La nostra Luna è stata da sempre oggetto di attenzione, non solo da parte della scienza, ma anche, e forse soprattutto, da parte della poesia, dell’arte, della musica. Infinite le attenzioni poetiche che gli uomini di ogni tempo le hanno dedicato, chiedendosi ad esempio, con Leopardi, nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, “Che fai tu, luna, in ciel?”, o dedicandole espressamente delle poesie, dallo stesso Leopardi (Alla luna), a Victor Hugo (Chiaro di luna) e ad Alda Merini (Canto alla luna), solo per citare alcune delle decine esistenti. E che dire della musica, dalle classiche sonate Al Chiaro di luna di Beethoven e di Debussy, alla musica moderna, da Frank Sinatra (Fly me to the moon) a Mina (Tintarella di luna), da Fred Buscaglione (Guarda che luna) a Lucio Dalla (L’ultima luna)? Sembra che nessun compositore o cantante abbia potuto ignorare la luna, da Vasco Rossi a Peppino di Capri, da Jovanotti a Caparezza, da Edoardo Bennato ad Antonello Venditti. Insomma, senza la Luna sembra non si possa fare poesia, e neppure musica, per non parlare poi di forme d’arte come quella pittorica e cinematografica.

UNA PRESENZA NON SCONTATA. Ma non vogliamo fare qui un excursus storico delle diverse forme espressive a cui la Luna ha dato ispirazione, bensì ricordare come questa possibilità sia legata intimamente a una peculiarità del pianeta Terra, una caratteristica non banale e non scontata, che riguarda l’esistenza stessa della Luna così come la conosciamo. Che la Terra abbia la Luna a girarle intorno e che la Luna abbia queste dimensioni e questo periodo di rivoluzione intorno alla Terra, infatti, non è un dato ovvio, qualcosa che ci è dovuto per il solo fatto che la Terra è uno dei pianeti del Sistema Solare. I pianeti più interni come Mercurio e Venere, per esempio, non sono dotati di satelliti naturali, non avendo quindi delle lune che gli ruotino intorno. E i pianeti più esterni?

Nella classifica per dimensioni dei satelliti naturali, la nostra Luna sta al quinto posto, dopo Ganimede, Titano, Callisto e Io

LE LUNE DEL SISTEMA SOLARE. Marte ha due Lune, Phobos e Deimos, due oggetti irregolari di piccole dimensioni (appena 10 o 20 km) scoperti solo nel 1877: quasi due sassi di grandi proporzioni, si potrebbe dire guardandone le immagini moderne. Spingendoci un po’ oltre, verso i giganti del Sistema Solare, il numero delle Lune aumenta invece vertiginosamente. Giove e Saturno si contendono il primato della quantità di corpi in rotazione intorno a essi, e il primo ha recentemente fatto un balzo in avanti in classifica grazie alla scoperta di ulteriori satelliti, che hanno portato il numero totale delle sue Lune a 92, contro le 83 di Saturno. Contiamo poi 27 Lune per Urano, 14 per Nettuno e 5 per Plutone, che dal 2006 è stato declassificato a pianeta nano. Insomma, un numero impressionante, ben 224 nell’intero Sistema Solare. A cui si aggiungono oltre 400 oggetti di dimensioni più piccole, dagli asteroidi agli oggetti lontani, oltre l’orbita di Nettuno, per un totale di quasi 700 oggetti già classificati e di chissà quanti altri che aspettano ancora di essere scoperti. Alcune di queste Lune – come Ganimede, uno dei quattro satelliti medicei di Giove scoperti da Galileo Galilei, oppure Titano, il più grande satellite del sistema di Saturno – hanno delle dimensioni addirittura maggiori del pianeta Mercurio, mentre altre hanno dimensioni minori ma pur sempre ragguardevoli. Nella classifica per dimensioni dei satelliti naturali, la nostra Luna sta al quinto posto, dopo Ganimede, Titano, Callisto e Io, nella stessa posizione che occupa la Terra nell’analoga classifica di grandezza dei pianeti, dopo Giove, Saturno, Urano e Nettuno.

LE ORIGINI DELLA NOSTRA LUNA. Naturalmente ci sono delle ragioni scientifiche per le quali la struttura e il numero dei satelliti naturali dei pianeti del Sistema Solare risultano così diversi, ragioni che hanno a che fare – fra le altre cose – con il meccanismo stesso della loro formazione. Nel caso della nostra Luna, per esempio, le prime teorie suggerivano che fosse stata originata dalla Terra per effetto di un distacco dovuto alla forza centrifuga, a sua volta legata alla rotazione della Terra. Altre teorie suggerivano invece una formazione per cattura di un corpo celeste formatosi in altre zone del Sistema Solare, e catturato poi dall’attrazione gravitazionale terrestre. Al giorno d’oggi la teoria più accreditata sembra essere quella dell’impatto gigante tra la Terra e un corpo delle dimensioni di Marte, avvenuto poco dopo la formazione stessa del nostro pianeta, ben 4,5 miliardi di anni fa. Un pianeta ipotetico (che ha tuttavia anche un nome: Theia) sarebbe dunque all’origine di molti degli aspetti che conosciamo sia della Terra sia della Luna, dal momento che questo evento catastrofico ha riscritto la storia del nostro satellite poco dopo la sua nascita. Secondo la teoria in questione, infatti, per un certo intervallo di tempo la Terra potrebbe aver avuto più Lune di dimensioni minori rispetto a quella attuale, corpi che nel corso del tempo sarebbero sfuggiti all’attrazione gravitazionale terrestre o avrebbero subìto degli impatti ulteriori con il nostro pianeta o con la sua Luna principale. Ciò che osserviamo allo stato attuale, dunque, è il risultato di una storia che sarebbe anche potuta andare diversamente.

Ph. Afrah (Unsplash)

Rientriamo da questa passeggiata nello spazio e immaginiamo di vedere sorgere la nostra Luna come ogni notte, magari sul mare, quando ci appare di colore rosso. Ricordando le parole di Fred Buscaglione, potremmo ora esclamare «Guarda che Luna!», pieni di meraviglia per lo spettacolo che ci viene offerto e arricchiti da una maggiore consapevolezza sulla sua esistenza. In fondo, se fossimo degli abitanti del pianeta Venere, alla stessa esclamazione qualcuno ci risponderebbe garbatamente, come sono soliti i venusiani, «In verità, non ne vedo alcuna», mentre se ci trovassimo su Giove potrebbero ribattere confusi, e forse anche un po’ contrariati, come si addice al loro carattere: «Amico, quale delle tante?».

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