I più celebri elefanti
di Catania: dal liotru
a Tony, passando per Menelik
Che la mascotte della città di Catania sia l’elefante è ormai un fatto universalmente noto. Lo si ritrova nella bandiera, negli stemmi dell’Università, nei negozietti di souvenir e, nella sua massima e più celebre manifestazione, troneggiante al centro di piazza Duomo.
Simbolo e punto di riferimento per chiunque passi anche solo per un paio d’ore nel capoluogo, questo animale esotico è quasi sempre associato proprio alla statua in pietra lavica che porta la firma di Giovan Battista Vaccarini e che in dialetto è noto come ‘u liotru. La sua inaugurazione risale al 1737 e fu concomitante con quella della fontana raffigurante i due fiumi della città, l’Amenano e il Simeto, e un obelisco egizio.
Il suo appellativo pare sia una storpiatura del nome Eliodoro, un tempo aspirante vescovo della provincia che, non riuscendo nell’intento, decise di darsi alla magia, venendo addirittura accusato di negromanzia. E, se non molti sanno che fin da subito i testicoli del pachiderma vennero considerati un portafortuna da studenti e turisti, i quali li stringevano fra le mani già nei secoli scorsi per ingraziarsi la buona sorte, ancora meno sono coloro che hanno presenti gli altri elefanti di cui Catania può fregiarsi.
Innanzitutto, vanno menzionati quelli che dànno il nome al palazzo del Comune, struttura quadrangolare con due portici interni, costruita a partire dal 1696. Anch’essa, come l’elefantino che le campeggia di fronte, è dunque figlia del terribile terremoto del 1693, al quale si deve la distruzione di 2/3 del territorio urbano e una ricostruzione sempre ad opera di grandi artisti e intellettuali.
Nel caso specifico, oltre a Lorenzo Vaccarini, contribuirono al progetto Giovan Battista Longobardo e Carmelo Battaglia, che resero ogni facciata suggestiva e originale a modo proprio. Disgraziatamente, il cosiddetto Palazzo degli Elefanti è stato però vittima di alcune sommosse popolari avvenute alla fine del 1944, quando l’edificio fu incendiato e molto, in termini di archivi e di arredamento, andò perduto.
Ma non finisce qui: poco lontano dal cuore del centro storico, là dove via Etnea incrocia la raffinata via Umberto I, sorge un luogo che ha fatto da dimora temporanea a ben due elefanti in carne e ossa. Uno lo ricordano forse i nostri trisavoli e bisnonni, l’altro i nostri nonni e i nostri genitori: elemento imprescindibile negli aneddoti di ben quattro generazioni, Menelik e Tony sono stati infatti entrambi ospiti del Giardino Bellini.
Menelik giunse in Sicilia dalla lontana Etiopia, nel momento in cui l’imperatore Menelik II decise di suggellare il trattato di Uccialli, appena stipulato con Umberto I, offrendogli in dono un esemplare ancora in giovane età. Il re d’Italia, ben immaginando l’entusiasmo che ne sarebbe derivato, lo regalò a sua volta ai cittadini di Catania.
Il piccolo arrivò sopra un treno nel mese di giugno e fu riempito di attenzioni da grandi e bambini, per quanto le condizioni di vita e di alimentazione che gli furono destinate non gli consentirono di sopravvivere per più di due mesi. C’è di buono che Menelik, così chiamato in onore del suo sovrano, fu subito donato all’istituto di Zoologia dell’Università, in via Androne, dove a tutt’oggi è possibile ritrovarlo nel salone principale.
L’altro pachiderma raggiunse il suolo siculo nel 1965, invece, portato dal circo di Darix Togni. Si trattava di un’elefantessa ormai in preda agli acciacchi dell’età, così si decise di affidarla al Comune e alle sue cure, a condizione che prima potesse sfilare per le strade principali sponsorizzando l’arrivo dello spettacolo circense. Tony, tuttavia, resistette da piazza Alcalà fino a piazza Duomo, poi si divincolò e distrusse parecchie strutture che le capitarono sotto tiro.
A quel punto venne portata senza pompa magna fino al giardino pubblico, dove rimase per due anni con il primo nome che le avevano affibbiato prima ancora di conoscerne il sesso. L’anno scorso, in occasione dei cinquant’anni dalla sua dipartita, è stata deposta una corona di fiori commemorativa in suo onore, a riprova del fatto che nella memoria collettiva questo episodio, così come gli altri citati, hanno davvero lasciato il segno.
samanta giambarresi
3 anni agoBuonasera
Credo vi sia un errore: quello in foto non penso sia Menelik, perché noto una donna con una gonna al ginocchio. L’elefante venne regalato dopo il trattato Uccialli e morì ancora cucciolo quindi era all’incirca il 1890. Credo sia Tony, in uno scatto in bianco e nero
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