Nella sua versione dolce o salata, ogni 13 dicembre il piatto dedicato alla santa protettrice della vista diventa il protagonista delle tavole siciliane, e non solo, secondo una tradizione che affonda le sue lontane radici in un episodio miracoloso

Una antica leggenda narra di come, a causa di una lunga carestia, il popolo siciliano fosse ridotto alla fame e di come solo nella preghiera cercasse la speranza che quella pena giungesse al termine. Fu così che Santa Lucia, patrona di Siracusa, uccisa per la sua fede sotto il regno di Diocleziano, fece attraccare alcune navi cariche di grano nel porto della sua città nel 1763. Come racconta l’annalista e archeologo Giuseppe Capodieci alla fine delle sue Memorie di Santa Lucia: «Il padrone di una delle dette navi dichiarò che non aveva intenzione di entrare in questo porto, ma vi fu obbligato dai venti e seppe che era in Siracusa dopo aver gettato l’ancora; aggiungendo che, appena entrato in porto, si era guarito da una malattia agli occhi che lo tormentava da qualche tempo». La gente del posto (secondo un’altra versione il fatto avvenne a Palermo nel 1646), stremata dalla fame, decise di non allungare l’agonia attendendo i tempi di macinatura del grano o rendendolo pane, ma semplicemente di bollirlo. Nacque così la prima cuccìa che da allora viene preparata ogni 13 dicembre, giornata che per i devoti non prevede il consumo di pane e pasta, in segno di riconoscenza alla Santa per il suo miracolo, un’usanza che viene riportata anche dallo studioso di tradizioni popolari Giuseppe Pitrè nel suo libro Proverbi siciliani: «Santa Lucia pani vurrìa, pani nu nn’haiu, accusì mi staiu», ovvero “Santa Lucia vorrei del pane, ma pane non ho, digiuno mi sto”.

DOLCE O SALATO. Nella variante salata, più vicina all’originale, il grano viene tenuto in acqua, da cambiare spesso, per due o tre giorni, poi bollito e, infine, servito caldo con l’aggiunta di sale e pepe. In alcuni casi vengono aggiunti anche i legumi. La preparazione del dolce al cucchiaio prevede lo stesso procedimento iniziale. Una volta scolato e cucinato viene poi lasciato raffreddare diventando così una base da condire a proprio piacere, ad esempio con crema di ricotta, cannella, canditi e gocce di cioccolato, o insaporita con biancomangiare, crema al cacao o vin cotto. Un piatto simbolo di rinascita e prosperità come i chicchi da cui prende il nome, che al loro interno racchiudono una nuova vita.

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