiani di seconda generazione come lui, la storia del rapper di Baggio è un messaggio di speranza. «Ma voglio che lo sia per tutti – tiene a sottolineare – la mia è la storia di un ragazzo partito da zero che ha avuto la fortuna di scoprire una passione sui banchi di scuola, grazie agli insegnanti, e di trasformarla in un sogno grazie all’amore». Quello degli amici, delle tante persone che l’hanno accompagnato in questo viaggio, ma soprattutto della mamma, a cui è legatissimo, una presenza costante nelle sue canzoni. «Ha sempre fatto di tutto per me» dice ripetendo i versi di “Ricchi dentro”.

LE CANZONI. La musica è il trap che lui e Sfera Ebbasta hanno portato in Italia ai vertici delle classifiche di vendita: il primo, dreadlock e orgoglio della seconda generazione, il secondo, ciuffo rosso e orgoglio di periferia milanese, hanno sbriciolato i record dello streaming con “Peace & Love”: nelle prime 24 ore la canzone ha superato la soglia psicologica a sei zeri. La “Ninna nanna” di Ghali è diventata il pezzo italiano più ascoltato su Spotify in una sola giornata, frantumando il precedente record della nota piattaforma mondiale di streaming digitale. Un trap che Ghali ha saputo condurre verso territori inesplorati, liberandola dalle costrizioni “gangsta” e ibridandola con il pop. Perché lui non ha bisogno di essere cattivo per piacere. Canta in italiano con accento milanese, in francese con accento magrebino e in tunisino con accento italiano. Lo scrittore Roberto Saviano ha detto di lui: «Ghali è uno dei maggiori poeti di lingua italiana, un poeta rap». E se non bastassero i dischi d’oro e di platino e le centinaia di milioni di streaming su YouTube e Spotify, a testimoniare l’ascesa di Ghali è l’entusiasmo con cui viene accolto nei palasport (il 10 novembre sarà al Pal’Art Hotel di Acireale). Sulla cresta dell’onda proprio quando in Italia cresce un clima di razzismo e paura, e chi soccorre i migranti finisce addirittura sotto accusa.

«Jovanotti per me è un idolo, Stromae è un altro artista che in un certo qual modo ha influenzato la mia visione artistica. Mi ha aiutato a capire che bisogna lavorare su sé stessi guardandosi allo specchio e raccontare la propria storia per essere veramente autentici»

IL CONCERTO. Lo show è un melting pot di linguaggi differenti: musica, cinema, teatro e moda. Una ricetta insolita per un concerto rap. Ghali sembra il nuovo Jovanotti. Rivisitato, rivisto, ammodernato. Upgrade 2.0, che piace alla mamma, al papà, al figlio, alla figlia. Un Jovanotti di seconda generazione con il santino di Michael Jackson, i cartoon Disney e la periferia nell’animo. «Sono cresciuto con la musica proveniente dagli Stati Uniti. I miei genitori ascoltavano Michael Jackson e da bambino amavo rapper come 50 Cent ed Eminem. Poi crescendo sono diventato sempre più curioso e ora mi piace ascoltare realtà poco conosciute. Jovanotti per me è un idolo, Stromae è un altro artista che in un certo qual modo ha influenzato la mia visione artistica. Mi ha aiutato a capire che bisogna lavorare su sé stessi guardandosi allo specchio e raccontare la propria storia per essere veramente autentici».

«Tanti mi chiedono cosa rappresenta il mio amico immaginario,  Non ho fratelli, non avevo nessuno, rimanevo in stanza da solo, parlavo con lui, giocavo con lui e mi dicevo che quando sarei diventato famoso io sarebbe diventato famoso anche lui»

JIMMY. L’amico immaginario Jimmy è co-protagonista del live. Ghali parla con Jimmy, viene bullizzato da Jimmy, viene rapito, inciampa, diventa un terribile cartone animato dalla pelle rosata, riparla cento volte con Jimmy. «Tanti mi chiedono cosa rappresenta questo, si chiama Jimmy, quando ero piccolo parlavo con lui» spiega: «Non ho fratelli, non avevo nessuno all’epoca, rimanevo in stanza da solo, parlavo con lui, giocavo con lui e mi dicevo che quando sarei diventato famoso io sarebbe diventato famoso anche lui. L’ho chiamato Jimmy, abbiamo fatto una marca di vestiti con i miei amici». «Non mi scordo gli insulti perché non siamo italiani – recita Jimmy, prima di “Freestyle Salvini” – La nostra musica ha cambiato la nostra vita e ora il mondo lo cambiamo insieme. Qui dentro siamo tutti uguali, fuori da qui si alzano i muri e si cacciano i deboli».

«Penso alla sensazione che prova un bimbo straniero a scuola oggi… È diversa. Adesso c’è Ghali»

NUOVI ITALIANI. Ghali si sente talmente italiano da cantare: «Ma che politica è questa, che differenza c’è tra sinistra e destra… io mi sento fortunato alla fine del giorno… oeoh, quando mi dicono a casa, oeoh rispondo sono già qua , io tvb cara Italia, sei la mia dolce metà» dice in “Cara Italia”, hit da 36 milioni di ascolti su Spotify che chiude lo show raccontando di un Paese in cui l’idea dello straniero «alieno senza passaporto e in cerca di dinero» è ferma al medioevo. «Quando ero piccolo, in classe i colorati eravamo solo io, un filippino, un sudamericano e un cinese. Non ho subìto, ma vedevo che c’era l’occhio diverso magari della ragazzina che preferiva giocare con gli italiani. Quando vedevo un’ingiustizia nulla mi consolava. Penso alla sensazione che prova un bimbo straniero a scuola oggi… È diversa. Adesso c’è Ghali. E anche se i molti bambini che mi seguono magari certe cose non le colgono spero di avergli messo un seme in testa».

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