«Sono nato nero e sono nato a Miano, suono il sax tenore e soprano, lo suono a metà strada tra Napoli e il Bronx, studio John Coltrane dalla mattina alla sera, sono innamorato di Miles Davis, dei Weather Report e in più ho sempre creato istintivamente, cercando di trovare un mio personale linguaggio, non copiando mai da nessuno… Il mio sax porta le cicatrici della gioia e del dolore della vita».

Così James Senese si racconta nel libro Je sto ccà… di Carmine Aymone. Era il 1945, fine della Seconda guerra mondiale, le truppe tedesche e fasciste si arrendono, nasceva Gaetano, figlio di un soldato afroamericano di presunto nome James Smith e di una mamma napoletana, Anna Senese. «Sin da piccolo ho sempre cercato di contrastare quello che ritenevo ingiusto, primo fra tutti il pregiudizio – racconta il “nero a metà” – Sicuramente il colore della mia pelle ha contribuito a sviluppare questo sentimento. Immaginatevi come poteva sentirsi nel 1960 un ragazzo di 15 anni napoletano guardandosi allo specchio, vedendosi diverso dai miei coetanei, e da quello che la società del dopoguerra imponeva. Insomma, ho avuto la mia parte di complessi da superare, cercando di sentirmi uguale agli altri che spesso non mancavano di far notare la mia “diversità”.  Poi un giorno ho scoperto lo strumento che ha cambiato per sempre la mia vita, il sassofono».

«A Miano, dove sono nato, succedeva e succede ancora di tutto. Suonando decisi che avrei voluto parlare degli ultimi, di quelli che non ce la fanno »

Gaetano diventa James, come il papà, ma mantiene il cognome della madre, e in quello strumento condensa tutte le sue angosce, le sue paure, soffiandole via, letteralmente. «Ho capito che potevo liberarmi di tutti i problemi, che potevo scacciare i timori che attanagliavano la mia anima. Sono di famiglia modesta, per non dire povera. A Miano, a pochi chilometri da Napoli, dove sono nato succedeva e succede ancora di tutto. Non mi piaceva quello che vedevo dalla finestra: malavita, delinquenza, omertà e tanta sofferenza», ricorda Senese. «Suonando decisi che avrei voluto parlare degli ultimi, di quelli che non ce la fanno, di quella parte di popolo che vive a testa bassa per portare a casa la pagnotta; ma avrei anche voluto parlare di amore e rispetto per le persone. Non mi è mai interessato il denaro. Ho rinunciato a contratti importanti che mi avrebbero però fatto tradire quello in cui credevo, e credo ancora; la coerenza e l’onestà artistica. Credo di essere diventato un buon musicista e un buon compositore, con sentimenti forti, lasciando da parte gli egoismi e i personalismi; ringraziando invece per quello che in quasi cinquant’anni di musica ho ottenuto. Di questo devo dire grazie a Dio, alla mia famiglia, che mi hanno dato la forza e i giusti valori. Credo che soltanto il rispetto e l’accoglienza dell’“altro”, del diverso, possa contribuire alla pacificazione delle persone, e ci dia quella parte di felicità necessaria per amare il prossimo».

Gli Showmen

In questo mezzo secolo, e oltre, di carriera, James Senese ha vissuto un’epoca irripetibile: Murolo, De Simone, Nccp, Troisi, Arbore, il neapolitan power, attraversando trasversalmente la canzone leggera italiana con gli Showmen e poi il funk-jazz stridente dei Napoli Centrale. È una leggenda vivente, colui il quale ha dato uno dei primi ingaggi all’indimenticabile Pino Daniele, con cui collaborerà ed avrà amicizia vera sino al suo ultimo giorno.

Sul fatidico e storico momento di transizione dagli Showmen ai Napoli Centrale si concentra il docu-film James del regista Andrea Della Monica

«L’inizio della mia carriera risale a molto più di cinquant’anni fa, al 1961 con Gigi e i suoi Aster e Vito e i 4 Conny apriamo la via italiana al rhythm and blues degli Showmen. È dal primo disco degli Showmen, uscito nel 1968, che calcoliamo questo mezzo secolo di sax, anche se avevo già iniziato a incidere dal ‘64. Con Mario Musella, il nero a metà che ha iniziato tutto, eravamo davvero una bella coppia: lui di madre napoletana e figlio di un soldato pellerossa, io di madre napoletana e figlio di un soldato afroamericano. Dopo Peppino Di Capri e Carosone sono stato fra i primi a sconvolgere la cultura napoletana. Poi è venuto tutto il resto. Napoli Centrale rappresentò una vera e propria rivoluzione. E lo è ancora in questa Italia dove impera la canzonetta».

Il regista Andrea Della Monica

E proprio sul fatidico e storico momento di transizione dagli Showmen di Un’ora sola ti vorrei ai Napoli Centrale di Campagna si concentra il docu-film James del regista Andrea Della Monica che sarà presentato fuori concorso alla prossima Mostra del Cinema di Venezia. «Piuttosto che ripercorrere la vita di Senese, in accordo con l’artista, abbiamo preferito concentrarci sulla musica», spiega il giovane filmaker napoletano. «Siamo andati a rintracciare le origini della sua musica, soffermandoci in particolare sul passaggio dagli Showmen a Napoli Centrale, perché segna appunto il momento dell’addio al mondo delle canzonette e l’inizio di un percorso di ricerca».

James Senese ha sempre creato d’istinto, cercando di trovare un suo personale linguaggio, ascoltando il groove che si porta dentro, tra America e Africa. I suoni escono naturalmente dal suo sassofono, «che porta le cicatrici della gioia e del dolore di una vita vissuta a Napoli». «Suoni astrali, fantascientifici, oppure molto semplici da ascoltare, così come possono essere estremi come la mia vita», spiega l’artista raggiunto telefonicamente in sala di registrazione alle prese con le canzoni di un album rivolto verso nuovi orizzonti. «Perché non sto mai fermo due volte nello stesso posto», ribadisce. Anche a 75 anni «questa voglia di sperimentare c’è ancora. Per me non è mai cambiata. Io sono di un’altra dimensione».

James Senese e Pino Daniele

«James è come Pino Daniele», commenta il regista Della Monica. «Anche per la nostra generazione nata negli anni Ottanta, lui e Pino ci sono da sempre. Rispetto a quello di Daniele, il mondo di James ha trovato difficoltà ad emergere, per le scelte talvolta estreme, che non pagano in termini commerciali. Tuttavia, lui fa parte della grande tradizione napoletana».

Per riscoprire questo vulcanico ambasciatore del ritmo nero-napoletano, l’appuntamento imperdibile è per sabato 8 agosto all’ombra del Tempio di Giunone nella Valle di Agrigento. Una selvaggia cavalcata tra i suoni e i colori caldissimi della sua storia musicale insieme con i Napoli Centrale. «Che sono io», ride. «Io sono Napoli Centrale, il gruppo che da trent’anni non c’è più. Io ero il compositore, il cantante e il musicista solista. Scomparso la buonanima di Franco Del Prete, sono rimasto solo. Napoli Centrale è il mio bambino».

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