«Alcune opere sono veramente dei gioielli e, se ben eseguite, non possono non destare le emozioni del pubblico. Il filo conduttore nel Barocco è proprio il bisogno di “muovere gli affetti”, era ciò che si ricercava all’epoca e che io continuo a ricercare oggi». Questo secondo il mezzosoprano José Maria Lo Monaco, il senso del concerto che la vedrà protagonista mercoledì 29 novembre alla Chiesa del Gesù di Caltagirone insieme al soprano Carlotta Colombo e all’orchestra del Collegium Musicum Catania diretta dal Maestro Giulio Prandi. Il programma vedrà infatti la cantante interpretare alcuni brani di Giuseppe Geremia, compositore catanese nonché maestro di cappella della Cattedrale di Sant’Agata (ruolo per il quale fu affiancato da nientemeno che il nonno di Vincenzo Bellini). La serata, che prevede anche musiche di Pergolesi e Händel, sarà impreziosita pure dall’esecuzione di brani poco noti di Geremia. «Eseguiremo due arie e anche una cantata pastorale per contralto – racconta la Lo Monaco – e la cosa interessante è proprio la riscoperta di queste partiture, che sono state reperite presso il museo Vincenzo Bellini di Catania».  Un’occasione preziosa, dunque, non solo per approfondire alcune pagine poco note della nostra musica, ma anche per scoprire una delle artiste più eclettiche degli ultimi tempi, da diversi anni protagonista delle scene internazionali con un vasto repertorio che spazia dal tardo rinascimento alla contemporaneità. 

«A Sidney ho cantato sull’acqua, con un maxi schermo dietro al pubblico da cui vedevamo il direttore, poiché l’orchestra era nascosta. Ci sono stati persino i fuochi d’artificio sul finale».

PALCOSCENICI PRESTIGIOSI.  Dopo il diploma in pianoforte a Catania e in canto lirico a Milano, la carriera di Lo Monaco è decollata nel 2005 con il debutto al Rossini Opera Festival: da quel momento, la cantante ha dato inizio a una collezione di collaborazioni con i più prestigiosi enti lirici italiani e mondiali, prestando la sua voce a partiture di tutte le epoche. Non sorprende che una musicista di così alto livello abbia collezionato ricordi indelebili in giro per il mondo. Ma, in una baraonda di preziosissime memorie – tra cui l’esecuzione dello Stabat Mater di Rossini davanti a Papa Benedetto XVI –, la cantante cita esperienze decisamente fuori dal comune, curiosamente tutte legate alla Carmen di Georges Bizet: «La mia primissima Carmen – spiega – è stata a Lione, in Francia, con una particolarissima regia di Olivier Py in cui Carmen era prima ballerina di un teatro di cabaret. Durante la mia prima uscita in scena, con l’Habanera, arrivavo con un serpente vero attorno al collo». Per non parlare, poi, della grandiosa performance al Sydney Opera House, sempre nell’iconico ruolo della conturbante gitana: in occasione del festival Handa Opera era stato costruito un enorme palcoscenico sopra l’harbour di Sydney, sullo sfondo dell’inconfondibile teatro. Un’esperienza senza dubbio indimenticabile, come racconta l’artista: «Noi cantavamo sull’acqua, con un maxi schermo dietro al pubblico da cui vedevamo il direttore, poiché l’orchestra era nascosta. Ci sono stati persino i fuochi d’artificio sul finale».

«Non mi sento una diva. Nel teatro di oggi regna un’atmosfera collaborativa e per certi atteggiamenti non c’è più spazio»

ARCHEOLOGIA MUSICALE. Quella di José Maria Lo Monaco per il dissotterramento di antichi tesori musicali è una vera passione ed è quanto si propone di fare anche nel disco Porpora. Music for the Venetian ospedaletto, che uscirà in prossimità delle festività pasquali. Si tratta di una raccolta di arie e mottetti composti da Nicola Porpora per il contralto Angiola Moro. A riscoprire questi mottetti, racconta la Lo Monaco, è stato Stefano Aresi, direttore del gruppo Stile Galante. «Sono molto orgogliosa di questo progetto – spiega ancora – per il doppio piacere che sta nel cantare queste musiche. È come se riportassimo in vita qualcosa che era stato dimenticato». Un progetto che differisce parecchio da All’amore immenso, il suo disco uscito l’anno scorso, incentrato sul concetto di amore divino nella figura della Vergine Maria e ispirato dalla nascita di suo figlio. Una carriera straordinaria, insomma, quella di José Maria Lo Monaco, con successi strepitosi e racconti che sembrano delineare il ritratto di una vera diva. Ma l’affabilità nel tono della sua voce non suggerisce questo: «Non mi sento assolutamente una diva», chiarisce. Anzi, secondo l’artista catanese, parlare di divismo è del tutto anacronistico: «Oggigiorno – conclude – le vere dive non esistono più. Si parla forse di atteggiamenti che si avevano nel passato, quando si potevano fare i capricci sul palcoscenico. Ma adesso non è più così, nell’ambiente di lavoro del teatro c’è molta collaborazione e quindi, per quanto mi riguarda, non c’è più spazio per il divismo».

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