Un’idea nata e cresciuta in Calabria, poi esportata in altre parti d’Italia: la prima tappa sarà la Toscana, anzi più precisamente Buonconvento, alle porte di Siena. Tra le colline delle Crete senesi sta prendendo forma la seconda sede di “Mulinum”, realtà che tra grani antichi e cibo di una volta dimostra come al Sud accadono tante cose buone, capaci di rompere quegli stereotipi che pesano come zavorre.

DAL CAMPO ALLA TAVOLA. Non è casuale la scelta di definirla “buona” perché la startup di Stefano Caccavari, 34enne, ha origine nei campi di grano, da dove prende vita una filiera completa e controllata su cui fonda le sue radici “Mulinum”, appunto, azienda agricola dove si coltivano grani antichi italiani, si producono farine macinate rigorosamente a pietra e prodotti da forno a lievitazione naturale, cucinati secondo ricette tradizionali, che vengono poi venduti sul posto, online o attraverso rivenditori. Il primo Mulinum nasce a San Floro, un paesino di campagna di 700 abitanti in provincia di Catanzaro. Una di quelle realtà da dove solitamente si fugge in cerca di lavoro e fortuna o, se si rimane, si fa difficoltà a reinventarsi. E invece è proprio quello che ha fatto Stefano, all’epoca 26enne, la cui storia inizia come molte altre storie meridionali.

DIFENDERE IL TERRITORIO. Stefano eredita la sua passione per l’agricoltura e per la terra dai suoi nonni contadini. Le sue scelte e i suoi studi universitari lo portano altrove. Si occupa di informatica ed economia quando nel 2014 San Floro viene travolta dal rischio di vedere le proprie colline trasformarsi in un’enorme discarica, la più grande d’Italia. A dimostrazione che piccola non è sinonimo di dormiente, la comunità si organizza in comitati contrari e avvia una serie di proteste. È proprio in questa fase concitata della vita di San Floro che in Stefano si accende una luce e l’input è una domanda di un amico che in realtà sa di tirata d’orecchio. «Ma tu, oltre a lamentarti, cosa fai per difendere il territorio?». «In quel momento mi si è aperto un mondo – racconta Stefano – ho iniziato a pensare cosa potessi fare per il mio paese che non è certo la Silicon Valley. Non c’è industria, non c’è artigianato, ma ha una forte vocazione agricola inespressa, frenata dalla mancanza di organizzazione. Mi sono chiesto quale potesse essere il modo per avvicinare le persone alla campagna nella loro ricerca di cibo genuino».

DA ORTO DI FAMIGLIA A MULINUM. E la risposta è stata la creazione di “Orto di famiglia”, un progetto precedente a “Mulinum”, ma collegato. «Ho diviso un pezzo di terra in vari piccoli blocchi che ho iniziato a coltivare con mio zio Franco e ho insegnato alle persone a raccogliere le verdure. Da dieci partecipanti, in un anno siamo arrivati ad essere centocinquanta. Senza rendermene conto da un esperimento ho creato un’azienda, perché tra di loro ho trovato i primi sostenitori di Mulinum». Loro, infatti, sono i primi ad assaggiare il pane che Stefano inizia a fare per hobby, insieme ai genitori, macinando un paio di quintali per volta a Belvedere Spinello. Poi succede che si sparge la voce, le richieste aumentano e in un batter d’occhio si crea una lista d’attesa. Il mulino dove Stefano si appoggia viene messo in vendita, ma non ha abbastanza soldi per comprare i macchinari e così nel 2016 lancia un crowdfunding e in 3 mesi raccoglie mezzo milione di euro con cui costruisce il casolare a San Floro. «La più grande raccolta online per un progetto agricolo. Il risultato infatti attira l’attenzione dei media ed è proprio grazie a questo passaparola che ora Mulinum sta per nascere anche in altri posti d’Italia».

L’AVVENTURA SENESE. A breve “Mulinum” farà il suo esordio in provincia di Siena, a Buonconvento, dove Stefano è arrivato grazie ad alcuni imprenditori del luogo, proprietari terrieri, che sentendo la sua storia alla radio si sono interessati al suo progetto, ne sono rimasti affascinati e hanno voluto investirci. «Si chiama Massimiliano Leonardi, è lui che un giorno per pura curiosità è venuto a San Floro per osservare da vicino il progetto – racconta Stefano mentre camminiamo all’interno del casolare in costruzione, in quella che diventerà la futura sala macine – ed è lui che poi lo racconterà all’amico Guido, proprietario terriero, che si illumina all’idea. Nasce così la società e iniziamo quasi subito l’iter per chiedere al Comune il permesso a costruire un casolare, con funzione agricola e agrituristica, tra queste colline dove non si costruisce da 300 anni. Ci abbiamo messo oltre 3 anni per avere tutte le carte: era il 2017, il permesso ci viene dato a febbraio 2020». Proprio quando la lunga attesa sembrava ormai finita, arriva una pandemia a rimescolare le carte e dieci giorni dopo scatta il lockdown. «Il progetto subisce uno stop forzato e fisiologico per tutto l’inverno. Poi a giugno iniziamo a muovere i primi passi e a settembre avviamo la costruzione con la sfida di aprire prima dell’estate 2021». Nel giro di tre mesi, quindi, il casolare prende forma e oggi si eleva orgoglioso tra i campi prossimi alla fioritura. È una domenica primaverile quando vado a trovare Stefano a Buonconvento e la struttura si apre ai miei occhi subito dopo Murlo, immersa nella quiete della campagna. Fra un mese, se tutto va come deve andare, Mulinum Buonconvento sfornerà le prime prelibatezze.

LA FORZA DELLE RADICI. Ma non finisce qui, perché dopo la Toscana sarà la volta anche della Puglia e della Sicilia, ma il primo mulino non si scorda mai. «Ovunque Mulinum andrà, porterà sempre dentro di sé San Floro. Su una parete dei vari casolari verranno raccontate le origini della mia idea e la storia del mio paese, e la sede rimarrà sempre lì dove sono nato, questa è una promessa». E mentre lo dice gli occhi gli brillano come le spighe di grano sotto il sole di giugno, perchè in questo progetto c’è tanto del suo amore per la sua Calabria, terra bella e dannata. «Ancora oggi molti abitanti di San Floro non capiscono il progetto – dice sorridendo – ma posso dire con orgoglio che gran parte dei finanziatori del primo mulino sono calabresi che hanno creduto nella mia persona e non sui numeri, vincendo lo scetticismo e ribaltando tanti luoghi comuni». Come quello secondo cui i giovani vanno via dimenticandosi da dove sono partiti. «Andare via per studiare o lavorare è accrescimento, è esperienza. Però la cosa più bella sarebbe tornare e portare con sé questa ricchezza, fare quello che gli americani chiamano “giving back”, dare indietro qualcosa. Ecco cos’è Mulinum per me: il mio modo di restituire alla mia terra quanto mi ha dato, di dirle grazie». 

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