Il pianista cinese, in occasione dell’uscita del suo ultimo cd, ha tenuto all’interno del suggestivo Coro di Notte del Monastero dei Benedettini di Catania una lezione concerto accompagnato dal quartetto d’archi Bellini, affascinando il pubblico presente con la sua interpretazione di grandi classici della storia della musica

Si è appassionato al pianoforte quando aveva all’incirca otto anni, Haiou Zhang, e già sognava di diventare un virtuoso dello strumento. Qualche anno più tardi è uno dei quattro allievi, su 150, selezionati per entrare al Conservatorio di Musica di Pechino, dove nel 2002 si laurea con il massimo dei voti prima di intraprendere il percorso da solista al Teatro di Hannover con Bernd Goetzke, uno degli ultimi allievi di Arturo Benedetti Michelangeli. Richiestissimo in Canada, Stati Uniti, Germania e nella Repubblica popolare cinese, il musicista ha pubblicato in questi giorni il suo quarto cd dal titolo “Haiou Zhang suona Mozart II”, in cui esegue il concerto n.12 e n.13 per pianoforte e quartetto d’archi del genio austriaco. Proprio in occasione della sua visita a Catania, dove tornerà la prossima estate per il “Trecastagni International Music Festival”, ha tenuto una lezione concerto all’interno del suggestivo Coro di Notte, al Monastero dei Benedettini.

PROGRAMMA. L’esecuzione musicale si apre con una versione per archi del concerto K. 414 pensato inizialmente da Wolfgang Amadeus Mozart per pianoforte e orchestra: «Il quintetto in verità è una formazione già prevista dallo stesso compositore –spiega Zhang– anche se in questo caso, rispetto alla registrazione, il contrabbasso non sarà presente. L’opera, infatti, a differenza di altri concerti è caratterizzata dalla sobrietà ed ebbe molto successo sia a Vienna, dove fu eseguita per la prima volta nel 1783, sia a Monaco». Composto da tre movimenti: un Allegro in la maggiore, un Andante in re maggiore e un Allegretto in la maggiore; l’elemento portante della composizione è il secondo movimento dedicato a Johann Christian Bach, undicesimo figlio di Johann Sebastian e Anna Magdalena, che Mozart, bambino, conobbe nel 1762 a Londra e che ben presto divenne una figura di riferimento per l’enfant prodige, tanto che quest’ultimo decise di omaggiarlo con sonate appositamente trasformate in concerti per cembalo e orchestra.

CONCERTO N.12. Zhang è compenetrato mentre in maniera carezzevole fa scivolare le dita sui tasti, esaltando il carattere struggente e malinconico dell’Andante dopo il brioso dialogo fra pianoforte e strumenti ad arco dell’Allegro. Con grande partecipazione il pianista ascolta i suoi colleghi prima di attaccare le battute: il trasporto per la musica è tale da fargli dimenticare lo spartito che diventa a questo punto un elemento accessorio. Fra il 1781 e 1791 Mozart compose a Vienna ben 17 concerti per pianoforte, segnando uno dei momenti più significativi della sua produzione, sebbene nei primi si concentrò più sullo strumento solista, con uno stile misuratamente virtuosistico, rispetto all’orchestra. In una delle tante lettere indirizzate al padre scriveva: «I concerti sono una via di mezzo tra il troppo difficile e il troppo facile; sono molto brillanti e piacevoli all’udito, naturalmente senza cadere nella vuotaggine. Qua e là anche i conoscitori possono ricevere una soddisfazione, ma in modo che i non conoscitori devono essere soddisfatti, senza sapere perché». Ed è quanto ha confessato lo stesso Zhang: «A lungo ho vissuto una sorta di conflitto con Mozart – prosegue – perché nella sua scrittura, a differenza di Liszt, ci sono poche note per esprimere tanti sentimenti. Inizialmente quindi il mio approccio con la partitura è stato travagliato, ero letteralmente spaventato all’idea di approcciarmi a quest’autore che apparentemente sembra facile ma che in verità è molto complesso». La freschezza della musica mozartiana e la presenza di molteplici piani di significato, come spiega lo stesso compositore, ha permesso alla variegata platea di coglierne appieno la bellezza, grazie anche alla puntuale interpretazione dei musicisti: il primo violino Nicolò Musumeci, il violinista Simone Molino, il violoncellista Francesco Angelico e il violista Mattia Sapia.

SONATA IN SI MINORE. Usando un approccio rigorosamente filologico, Haiou Zhang, come molti della sua generazione, ha avuto la fortuna di poter accedere alle partiture originali. Per molto tempo, infatti, i musicisti hanno apportato annotazioni e cambiamenti sugli spartiti creando delle edizioni critiche falsate e di conseguenza costringendo molti studiosi a lavorare su spartiti snaturati. «Grazie al recente investimento fatto dall’editoria musicale – sottolinea – possiamo consultare gli spartiti autografi, anche se sono dell’avviso che bisogna sempre avere un approccio attento e distaccato». È quello che fa con la Sonata in si minore di Franz Liszt, fra gli autori a cui si sente più vicino. Dedicata a Robert Schumann, Liszt in quest’opera si avvale della forma tradizionale per analizzare la dualità tra Faust e Mefistofele già affrontata nella Faust Symphonie. Conclusa il 2 febbraio del 1853 a Weimer, la Sonata ci fa conoscere un Liszt diverso, non solo autore di musica a programma ma anche sperimentatore di nuove dimensioni armoniche e formali. Fra i temi presenti all’interno della composizione abbiamo: l’irrequietezza esistenziale, lo slancio religioso, la tentazione di Faust a opera del suo doppio e l’idea melodica seppur marginale di Margherita. Alla potenza introduttiva fa seguito un suono debole, espressione del dissidio interiore del personaggio, che man mano diventa sempre più impalpabile facendo apprezzare la magistrale interpretazione del maestro e la sua smisurata sensibilità. Faust alla fine verrà sconfitto: a raccontarcelo è proprio la nota più grave della tastiera che dopo una frenesia di note ne segnerà la chiusura. Un evento eccezionale a cui speriamo presto ne seguiranno altri e un modo per avvicinare con consapevolezza il pubblico a compositori simbolo della musica classica, con il coinvolgimento di straordinari artisti osannati per la loro maestria.

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