Il neuroscienziato a cui dobbiamo una delle maggiori scoperte scientifiche degli ultimi decenni a Catania per spiegare cosa si nasconda dietro una delle più straordinarie capacità umane

«Copiare, a dispetto di ciò che si pensa comunemente, richiede grande intelligenza», l’affermazione di Giacomo Rizzolatti, il padre dei neuroni specchio, suona come una provocazione ma in realtà non lo è. Il neuroscienziato di fama mondiale, ospite all’Università di Catania per una lectio magistralis sul tema “Le basi neurali della creatività”, ha illustrato la perdurante fertilità della sua scoperta mostrandone il ruolo determinante nell’innescare questa misteriosa capacità. Ad essere creativi non sono soltanto individui straordinari come grandi artisti e scienziati ma un po’ tutti noi. Secondo il professore, infatti, l’insorgere di questa capacità nei nostri antenati potrebbe è legata a doppio filo con quella di apprendere tramite l’osservazione e potrebbe spiegare l’origine della cultura umana.

«Senza la capacità di imitare, le innovazioni di un grande artigiano   ̶   illustra Rizzolatti   ̶   morirebbero con lui». In tal senso, la cultura umana è un rincorrersi ininterrotto di problemi e soluzioni. Concorde con le intuizioni del neuroscienziato indiano V.S. Ramachandran, il professore ipotizza l’insorgere agli albori dell’umanità, tra 90 000 e 30 000 anni fa, di una mutazione che abbia dotato i nostri antenati di un alto numero di neuroni specchio ad alta congruenza, differenziandoci dagli altri primati. Cioè in noi è presente un meccanismo specchio che si attiva tanto nel vedere qualcun altro compiere un’azione specifica quanto compiendola noi stessi, consentendoci dunque di replicarla. Un’ipotesi che spiegherebbe la comparsa, concentrata in questo lasso di tempo, di utensili molto più raffinati di quelli prodotti precedentemente.

Ma questo passaggio di conoscenze cosa c’entra con la creatività? «Ci dobbiamo rendere conto   ̶   spiega lo scienziato   ̶   che la creatività non è del tutto spontanea». Preparazione, incubazione, illuminazione e verifica, secondo l’insegnamento di Wallas, sono infatti i passi necessari a produrre quelle soluzioni visionarie e inaspettate che chiamiamo “creative”. Come? «Ci si dimentica che anche ad un genio come Mozart fu possibile comporre a sette anni anche grazie alle conoscenze musicali trasmesse dal padre». Proprio nella fase preparatoria della creazione originale, secondo Rizzolatti, emerge il ruolo dei meccanismi specchio. Questi ci permettono non solo di imitare modelli che vengono “scolpiti” nel nostro cervello ma anche di comprendere le azioni, per così dire, “da dentro”. «È stato provato sperimentalmente   ̶   prosegue Rizzolatti   ̶   che cestisti esperti riescono a predire se un tiro finirà nel canestro osservando semplicemente il movimento compiuto nel lanciare la palla».

Certamente la creatività non è tutta qui. Si tratta poi di riuscire a distaccarsi dai modelli consolidati e trovare soluzioni originali. Come ciò possa avvenire non è ancora del tutto chiaro. «Può darsi che qualcosa di straordinario avvenga nel sonno, o nei momenti di distrazione» suggerisce Rizzolatti.  Quel che certo è che la regione della corteccia prefrontale rivesta un ruolo centrale. Gli esperimenti fatti su soggetti con lesioni in questa regione dimostrano infatti una resistenza a tentare approcci inusuali ai problemi. Viceversa,  spiega lo studioso, le stesse aree cerebrali deputate all’immagazzinamento dell’informazione appresa si attivano anche quando partoriamo una soluzione originale. L’ipotesi dello studioso è che proprio durante le fasi in cui il cervello è attivo ma non cosciente, come il sonno o i momenti in cui ci si prende una pausa, possano portare la corteccia verso quelle soluzioni che ci fanno esclamare “Eureka!”.

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