Se avete paura non aprite quell’altoparlante. Una musica cupa, struggente, sinistra e angosciante altrimenti vi avvolgerà, gelandovi, togliendovi il respiro, evocando dal subconscio misteri, incubi, fantasmi, mondi ignoti. Una musica che si colloca in quella terra di mezzo tra sogno e trauma. È la dreamwave, o new retrowave, o synthwave che dir si voglia: singoli autori che suonano come gruppi, costruendo la propria musica integralmente al computer, impegnati a creare qualcosa che non esisteva (se non, appunto, nel mondo dei sogni) a partire da elementi già dati. Musica horror, semplificando. Per le atmosfere, per le tematiche. Evocano un futuro prossimo distopico e decadente, in cui persone o replicanti popolano oscure e delittuose città. Nonostante quasi tutte le tracce siano esclusivamente strumentali, è possibile coglierne le vibrazioni: desolazione umana, guerre, criminalità diffusa, rapporto conflittuale con la tecnologia, esoterismo e simbolismo.

Attraverso la distopia, la dreamwave offre immagini del futuro diametralmente opposte all’utopia, al mondo ideale sognato da Tommaso Moro. Tratteggiano mondi post-apocalittici in cui i sopravvissuti lottano con loro stessi per ritrovare ragioni di vita e di speranza a cui aggrapparsi oppure combattono poteri oppressivi e totalitari, o ancora cercano in violenza ed esperienze estreme una via di fuga da una società che non sembra riconoscere loro un futuro. Cavalcano così le ansie di un presente avverso, retto dalle angosce di incombenti calamità, dalle incertezze del domani e dall’evoluzione tecnologica incontrollabile. Fuggendo dal futuro, cercano nel passato. Questo mondo, che naturalmente è immaginario e illusorio ma che ha basi molto solide nella realtà storica della produzione culturale, è frutto di una continua rielaborazione di dati, forme, contenuti. Alcuni standard della musica Anni Ottanta (synth pop, new wave, new romantic) vengono espansi, fino a occupare lo spazio di un brano o di un intero disco. Un mondo fatto di molteplici riferimenti, che si integrano e si completano a vicenda: Giorgio Moroder, Goblin, Zombi, John Carpenter, Jean-Michel Jarre,  Klaus Schulze, Justice, Kavinsky, Daft Punk, Fabio Frizzi.

«Il nome del progetto è tanto stilizzato quanto la musica prodotta finora. Il Dolore a cui mi riferisco è estetico, visivo, cinematografico, “fictional” e al tempo stesso immediato e corporeo quanto certi beat»

È il mondo di Dolore, nome d’arte di Giorgio Trombino, musicista palermitano. Primi passi nelle rock band, suonando Beatles, Doors, Hendrix, per poi imboccare con decisione la strada del metal che ancora percorre. «Verso i 18 anni, in coincidenza con i miei studi classici, ho cominciato ad ampliare le mie conoscenze musicali, indagando le sonorità delle colonne sonore dei film italiani: Umiliani, Piccioni, Trovajoli», si racconta. «Dall’espansione di un progetto attorno ai Goblin di Profondo rosso è nato il progetto Dolore».

La copertina dell’album 2020: i sette teschi di Andromeda

L’orrendo spettacolo della morte e Fantasmi, album pubblicati lo scorso anno, e il recente 2020: i sette teschi di Andromeda sono i biglietti da visita un po’ inquietanti. Del resto lo stesso nome d’arte non sembra essere ispirato all’ottimismo. «Non deriva da particolari riflessioni», tiene a precisare. «Il nome del progetto è tanto stilizzato quanto la musica prodotta finora. Il Dolore a cui mi riferisco è estetico, visivo, cinematografico, “fictional” e al tempo stesso immediato e corporeo quanto certi beat. È naif, come lo erano alcuni gruppi italiani progressive degli anni Settanta».

«In 2020: i sette teschi di Andromeda il punto di riferimento è Terrore nello spazio, il film di Mario Bava uscito nel 1965, considerato tra i migliori film di fantascienza italiani»

L’idea è quella di creare colonne sonore per film immaginari. «Ogni disco ha una sinossi, ma io penso che la regia sia nella mente dell’ascoltatore», spiega Giorgio Trombino. «In 2020: i sette teschi di Andromeda il punto di riferimento è Terrore nello spazio, il film di Mario Bava uscito nel 1965, considerato tra i migliori film di fantascienza italiani: su una astronave s’imbarca un misterioso ospite che scatena una caccia all’uomo. L’unico superstite tenta di fuggire salendo sul modulo di salvataggio, ma si finisce con lo Spegnimento dei sistemi di sopravvivenza». Insomma, un lieto fine.

Musica che fa paura, ideale per colonne sonore di film horror, che ha in Timecop1983, Miami Nights 1984, Com Truise, Perturbator, Carpenter Brut e Buio Mondo le sue migliori espressioni e che gode di un nutrito esercito di fan nella platea metal, soprattutto oltre oceano. Tant’è che Dolore ha trovato ospitalità per il suo progetto nell’etichetta americana Horror Pain Gore Death Productions (nome che è tutto un programma).

Il prossimo obiettivo adesso sarebbe quello di passare dalle colonne sonore di film immaginari a musiche per immagini reali. La proposta è arrivata da un regista americano. Di film horror, ovviamente.

Il prossimo obiettivo adesso sarebbe quello di passare dalle colonne sonore di film immaginari a musiche per immagini reali. «In effetti mi manca e mi piacerebbe», ammette Trombino. «Ho lavorato ad alcuni documentari, Hippie Sicily e La Spartenza di Salvo Cuccia, Man From Utopia (su Furio Jesi) di mio fratello Carlo Trombino e Claudia Martino, ed a una serie di musiche pubblicitarie per diverse committenze e a una trasposizione musicale-teatrale del libro L’età definitiva dello scrittore Giuseppe Schillaci. Ma non ho mai lavorato a un film di fiction. In realtà ci sarebbe in cantiere una collaborazione in tal senso, ma per il momento qualsiasi altro dettaglio è top secret…».

La proposta è arrivata da un regista americano. Di film horror, ovviamente.

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