Se è noto che nel solo territorio cittadino di Catania esistono, secondo il sito Tuttitalia.it, ben 357 plessi scolastici tra scuole pubbliche e private, non altrettanto facile è conoscere il budget allocato per la manutenzione di queste strutture. Non parliamo degli interventi straordinari, come la messa in sicurezza di un’ala pericolante, il rifacimento di un tetto o dell’intero impianto elettrico e idrico, che certamente richiedono cifre colossali, e pertanto quasi sempre inesistenti nel contesto locale. Parliamo della piccola manutenzione ordinaria, quella che serve a rendere fruibile la scuola dal punto di vista dell’accoglienza quotidiana di alunni, insegnanti, genitori. La lampadina da sostituire, l’interruttore o la presa da riparare, l’infisso da sistemare, una parete da pitturare, una cancellata da proteggere dalla ruggine, una piccola aiuola da tenere in ordine, … e potremmo continuare a lungo. Ma anche su questo fronte, l’impressione è che il budget disponibile, da parte della stessa scuola o dell’Ente pubblico preposto a tale manutenzione, sia talmente limitato da rendere praticamente impossibile far fronte a queste piccole necessità quasi quotidiane. Così, avviene che anche i lavori più semplici restino lì, in attesa che venga finalmente il turno di questa o quell’altra scuola per eseguire il lavoro magari segnalato da tempo. 

Eppure, alcuni lavori più semplici, quelli che non richiedono specializzazioni da ingegneria aerospaziale, da elettronica digitale, da designer degli interni o dei giardini, potrebbero essere eseguiti senza l’intervento di maestranze esterne, senza bisogno di gare d’appalto, di decisioni consiliari, di valutazioni politiche, ma mettendo semplicemente in gioco le risorse che ogni scuola ha. Non solo le piccole risorse economiche, destinate per l’appunto ai piccoli interventi, ma la grande risorsa che è rappresentata dal capitale umano che ruota intorno all’istituto scolastico. 

Un evento del genere, di cui è stato testimone lo scrivente, si è verificato in questi giorni presso uno degli Istituti Comprensivi del nostro territorio cittadino, la scuola “Giovanni Verga”, nella quale un gruppo di genitori, di insegnanti e di alunni hanno deciso, insieme alla dirigenza, di procedere insieme alla pittura della lunga cancellata che circonda l’edificio. Armati di pennelli e vernici, un folto gruppo di alcune decine di persone si è dato da fare per più giorni, senza intralciare le normali attività scolastiche, per rimettere a nuovo un pezzetto di quella scuola, a cui evidentemente tengono, a tal punto da mettersi in gioco personalmente per rendere più accogliente, per sé e per gli altri, l’ingresso quotidiano all’edificio. 

Di fronte a eventi del genere, che certamente esistono numerosi, anche nel nostro territorio, spesso passati sotto silenzio, sono molti coloro i quali esprimono solo atteggiamenti scettici, minimizzando la rilevanza quantitativa di questi fenomeni di fronte ai gravi problemi in cui versano le scuole, o affermando espressamente che a questi compiti deve pensare l’Ente pubblico, al quale paghiamo le tasse. C’è tuttavia molto da imparare da questi tentativi, che in qualche caso rappresentano un’applicazione pratica del principio di sussidiarietà: demandare ad un livello superiore solo quanto non può essere fatto ad un livello prossimo a quello dei cittadini.

C’è infatti un valore emblematico ed educativo di gesti di questo tipo, specie in un contesto come quello del Sud, in cui la storia ci ha abituati ad attendere tutto dall’Ente pubblico, dimenticando che abbiamo il diritto, e anche il dovere, di intervenire direttamente in quanto singoli cittadini, e particolarmente in quanto comunità di persone, che siano le famiglie degli alunni di una scuola, gli abitanti di un quartiere, gli aderenti ad un’associazione, quel livello cioè che si colloca tra i singoli e l’Ente pubblico. Magari chiedendo che dal livello superiore ci venga data la possibilità di contribuire, in questo caso semplicemente dandoci pennelli e vernici (questo sì a basso costo, rispetto al budget che bisognerebbe allocare per la realizzazione “ufficiale” di quell’opera) e mettendoci in condizioni di agire.

Ma il valore di queste iniziative non si riduce appena all’aspetto economico e pratico: c’è anche da sottolineare il valore culturale del “fare insieme”, il valore del costruire qualcosa, in un momento in cui tutto sembra concorrere alla distruzione e non alla costruzione: un esempio dal quale certamente gli alunni della scuola – così mi dicono – hanno imparato forse più che dai libri

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