Il santuario di Dinnammare: religione e leggenda protese sullo Stretto

Il suo nome deriverebbe dal latino “bimaris”, ovvero “due mari”, visto che dalla sua sommità si può ammirare uno spettacolo mozzafiato: lo Stretto di Messina, la panoramica dei due mari, lo Jonio e il Tirreno, e, oltre alla Calabria, anche la baia di Milazzo, Tindari e le Isole Eolie. Alcuni studiosi si concedono, però, delle tesi differenti in merito al toponimo “Dinnammare”, località che sorge sui Monti Peloritani, a circa 1.128 metri sopra il livello del mare e che risulta immerso in una splendida cornice paesaggistica nella parte montuosa del territorio di Messina. Un capoluogo di provincia, dove il Santuario di Dinnammare sorge imperscrutabile sin dall’epoca bizantina, visto che gli studiosi hanno datato l’inizio della costruzione della chiesetta, che oggi domina lo Stretto in tutto il suo sfarzo, verso il VII secolo d.C..

E proprio in merito all’origine di Dinnammare, ecco che le versioni sul suo nome si rifanno inevitabilmente a quel periodo storico e subito dopo a quello della dominazione araba. Diversi studi, infatti, attribuiscono l’origine del suo significato derivante da “Dinammar”, composto da “din” (in arabo ‘religione’, ma anche ‘ricompensa, retribuzione’) unito a un nome proprio, ‘Ammar’, nome frequente nei documenti medievali, ovvero l’antico proprietario di quei luoghi; quindi ‘terreno dato in ricompensa ad ‘Ammar’.

Veduta da Dinnammare

Ma al di là delle versioni che riguardano l’origine dell’‘onoma’, la cosa che più interessa al visitatore che intende inerpicarsi sul monte è la spiccata natura religiosa del luogo. Dinnammare è infatti un luogo magico, mistico, pieno di storia, sì, ma con due leggende interessanti che raccontano la storia dell’edificazione del Santuario. La prima narra la vicenda di un pastorello che, trovandosi un giorno su questa montagna, inciampò su una tavoletta di marmo con su impressa l’immagine della Vergine Maria. Tornato a casa con la tavoletta, la mattina seguente, non la trovò più; iniziò a cercarla, e infine la ritrovò nello stesso posto in cui il giorno prima ebbe la fortuna di imbattersi. Il parroco di Larderia, paese di origine del pastore, una volta venuto a conoscenza del fatto, volle che questa miracolosa lastra di marmo fosse conservata nella chiesa del paese. Così fu fatto, ma anche da lì la tavoletta scomparve per essere ritrovata sul monte, nel medesimo luogo. A quel punto la decisione da prendere fu semplice: tutti furono d’accordo che la lastra di marmo fosse destinata a quel monte, e che dovesse essere edificata una chiesa per custodire e pregare la Madonna di Dinnammare.

La seconda leggenda riporta, invece, che la sacra Immagine provenisse dal mare, trasportata da due mostri marini, i quali la lasciarono sulla spiaggia. Secondo il racconto del parroco Placido Samperi (Messina 1590-?), dei pescatori ritrovarono la sacra Immagine della Madonna sulla spiaggia di Maregrosso, portata lì forse dopo un naufragio di un veliero e la ricondussero sul monte Dinnammare, dove sorgeva la chiesetta della Madonna. Da quel momento il Santuario di Dinnammare fu preso d’assalto da una miriade di pellegrini, provenienti da tutta la Provincia e anche da fuori.

L’interno del santuario della Madonna di Dinnammare

Si racconta anche che, nella notte del 30 settembre 1837, durante una terribile tempesta, un fulmine colpì la tavoletta di pietra trovata dal pastorello, che era murata sopra l’altare. Rimasero intatte solo le teste e parte del collo della Madonna e del Bambino. Alcuni frammenti furono murati nella Chiesa di San Sebastiano, a Larderia Superiore, al lato destro dell’altare maggiore, dove ancora sono venerati dai fedeli. Un’altra tavoletta di pietra venne presto collocata, al posto della prima, nel Santuario di Dinnamare, rappresentante la Santissima Vergine col Bambino in braccio. Ai lati inferiori si vedono tuttora i due delfini che portano l’immagine sulla schiena.

La stessa tavoletta marmorea è ancora al suo posto nel Santuario ed è quella che si porta tutt’oggi in festa per il paese, il 5 agosto. Una festa che riecheggia nelle strade che, da Messina, portano sui Peloritani settentrionali e che anima tutta la città dello Stretto, dove la Vergine Maria è venerata anche sotto il nome di Madonna della Lettera, patrona ufficiale del capoluogo siciliano, che viene festeggiata il 3 giugno. Insomma, Messina capitale siciliana del culto mariano, ma soprattutto città, le cui tradizioni socioculturali affondano inevitabilmente in quelle religiose.

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