La fotografia è scrivere con la luce un istante in modo permanente. Questa frase, pronunciata dal Maestro-Fotografo Giovanni Chiaramonte l’anno scorso ospite all’Università di Catania, mi ha letteralmente aperto un mondo, a me che tutta la vita sono stato accanto a mio padre, anche lui fotografo. Come dire, nel campo della conoscenza della realtà attraverso la fotografia, se uno la guarda con occhi di meraviglia, non finirà mai di stupirsi.

Lo scatto scelto oggi è proprio di Giovanni Chiaramonte e si trova all’interno del volume fotografico L’ultima Sicilia. Rappresenta uno scorcio suggestivo della periferia di Licata, in provincia di Agrigento, in Sicilia, nel 1970, dove tra case ancora da rifinire, strada non asfaltata e lenzuola appese che stanno asciugando al sole, una mamma porge la mano alla figlia in senso di affetto e dando forse qualche spicciolo per comprare qualcosa in drogheria, come allora si chiamavano i negozi di generi alimentari. È una immagine che esalta la cultura dell’istante e del dialogo, come ci ricorda Chiaramonte, ma è anche l’immagine evidente del nostro destino. Dove risalta la nostra origine, nostra madre, e dove tutto ha un significato.

Pensare che questa foto, come altre, tutte scattate nel 1970 in varie parti della Sicilia erano state “scordate” in una cantina dal grande fotografo, testimoniano un mondo scomparso, ma che, attraverso il fotografare, è rimasto in qualche modo eterno.

Ha osservato il fotoreporter Ferdinando Scianna su questi scatti “quasi perduti”: «Una costante dello sguardo del ragazzo Chiaramonte è la maniera di sentire la luce. La luce costruisce lo spazio, definisce le architetture, fa vedere le scale, l’intersecarsi delle viuzze, è l’essenza di quel teatro. Quasi sempre tagliata, come arrivasse dalle quinte di un palcoscenico, esalta le superfici, scolpisce i personaggi».

Nell’osservarlo con più attenzione, lo scatto proposto, ci dice anche altro. In una estate molto calda dove le scale di questo scorcio della bella Licata sono pietre staccate l’una dall’altra, una donna, o forse un uomo, addormenta un bambino di circa 1 anno seduto sul solco della sua casa vicino a una sedia vuota.

Come diceva Oscar Wilde: “Il guardare una cosa è ben diverso dal vederla. Non si vede una cosa finché non se ne vede la bellezza”. Penso che nel guardare più volte questo scatto, il nostro modo di vedere la bellezza si approfondisce fino a fare emergere chiaramente l’atto straordinario del Mistero della vita che avvolge, noi, poveri mortali, da tutti i lati.

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