Il difficilissimo periodo storico che stiamo vivendo ci pone di fronte a uno scenario del tutto inedito, nel quale l’isolamento, la paura del contagio, il clima di terrore – spesso mal gestito e talvolta alimentato dai media – stanno mettendo in continua discussione il rapporto con noi stessi e con gli altri. In questo momento chi è solo, chi è più fragile, rischia di soccombere di fronte a delle domande di senso rimaste senza risposta. La lettera aperta del rettore dell’Università degli Studi di Catania, Francesco Priolo, già pubblicata sul sito d’Ateneo e che riportiamo integralmente di seguito, ci sembra cogliere la necessità di una riflessione. Rispetto a un’emergenza sanitaria senza precedenti abbiamo capito come comportarci, o perlomeno abbiamo individuato delle strategie (quarantene, mascherine, terapie). Abbiamo saputo sfruttare la tecnologia per continuare a lavorare e studiare. Ma di cosa altro abbiamo bisogno? In che modo i fatti che leggiamo ogni giorno ci stanno interpellando nel nostro quotidiano, nel lavoro dei docenti, nelle giornate dei giovani? E qual è il passo che questi interrogativi ci chiedono? 

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La comunità accademica e studentesca catanese è stata scossa in questi giorni dalla drammatica notizia della scomparsa di un nostro giovane e brillante studente, ormai in procinto di laurearsi in uno dei nostri corsi di laurea triennali. Studente modello, molto apprezzato dai docenti che hanno avuto la possibilità di incontrarlo nelle aule universitarie e di sostenerlo nei diversi passaggi della sua carriera e dai colleghi che ne hanno conosciuto anche il lato umano e l’animo gentile.

L’istituzione che rappresento è addolorata e si stringe unanimemente attorno alla famiglia, per sostenerla nel dolore che provoca il vuoto incolmabile lasciato da una perdita così tragica.

Sfortunatamente, negli ultimi mesi, altri casi analoghi sono avvenuti. Di fronte a tali eventi luttuosi, siamo tutti tentati di cercare spiegazioni e di trovare risposte, che in termini causali possano arginare il senso di smarrimento intimo, che accompagna lo stupore e l’incredulità di ciascuno di noi di fronte a tali notizie. Io credo possa essere irrispettoso cimentarsi pubblicamente in tale esercizio esegetico. E sarebbe certamente semplicistico e riduttivo ipotizzare che singoli eventi, per quanto spiacevoli, possano rendere conto della complessità e della profondità delle cause, che insondabilmente possono spingere un giovane, che ha davanti a sé un percorso certamente ricco di soddisfazioni e gratificazioni, a rinunciare al bene più prezioso che possiede, la sua vita.

Tuttavia, una riflessione di ordine generale mi sento di doverla condividere con tutta la comunità e in particolare con la parte più fragile e giovane di essa: gli studenti. Viviamo tempi difficili e incerti, le nostre società sono attraversate da una crisi radicale, che allunga le sue mani anche nel substrato più profondo del nostro inconscio individuale e collettivo. Molte certezze rassicuranti sembrano vacillare e l’orizzonte può apparire fosco e indefinito. Il confinamento, il distanziamento fisico e sociale, il clima generalizzato di allarme e paura, che siamo costretti a vivere, hanno certamente accentuato i tratti più aspri di questa crisi. Come sempre capita, sono i più fragili a pagare il prezzo più alto. Gli esperti hanno da tempo lanciato l’allarme sul disagio esistenziale e ci parlano di un aumento vertiginoso dei casi di autolesionismo.

In un appassionante libro di alcuni fa, il filosofo Umberto Galimberti ammoniva tutti noi contro i rischi di una mancanza di riferimenti-guida tra la generazione dei più giovani e aveva definito lo spaesamento e la perdita di senso del futuro un vero male oscuro, “il più inquietante tra tutti gli ospiti”. Una condizione in cui la vita, con le sue speranze e le sue opportunità, si appiattisce nel vuoto esistenziale e nella mancanza di una crescita emotiva piena. 

Il mio vuole essere, però, un appello positivo. Innanzi tutto, ai ragazzi. Quegli studenti e quelle studentesse che fino a poco tempo fa abitavano le nostre aule in maniera così creativa e vitale e che oggi purtroppo abbiamo la possibilità di incontrare solo a distanza, dietro le luci (a volte ingannevoli) di uno schermo. Questa condizione critica finirà certamente e già molti segnali positivi li abbiamo davanti agli occhi. Non perdete la speranza, ma anzi rinnovate il vostro impegno per costruire il vostro futuro, che è anche il futuro di noi tutti.

Allo stesso tempo, faccio un appello anche ai meno giovani e in particolare ai docenti. Abbiamo una responsabilità storica sulle nostre spalle: fornire un progetto etico e culturale alle nuove generazioni. Lo abbiamo sempre fatto e bene. Oggi ci tocca fare uno sforzo ulteriore. Perché le epoche di crisi sono epoche di grandi rischi, ma anche di grandi opportunità. Dobbiamo, tutti, rilanciare il significato della nostra missione, che non è solo quella di trasferire nozioni e conoscenze, ma anche quella di comunicare e di saper entrare nel mondo di questi giovani.  

Da solo, nessuno può dirsi al sicuro. Il nostro è un tempo che ha bisogno di una nuova alleanza tra le generazioni e l’Università è probabilmente il luogo materiale e simbolico dove meglio questa alleanza può cementarsi. A noi, gli adulti, il compito storico di investire sul nostro futuro, sostenere questi ragazzi e queste ragazze, la loro forza, la loro creatività, il loro entusiasmo. Solo in questo modo potremo tentare di evitare che tutta questa energia vitale, se frustrata, possa trasfigurarsi tragicamente nel suo opposto.

Francesco Priolo
rettore Università degli Studi di Catania


Il dibattito:

La fragilità al tempo della pandemia e la lettera aperta del rettore Priolo

Francesco Riggi: di fronte alla tragedia rilanciare l’Università come luogo di alleanza tra le generazioni

Lorenzo Rapisarda: solo i rapporti umani autentici ci sottraggono alla disperazione

Elena Ardita: Saper condividere può fare la differenza: solo così nessuno rimarrà indietro

Giuseppe Di Fazio: Insegnare non basta, dobbiamo prenderci cura dei nostri studenti

Alfonso Ruggiero: Vivere l’istante per costruire il futuro: la grande scommessa a cui siamo chiamati


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