Il dramma di Eschilo andrà in scena stasera al Teatro Antico di Catania con la direzione di Daniele Salvo. Abbiamo discusso col regista dell’importanza di proporre un’opera così carica di significati ad un pubblico contemporaneo, ma anche di alcune insidie che si nascondono in operazioni di questo genere

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]E[/dropcap]ssi avevano occhi e non vedevano, avevano le orecchie e non udivano». È così che Prometeo descrive gli uomini prima che questi ottengano il fuoco dalle sue mani e siano così strappati alle tenebre. Ancora oggi capita di avere occhi e non vedere come quando, passeggiando per via Teatro greco, non si nota che su uno dei margini della strada alcune pietre hanno resistito al tempo e alle intemperie per continuare a raccontarci storie vecchie e nuove. Restituire vista e udito è l’intento principale dell’Amenanos Festival che per tutto il mese di maggio all’ora del tramonto darà nuovamente voce alle antiche pietre del teatro greco-romano di Catania. Responsabile e produttore della rassegna è Michele Di Dio dell’Associazione Culturale Dide, da anni impegnato nel riportare il teatro classico nei principali siti archeologici siciliani. Il gioiello catanese diviene così per la prima volta set di una rassegna classica che alterna il repertorio greco a quello shakespeariano e che prende il nome da una delle sue peculiarità, l’acqua dell’Amenano che vi scorre. Ad inaugurare il cartellone stasera la prima assoluta del “Prometheus” di Eschilo, che sarà replicato il 4-5-6 maggio e di cui abbiamo parlato con il regista, Daniele Salvo, nome noto della rassegna classica di Siracusa.

Come avviene la preparazione alla regia di un grande classico come il Prometeo di Eschilo?

«È molto importante per prima cosa decodificare il testo, nei confronti del quale regista e attori dovranno assumere un atteggiamento rispettoso. Capita spesso infatti che il copione originale sia frainteso per via di una sovrapposizione intellettualoide da parte di chi dirige l’opera. E se è vero che ogni testo deve essere reso contemporaneo al grande pubblico, questa operazione non può passare attraverso la sovrapposizione delle idee del regista su quelle dell’autore, bensì dalla penetrazione dei significati più profondi che il testo stesso cela. È poi fondamentale confrontarsi con gli adattamenti passati, che nel caso di un’opera celebre come il Prometeo di Eschilo sono numerosi ed illustri, informarsi sulle problematiche filologiche poste dal testo e sulle molteplici traduzioni, e naturalmente avere un’approfondita conoscenza della tragedia classica».

Daniele Salvo
Daniele Salvo

Qual è il confine tra re-interpretazione di un’opera e travisamento di quest’ultima?

«Tra le due operazioni il confine non è poi così labile come potrebbe sembrare. L’idea di fondo è sempre la stessa: non bisogna sovrapporsi al testo per renderlo contemporaneo ma rispettarlo e scorgerne l’universalità. A questo proposito una metafora molto incisiva è quella che accosta i testi teatrali greci alle stelle: ciò che noi vediamo oggi è la luce di milioni di anni fa. Presa coscienza di questo dato dobbiamo farcene esperti lettori senza tradirne il fine originario e rispettandone l’essenza. Questo non significa compiere un’analisi polverosa di tipo universitario o scolastico, ma lavorare sul testo rendendolo fruibile a più livelli».

Il mito di Prometeo è stato oggetto di numerose interpretazioni, ma c’è un elemento a cui viene costantemente affiancato: il fuoco. Cosa simboleggia nella società contemporanea?

«Il fuoco che Prometeo ruba agli dei per affidarlo agli uomini rappresenta tutto, dalla tecnologia al progresso. Lo dimostra chiaramente il famoso monologo in cui il titano racconta l’evoluzione dell’uomo a partire dalle caverne, un’evoluzione che senza alcun dubbio giunge fino alla sonda spaziale Voyager 2. Il nocciolo della questione però non è tanto cosa questo fuoco rubato rappresenti, ma piuttosto cosa ancora oggi siamo disposti a perdere pur di ottenerlo, a quale costo avanziamo verso questo costante progresso. Se è infatti indubbio che l’evoluzione tecnologica ha reso le nostre vite più semplici, è altrettanto indubbio che abbia creato delle dipendenze che potrebbero rivelarsi nuove prigioni e che ci abbia privato di quel sentimento drammatico dell’esistenza, che connota tutta la grande poesia. Insomma la storia di Prometeo ci interroga oggi su quanto siamo ancora disposti a sopportare pur di reggere tra le mani quella fiaccola accesa».

La ribellione di Prometeo è stata oggetto di interpretazioni discordanti, vista talvolta come tracotanza, altre volte come una protesta per la libertà. Quali sono i connotati del tuo Prometeo?

«Nel Prometeo che porto in scena ci sono in realtà entrambi gli elementi: c’è la hybris, quell’insolenza umana nei confronti del divino, ma c’è anche la ribellione e il coraggio di varcare i limiti posti dalla divinità per amore dell’uomo. Nel passato Prometeo è stato solitamente rappresentato come un personaggio freddo e privo di sentimenti, non credo sia così. Il suo monologo racconta un amore disperato, un indicibile rapporto viscerale con l’uomo, oltre ad essere un brano di alta poesia».

L’Eschilo da te diretto inaugura “l’Amenanos Festival”, un cartellone classico ospitato integralmente dal teatro greco-romano di Catania. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi del recitare in un teatro così antico e a cielo aperto?

«I vantaggi derivano senz’altro dalla possibilità di recitare in un luogo unico al mondo e che ha tutte le caratteristiche tecniche per la messinscena del repertorio teatrale greco, insomma è un po’ come dirigere un’opera shakespeariana al Globe Theatre. Questi antichi teatri offrono una scenografia suggestiva che si pone in comunicazione con lo spettatore. L’Odéon di Catania poi traspira storia e memorie non solo attraverso le pietre ma anche mediante l’acqua che sgorga al suo interno. Purtroppo però ci sono anche molteplici svantaggi, come ad esempio le limitazioni imposte dalle caratteristiche del luogo, i rumori circostanti e non per ultimo il boicottaggio spesso messo in atto da alcune realtà locali limitrofe. In questo caso va detto che il Comune di Catania ha sempre sostenuto la rassegna e non ha mai tentato di ostacolarne la buona riuscita».

I prossimi appuntamenti della rassegna sono “Choros. Le voci della tragedia” diretto da Marco Podda (10-11 maggio), “Sonetti d’amore” di William Shakespeare (17-18 maggio) e “William and Elizabeth” (19 maggio) entrambi diretti da Melania Giglio.

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