Tra infrastrutture inadeguate e problemi amministrativi, la Sicilia ha sete. Secondo gli ultimi dati Istat relativi alla rete idrica nazionale*, nel 2018 a nove siciliani su dieci è arrivata solo il 45% dell’acqua a cui avrebbero diritto. Se ogni anno degli 8,2 miliardi di metri cubi di acqua che entrano nella rete di distribuzione solo 4,7 vengono effettivamente erogati, le regioni del Nord-Ovest contribuiscono agli sprechi con un modesto 4%. Scendendo lungo lo Stivale la media si alza e la Sicilia è ancora una volta fanalino di coda. Solo nel capoluogo etneo, ad esempio, il 54,7% dell’acqua non arriva a destinazione. Ma anche le altre città dell’isola non se la passano meglio.   

TROPPA ACQUA SPRECATA. Nel dettaglio, le tre città metropolitane di Palermo, Messina e Catania, superano tutte la media nazionale di perdite idriche in distribuzione, con il picco raggiunto dal capoluogo etneo. Non dissimile la situazione a Ragusa, che rientra tra le province in cui le perdite totali sono più della metà del volume immesso. A fronte di simili dati e di altri problemi che attanagliano la Sicilia, come la siccità, l’erogazione dell’acqua potabile è minima in alcune città dell’isola. Normalmente la quantità di acqua erogata dipende dalle infrastrutture disponibili, dalla vocazione turistica del territorio, dalla struttura demografica e da dati socio-economici. In base a quanto detto, Enna nel 2018 ha avuto la minor quantità di acqua erogata: 118 litri al giorno per abitante, laddove la media nazionale è di 215. Anche Caltanissetta, Agrigento e Palermo si attestano ben al di sotto dei livelli nazionali. A influire su questi dati è anche la penuria di fontane con acqua potabile, che nelle città siciliane continuano a scomparire.

Grafico Istat

IL RICORSO AL RAZIONAMENTO. Gli scarsi quantitativi di acqua disponibile da erogare si traducono nella necessità di contingentare la sua distribuzione. Rispetto al 2018, nel 2019 il numero di capoluoghi di provincia che hanno fatto ricorso al razionamento dell’acqua è diminuito, ma in Sicilia molti hanno dovuto farlo. I motivi sono legati all’obsolescenza delle strutture idriche, alla qualità dell’acqua e alla bassa portata delle fonti di approvvigionamento.  Agrigento risulta la città con le restrizioni più severe: l’erogazione dell’acqua è stata sospesa o ridotta tutti i giorni dell’anno coinvolgendo tutti gli abitanti. Enna, Trapani, Caltanissetta e Palermo invece hanno subito interruzioni o riduzioni solo per fasce orarie e per zone. Fermo restando che tutti i dati disponibili risalgono al triennio 2018-2020, con maggiori informazioni sul 2018, si attendono eventuali aggiornamenti.

LE LAMENTELE SOPRATTUTTO AL SUD. Nel 2020 il 28,4% delle famiglie esprime ancora poca fiducia nel bere acqua di rubinetto (Figura 2). Sebbene l’indicatore sia diminuito progressivamente nel tempo (40,1% nel 2002), permangono ancora notevoli differenze territoriali: il Nord-est è al 20,5% e nelle Isole si raggiunge il 49%. Toccano le percentuali più elevate Sicilia (49,9%), Sardegna (46,6%) e Calabria (41,4%).

Statistiche Istat sull’acqua relative al triennio 2018-2020

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