Dalla Sicilia all’Ungheria, andata e ritorno,  per coronare il sogno di un’adozione. La storia di Salvatore, Antonella e del piccolo Daniel, più forte dei divieti e dei preconcetti 

[dropcap]A[/dropcap]i tempi del lockdown in cui gli aeroporti sono chiusi, le città sorvegliate e lo Stretto di Messina blindato, essere viaggiatori è un crimine di guerra. Ma è così per tutti? Circa un mese e mezzo fa Salvatore e Antonella cominciano il loro viaggio per diventare genitori: partiti da Santa Venerina, in provincia di Catania, arrivano in Ungheria e lì restano fino al completamento della pratica d’adozione. Il sogno è realizzato: la famiglia, ora al completo con il piccolo Daniel, può tornare al nido, se non fosse che nel frattempo il coronavirus ha bloccato alberghi, voli e vite. Forti dell’appoggio commosso del loro sindaco e del sostegno garantito dalla Farnesina, attraversano duemila chilometri con una macchina a noleggio. Un tragitto rocambolesco fra pioggia, neve, controlli e incidenti, con l’ansia alla gola e la gioia nel cuore. Finalmente, dopo due giorni di viaggio e un’estenuante attesa a Villa San Giovanni, la notte del 25 marzo giungono a casa dove rispetteranno la quarantena.
In questi giorni di caccia all’untore, forse dovremmo farci qualche domanda. Mentre infatti incitiamo i bambini a scarabocchiare arcobaleni e colorati «Andrà tutto bene», sventoliamo post con scritto «Nessuno entri in Sicilia», freddi come le secchiate d’acqua che qualcuno ha scaraventato sul passante di turno, anche se si tratta di una farmacista che ritorna a casa dopo una giornata di lavoro. Abbiamo a lungo parlato di quanto sia vitale rispettare i provvedimenti. E continueremo a farlo. Ma facciamo in modo di restare immuni alla tentazione qualunquista di ergerci a inquisitori e di considerare l’altro un potenziale untore. Dietro quella paurosa cifra a quattro zeri di siciliani rientrati nell’Isola ci sono tanti volti dalle mille storie: non tutti sono annoiati fuorisede o aspiranti turisti del Salento. La legge è uguale per tutti, urliamo. Ma nel dirlo dobbiamo ricordare che trova la sua ragion d’essere nell’utilità sociale, perciò ammette eccezioni. In questa terra assolata ci hanno abituati a credere (con il nostro benestare) che le eccezioni esistono per i capricci di chi è raccomandato. No, le eccezioni esistono per garantire l’umanità della giustizia. La storia di Salvatore e Antonella è questa garanzia. In un momento d’emergenza in cui tuona prepotente la parola morte, questa storia ne schiude la nemesi: Amore. 

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