Franco Grasso: «Accorciare la stagione? È possibile facendo rete. Con tariffe dinamiche gli albergatori possono condizionare la domanda quando normalmente non c’è richiesta»

Può la Sicilia essere una regione “destagionalizzata”? Cosa possono fare gli “attori” sociali, politici ed economici per poter creare un movimento turistico forte durante tutto l’anno? Sono queste le domande che, periodicamente, si pongono gli albergatori e le istituzioni. Secondo i dati dell’Osservatorio Turistico Nazionale (che analizzano il periodo 2007 – 2012) da ottobre a marzo in Italia si registra una media di circa 45mila presenze che aumentano a 95mila nei mesi primaverili, fino a raddoppiare ed esplodere da luglio a settembre. Ma cosa accade nella nostra isola? In una regione in cui il bel tempo dura da marzo a dicembre, ma vede il boom di richieste solo nei tre mesi estivi, il dubbio è che non si faccia abbastanza per cambiare la sua percezione di meta stagionale. Da un lato ci sono infatti le strutture ricettive che chiudono l’attività alla fine di ottobre per poi riaprire in occasione della Pasqua (diminuendo di fatto l’appeal nei confronti dei turisti), dall’altro i negozianti e i ristoratori che a fine stagione chiudono le attività per mancanza di richieste. Per cercare di contrastare questa tendenza e rilanciare il turismo di bassa stagione nel 2012 la Regione – in collaborazione con compagnie aeree e aeroporto – aveva lanciato l’iniziativa “Sicilia d’inverno”, una promozione che prevedeva voli andata e ritorno per l’aeroporto di Catania a prezzi fissi che venivano poi rimborsati dall’albergatore. L’esperienza non è tuttavia proseguita oltre il 2015.

PENSARE FUORI DAGLI SCHEMI. Destagionalizzare significa incrementare il flusso turistico nei periodi di cosiddetta bassa stagione, invogliando il viaggiatore a scegliere una meta che normalmente non lo interesserebbe. «Non è facile – ci spiega Giorgio Moglioni, business developer e consulente aziendale di attività turistiche – serve un percorso complesso in cui si uniscano soggetti di varia natura: pubblico e privato devono lavorare insieme per dare al turista almeno il minimo indispensabile in termini di servizi e attrazioni, ma la Sicilia potrebbe riuscire in questa sfida». Ma quali sono i motivi per cui la nostra Regione – un territorio in cui l’estate va a da aprile a dicembre – non riesce a creare un movimento al di fuori dei mesi prettamente estivi? «L’anello più debole – continua Moglioni – è rappresentato dalle politiche di vendita delle strutture ricettive che si ostinano a concentrarsi su ciò che manca (l’appoggio delle istituzioni, eventi di risonanza etc) senza capire che basterebbe porsi sul mercato nella maniera giusta, con la necessaria dinamicità, per aprire nuove opportunità».

Alcuni turisti (foto Enrico onefromrome/ Flickr)

FARE RETE. Uno dei rischi del viaggiare fuori stagione è quello di ritrovarsi a soggiornare in una località in cui tutti i ristoranti e i negozi sono “chiusi per ferie”. «Si tratta di un cane che si morde la coda – commenta Franco Grasso, revenue manager e consulente alberghiero romano – anche i negozianti possono dire che non aprono perché non c’è richiesta, ma se si unissero le forze con un accordo tra le parti si potrebbe iniziare una sperimentazione da monitorare. Il turismo crea un meccanismo economico importante in termini d’indotto e le attività ricettive sono gli attori principali. Inoltre, se più albergatori si unissero per cercare di condizionare positivamente la domanda quando normalmente non c’è richiesta, allora si potrebbe davvero iniziare a muovere la leva del turismo e svincolare la destinazione turistica dalla gabbia del periodo prefissato accorciando la stagione».

LE CARENZE INFRASTRUTTURALI. Ma come si può creare la domanda fuori stagione con le carenze delle infrastrutture come i trasporti e i collegamenti interni per raggiungere le mete? «Nella nostra esperienza – continua Moglioni – ci sono alberghi in posti assurdi ma bellissimi che hanno risolto parte dei loro problemi affidandosi al “revenue management” (la dinamicità tariffaria a seconda dell’occupazione delle camere disponibili e non secondo un listino di alta e bassa stagione ndr). È il cliente che fa il mercato, non le istituzioni né le intenzioni o i piani studiati a tavolino».

AGIRE E REAGIRE. Per cambiare le cose, secondo Moglioni, servirà un cambio di mentalità. «La Sicilia non è un mercato stagionale ma vuole esserlo. Nel giro di un anno (o poco più) si potrebbe risolvere la questione senza troppi sforzi: ci sono iniziative complicate che devono coinvolgere molti attori, ma anche mosse virtuose che necessitano solo di coraggio e buon senso. Prima di correre si deve imparare a camminare».

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