In L’ultimo Rais di Favignana. Aiace alla spiaggia, in uscita il 5 luglio per Bonfirraro Editore, l’ex assicuratore e film-maker fa un excursus storico ed esperienziale affascinante, che consente di capire attraverso il punto di vista del suo protagonista, Gioacchino Cataldo, il funzionamento della cosiddetta raisìa nelle isole Egadi

[dropcap]A[/dropcap]Favignana insieme a Massimiliano Scudeletti si arriva in punta di piedi. Senza macchina fotografica, evitando i bar e i ristoranti turistici. Si percorrono a piedi le sue strade, alla ricerca dello stabilimento Florio, l’ex mattatoio di cui ormai non rimane che uno scheletro muto, l’ombra di un passato da “Mille e una notte”. Lo sguardo che trasporta il lettore indietro nel tempo è dunque ora quello di Gioacchino Cataldo, protagonista della vicenda fin dal titolo, ora quello dell’autore stesso, che per Bonfirraro Editore pubblicherà il 5 luglio una forma singolare di memoire, a metà fra il romanzo e la cronaca storica, fra la rivisitazione del reale e la concretezza del simbolo.

L’opera si apre non a caso con un tributo alla memoria che consente di immergersi rapidamente nelle acque del Mediterraneo, per poi riemergere osservando un’epoca ormai consunta rispetto alla nostra, trasfigurata. «Mi dispiace di non ricordarmi la prima volta che ho visto il mare – racconta infatti Gioacchino –, lassù al Nord tutti lo sanno e te ne parlano come di un giorno importante, ma qui è come raccontare di avere visto il sole o l’aria. Neppure la prima volta in barca mi ricordo, mio padre diceva che era una piccoletta bastarda colorata di rosso e azzurro, ma io non credo. Il primo pesce, quello sì che me lo ricordo bene, lo tirai su tutto affannato e lo presi in mano per guardarlo da vicino. Lo stringevo perché non volevo che scappasse e così lo uccisi».

Da questa immagine vivida e contraddittoria si sviluppa un excursus storico ed esperienziale affascinante. Una prosa che alterna la prima persona del racconto di Cataldo alla terza del commento dell’autore consente di capire come abbia funzionato la cosiddetta raisìa nelle Egadi per parecchi secoli. Si tratta di un’arte, come viene spesso ribadito nel testo, e allo stesso tempo di una responsabilità tanto grande da essere tramandata solo di padre in figlio: un Rais capisce quando si stanno avvicinando delle frotte di tonni, parla con i propri uomini per mezzo di un vice e dirige l’organizzazione tecnica della mattanza da cui dipende la prosperità o il fallimento economico di un’intera comunità. È quasi una divinità, a tratti un imperatore: un capo vecchio, nemmeno antico, e che conosce i pesci come conosce la paura della morte.

La copertina del libro

L’autore dipinge il proprio personaggio come una personalità inizialmente fragile e giovane, quando ancora il suo rapporto con l’isola è intervallato da diverse assenze e da una vita non del tutto votata alla pesca. Fin da allora, però, Cataldo dimostra uno spirito di osservazione non indifferente, una saggezza che deriva dalla capacità di imitare le azioni giuste e i ragionamenti più vantaggiosi, una dedizione paziente che in età avanzata gli consentirà di essere nominato per la prima volta Rais non per discendenza, bensì per la scelta deliberata del suo predecessore. A questa rivoluzione, per la Favignana a cavallo fra il XX e il XXI secolo se ne aggiunge un’altra: la perdita dell’autonomia a vantaggio del mercato, personificato dalle dure esigenze commerciali della clientela nipponica, che niente di buono fa presagire per un reame diventato nel frattempo la preda di una capricciosa anarchia.

Lo stile visionario e accorto di Scudeletti riesce nel compito di restituire dignità a una dimensione geografico-metaforica ormai estinta. Ma anche al tonno, oramai semplice merce svincolata dalla sua origine storica, che il mercato vuole semplicemente “che si tagli con un grissino” e niente di più. Solo attraverso i capitoli del suo andirivieni letterario si riesce a restare a galla dopo un naufragio culturale e sociale così imponente, solo la sua riscrittura ci porta nella testa di un sovrano sui generis e seducente come Gioacchino Cataldo, che non nasconde in questa sede le sue debolezze e che proprio per tale ragione acquisisce una tridimensionalità straordinaria, capace di conquistare perfino chi la tonnara dell’isola non l’ha mai conosciuta.

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