L’appello arriva direttamente dall’Archeoclub Area Jonica. E precisamente dal suo presidente, avvocato Filippo Brianni, e dal suo vice, architetto Ketty Tamà. Un appello che ha tutto il sapore di un invito imminente, immediato, alla Soprintendenza di Messina affinché la chiesa di San Sebastiano a Forza d’Agrò possa essere recuperata al più presto. E proprio nei prossimi giorni, a distanza di qualche settimana dalla visita del sito, i vertici di Archeoclub invieranno agli organi competenti una richiesta di intervento per la chiesa, ubicata in contrada Maglie.

L’edificio si trova proprio a ridosso del castello, in pessime condizioni, abbandonato, privo del tetto ed in una situazione di precarietà preoccupante. Peraltro, non è stato ancora possibile individuare nemmeno l’effettivo proprietario. In sintesi l’idea dell’associazione, che si occupa della salvaguardia dei Beni culturali lungo la Riviera Jonica messinese e non solo, sarà quella di chiedere che venga salvaguardata la parte di struttura ancora in piedi e si programmi un’adeguata messa in sicurezza. Si tratta di una chiesa della quale dovranno essere bene studiate anche le radici storiche, poco conosciute. Da quanto emerso dagli ultimi studi, la struttura sembrerebbe risalire al XVI secolo e contiene un affresco nel catino absidale raffigurante Dio Padre. 

Nel frattempo l’edificio farà parte della campagna di sensibilizzazione “Absidi dimenticate”, ideata di concerto con la Fondazione Architetti nel Mediterraneo di Messina, finalizzata alla riscoperta e alla valorizzazione di queste permanenze architettoniche minori, spesso pericolanti, dimenticate e cadute nell’oblìo, che si innestano come piccoli scrigni di bellezza nel paesaggio agrario del Valdemone.  «È incredibile – racconta proprio la vice Ketty Tamà – che l’affresco stia miracolosamente al suo posto malgrado i muri siano di fatto sbriciolati. Dobbiamo salvare a tutti i costi questa chiesa!». Un bene che, come già detto, risulta lasciato andare e dimenticato da troppo tempo, in un luogo, come Forza d’Agrò, dove i flussi turistici stanno lentamente transitando da più di un trentennio grazie alle bellezze architettoniche presenti all’interno del suo territorio. Beni come il Castello, all’interno del quale è presente il cimitero storico, e che tuttora resta nell’abbandono più totale. Proprio come la chiesa di San Sebastiano che, secondo Brianni, una volta recuperata e ristrutturata, potrebbe essere inserita in un percorso di luoghi da visitare e da riscoprire. «Si tratta di un edificio che merita, a nostro avviso, di essere salvato – ha dichiarato Brianni -. Il nostro impegno presuppone l’inizio di un iter necessario per salvaguardare la chiesa come altri monumenti della zona jonica messinese. Tra questi, come sempre nell’ottica di salvare e promuovere tesori di inestimabile valore, Archeoclub Area Ionica ha scelto, in occasione di Chiese Aperte, di sostenere l’importante iniziativa promossa dalla sede ‘Area integrata dello Stretto’, guidata da Rosanna Trovato, che ha consentito la riapertura al pubblico, qualche domenica fa, dell’importante abbazia normanna di Santa Maria di Mili. Abbiamo ritenuto importantissimo sostenere questa iniziativa – ha ancora detto Brianni – anche perché stiamo dedicando il 2022 alle tematiche basiliane».

Del resto, la storia e l’architettura di Mili non possono essere lette in maniera autonoma rispetto ai monumenti basiliani di Itala, Mandanici e soprattutto San Pietro di Casalvecchio Siculo, perché fa tutto parte di un processo costruttivo, di evoluzione tipologica e culturale dell’architettura bizantino-arabo-normanna del Valdemone, che tocca il suo apice proprio nell’area jonica, prima di divenire ispirazione per le grandi cattedrali normanne del palermitano, di recente oggetto dei riconoscimenti Unesco.

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