La politica chiede ai giovani di votare. Ma nessuno si rivolge ai loro bisogni
Una sorta di “pubblicità progresso” con protagonisti dei giovani esorta quanti tra questi hanno diritto al voto a vivere le elezioni del 25 settembre come un dovere, cercando di sfatare il mito di una generazione disinteressata alla politica. Finito lo spot, c’è la vita vera, piena di tante contraddizioni, di cattivi esempi, di ricerca per lo più del proprio interesse o di parte, il tutto ben nascosto dietro quello sventolato del tricolore. «Le aspettative per queste elezioni sono molto basse – afferma Chiara, universitaria di Caltagirone – tanto che ho smesso di credere nella politica, che esistano buoni politici, nel cambiamento delle cose; però non perdo la speranza che prima o poi arrivi qualcuno che sia veramente un modello di onestà e possa ripristinare il tutto. In campagna elettorale fanno tantissime promesse a cui magari credi, ma poi, una volta seduti nella loro comoda poltrona, si dimenticano di chi li ha votati e di chi ha bisogno, soprattutto che è grazie a loro che sono lì. Il timore più grande è che le cose possano peggiorare ancora di più e che a pagarne le conseguenze sarà sempre la povera gente. Nonostante ciò, mi sento coinvolta e chiamata a fare una scelta importante a mettere la “x” su chi ritengo possa cambiare qualcosa o che almeno ci provi. La scelta è molto difficile proprio perché tutti i partiti alla fine sono uguali. Non esistono più la destra, il centro e la sinistra di una volta; si sta nel partito non perché si creda in quegli ideali bensì per gli interessi in gioco e lo dimostrano i tanti cambiamenti di partito da parte dei candidati».
Vista da questa realistica prospettiva, non si può certo parlare di disinteresse, semmai ci deve interpellare la disillusione legata ai fatti e alla concretezza, mista alla voglia di essere protagonisti, come dice Virginia, universitaria siciliana fuorisede a Torino: «Credo che ci sia una grande differenza tra l’essere e il sentirsi coinvolti alla mia età. Sì, mi sento coinvolta in questa nuova avventura legislativa: per la prima volta sceglierò i miei rappresentati in parlamento, ho l’opportunità di valutare chi meglio potrà rappresentare i bisogni e le necessità di una giovane studentessa che crede nell’oggi e guarda avanti al domani. No, non sono effettivamente coinvolta se parlassi nella veste di studentessa fuorisede che non potrà tornare a casa facilmente per esercitare il proprio diritto di voto. Sono stati pochi e banali gli incentivi previsti dal nostro governo (ancora una volta) per chi sente la necessità di dire la sua il 25 settembre, anche se lontano da casa. Mi aspetto più attenzione da parte della politica alle necessità giovanili, più incentivi, più trampolini di lancio. Ci è stato spesso ripetuto che noi siamo il futuro di questa terra. Che ben venga, allora, che qualcuno inizi a pensare a questo “futuro”, che costruisca basi solide per lasciarci tutto ciò che è necessario per ripartire da dove ci si è interrotti. La politica non è soltanto questione di seggi e poltrone; se fatta bene, per dirla con Don Luigi Sturzo “è vita nel senso più completo della parola”, è l’arma migliore per essere ascoltati, per scegliere, decidere e realizzare il cambiamento che desideriamo»