Imparare da un’epoca lontana e riflettere sulla sua importanza ancora attuale, passando per la valorizzazione del nostro legame col territorio. Di questo e tanto altro abbiamo parlato con Agatino Reitano che insieme a un collega, dopo anni di formazione sul campo, ha messo in piedi la sua idea

Un progetto unico nel suo genere concepito circa 12 anni fa dalla passione per l’archeologia preistorica di due giovani siciliani. Potremmo definire così l’Archeopark dell’Etna recentemente sorto alle pendici del vulcano, una fedele rappresentazione di un villaggio dell’età del bronzo antico afferente alla cosiddetta cultura castellucciana (datata tra il 2300 e il 1700 a.C circa) che mira a mettere in luce un’epoca, specie in chiave siciliana, troppo spesso affrontata in maniera superficiale. Ma guai a credere che si tratti semplicemente di passione: «Oltre a questa – ci racconta Agatino Reitano, che di mestiere fa la guida nel campo del turismo naturalistico – questo progetto presuppone il fatto che io e il mio collega geologo Francesco Cavallaro ci siamo documentati studiando a fondo e acquisendo esperienza, visitando diversi siti della Sicilia preistorica e collaborando con personalità di spicco del settore».

UN LUOGO DINAMICO A rendere suggestivamente peculiare il parco, infatti – anche in relazione ad altri esperimenti di ricostruzione preistorica che, però, non sono fruibili al pubblico o non si rifanno al periodo dell’Età del bronzo – è l’attività dei collaboratori lungo tutta la durata della visita: «In base alle competenze che abbiamo acquisito durante questo lungo tempo – prosegue Reitano – non ci limitiamo a commentare ciò che è presente all’interno del parco, ma facciamo una dimostrazione in tempo reale di come realizzare quelle determinate cose ed è questo a rendere il luogo vivo». E’ così che i visitatori – in particolare i bambini delle elementari che queste nozioni sui libri non le trovano – attraverso una fruizione attiva, possono rendersi conto di come veniva scheggiata una pietra o di come veniva realizzata la cuspide di una freccia, fino a scoprire come venivano cotti i vasi e poi dipinti attraverso particolari pigmenti. Un simile approccio consente, come ci conferma Reitano, di «rendere noti aspetti della preistoria siciliana il più delle volte sconosciuti». Ma non solo.

CONOSCERE E VIVERE LA PREISTORIA Dotato di due capanne (una immaginata come appartenente ad una famiglia di artigiani e l’altra ad un cacciatore), di un telaio, di un essiccatoio per le ossa, di una rara struttura sepolcrale all’interno di un dolmen, e persino di una discarica dove confluiscono gli scarti della lavorazione, il villaggio si propone di ricostruire a 360° gli aspetti di vita quotidiana di una comunità preistorica. L’insieme di questi elementi concorre, ci spiega ancora Reitano, «a rendere i visitatori partecipi, facendo gli opportuni accostamenti, di ciò è rimasto invariato nei millenni e quindi dell’attualità di certi elementi che sembrano, nell’immaginario comune, diversi da quella che è la realtà quando si parla di preistoria». Un esempio su tutti è quello della fuseruola, «strumento inventato nel Neolitico col quale mostriamo come ottenere un filo dalla lana grezza e che ancora oggi viene utilizzato da alcune anziane signore». Adottando una simile prospettiva, dunque, la preistoria può sorprendentemente rivelarsi non soltanto qualcosa di stantìo da leggere su un libro, ma la chiave per comprendere che non sempre qualcosa che ci è lontano nel tempo deve per forza risultare altra rispetto a noi.

UN LEGAME DA RISCOPRIRE  È per questo che, mediante il parco, non solo possiamo rivalutare un’intera civiltà e apprendere da un uomo che, come ci illustra Reitano, «aveva una spiccata contezza della geografia del Mediterraneo, dell’Europa e del Medio Oriente; che sapeva pure navigare su imbarcazioni piuttosto sofisticate, e aveva abilità ben maggiori di quanto immaginiamo», ma siamo anche in grado di riappropriarci della consapevolezza di quanto radicato e importante possa essere il legame che l’uomo ha da sempre instaurato col territorio. «Non è una caso – chiarisce la guida – che il luogo sia stato chiamato Archeopark dell’Etna, a voler sottolineare questo legame millenario». Che, in quanto tale, può rivelarsi vincente ancora oggi. «C’è anche – puntualizza il nostro intervistato – la volontà di continuare a scommettere sul nostro territorio nonostante tutte le difficoltà, una scommessa che cerchiamo di vincere puntando sulla qualità e per la quale abbiamo speso molto in termini economici, di forza-lavoro e di speranze». Competenza e originalità, perciò, i segreti del progetto che sarà presto fruibile su larga scala. «In questo momento stiamo gestendo soltanto delle visite scolastiche – specifica Reitano – e in estate organizzeremo qualcosa. Ma sicuramente a partire dall’autunno 2018 e per tutto il 2019 apriremo al grande pubblico sulla base di eventi e giorni prestabiliti, proprio per la natura del parco che non può essere visitato in maniera statica, passiva, senza che ci sia il commentatore/sperimentatore ad accompagnare i visitatori».
L’Archeopark, che si sta ulteriormente espandendo, si trova a Pisano, frazione di Zafferana Etnea, ospite dell’azienda agricola “Il Pirosseno” ed è stato inaugurato lo scorso 12 aprile.

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