La storia di Giufà raccontata in Norvegia come monito per le nuove generazioni
Nel sottoscala di casa dei miei genitori in Sicilia, tra scaffali impolverati pieni di libri vecchi e cianfrusaglie varie, dev’esserci ancora un vecchio VHS con una traballante registrazione ad opera di mio padre fatta trent’anni fa nella quale mi vedo io, bambino di quattro anni, che supplico la mia vecchissima bisnonna affinché mi racconti una storia di Giufà. Tre decenni dopo mi ritrovo a raccontare quelle stesse storie e quegli aneddoti pieni di peripezie ai bambini (figli di italiani e di italofoni) qui in Norvegia dove vivo. E se nella terra dei vichinghi una grossa fetta della letteratura è legata alla raccolta di fiabe popolari (Norske folkseventyr) a cura degli studiosi Asbjornsen e Moe che, seguendo l’esempio dei fratelli Grimm, viaggiarono per i freddi territori norvegesi raccogliendo e trascrivendo i racconti della tradizione orale direttamente dalle bocche dei contadini, in Sicilia abbiamo il nostro testimonial più importante in Giuseppe Pitrè.
Tra le storie raccolte dal Pitrè ci sono proprio gli aneddoti di Giufà, un personaggio che si lega alla tradizione giudaico-spagnola, che ha antichissime origini (addirittura in Turchia) e che, nel caso siciliano, ricalca episodi accaduti nelle campagne palermitane. Giufà è un personaggio sciocco, lo scemo del villaggio, il credulone che a volte ha guizzi di ingegno e riesce a cavarsela in situazioni a lui ostili. Quindi un personaggio adattabile alle diverse culture e sempre attuale. Un personaggio che nella cultura siciliana s’è trasformato nella figura retorica dell’antonomasia (si Giufà in dialetto siciliano, sei Giufà sta ad indicare una persona stupida e sprovveduta, appunto). Giufà non è il semplice analfabeta, ma la persona che non pensa, che ha una cultura legata prettamente a luoghi comuni e alla tradizione orale impartita dalla madre, che non ha la voglia di ragionare, che si fa abbindolare. Quasi un monito per le attuali generazioni così assuefatte ai ragionamenti preconfezionati.
Allo stesso tempo mi è sembrato opportuno citare Giufà come collante di popoli, in uno stato multiculturale come quello norvegese, la figura di Giufà, così trasversale tra le culture del Mediterraneo può rappresentare il punto in comune tra tutte le culture presenti qui in Norvegia. Un antieroe universale, ad indicare che le caratteristiche e i valori di ognuno di noi sono indipendenti dall’etnia di origine, ma legati alla natura intrinseca dell’uomo. Infine, malgrado la stupidità, ricordiamo che spesso Giufà riesce a cavarsela, vuoi per il fato, vuoi per l’estrema cretinaggine dei personaggi che provano a contrastarlo (che sembrano somigliare tanto ai troll del folklore norvegese quanto a caratteristiche comportamentali), rendendolo quasi un personaggio positivo. Ho voluto premiare idealmente Giufà raccontanto la storie “Giufà e i dieci asini” e “Giufà e i ladri”, rendendolo il primo di una serie di personaggi della cultura popolare italiana che ho intenzione di presentare ai bambini qui in Norvegia tramite incontri costruiti ad hoc, in alcuni casi semplificandone le caratteristiche ed adattando il linguaggio dei racconti, rendendolo più semplice ed appetibile ai bambini delle nostre generazioni.