Un sodalizio tra fisica nucleare e archeologia». Andrea Orlando, il primo archeoastronomo siciliano, ci mostra l’isola per una volta come avanguardia nazionale. Tra scoperte archeologiche, difficoltà del settore e promesse, con uno sguardo sugli eventi imperdibili di cui sarà protagonista questo ottobre.

Come e quando l’astronomia incontra l’archeologia?
«Ho coltivato la passione per i beni culturali e per le civiltà antiche sin da ragazzo. Al termine del dottorato di ricerca in astrofisica nucleare  alla Scuola Superiore di Catania, ho avuto l’opportunità di frequentare il laboratorio LANDIS di INFN, ovvero il Laboratorio di Analisi Non Distruttive in Situ, ai Laboratori Nazionali del Sud. Landis si occupa di archeometria, cioè di applicare la fisica nucleare ai beni culturali, ed è qui che è nata l’idea e l’esigenza di fondare il primo Istituto di Archeoastronomia Siciliana. Ho riunito professionisti del settore e ricercatori accomunati dall’interesse per l’astronomia culturale, avviando perciò una ricerca multidisciplinare supportata dalla cooperazione di diverse figure professionali, quali antropologi, geologi, archeologi, astronomi: così mi sono dedicato alla scienza delle pietre e delle stelle».

Andrea Orlando

Qual è il ruolo della Sicilia nel panorama archeoastronomico italiano?
«In Italia la ricerca archeoastronomica è ancora agli inizi, pensi che al momento esiste solo una cattedra universitaria al Politecnico di Milano. Ho formato l’Istituto per sopperire a questa mancanza e negli ultimi anni diverse soprintendenze siciliane, non solo quella di Catania ma anche quella di Siracusa, sono sempre più attive e premono per coinvolgerci in svariati progetti di ricerca: uno su tutti lo studio della necropoli dell’età del Bronzo di Thapsos, nel comune di Priolo Gargallo, o ancora lo studio dell’orientamento dei templi greci di Agrigento. La Sicilia è diventata un faro sotto questo punto di vista, perché nel panorama italiano, a parte la Lombardia, non c’è tantissimo ed il gruppo siciliano è davvero forte». Particolare attenzione abbiamo dedicato all’altopiano dell’Argimusco, nel messinese. Situato al confine tra i Nebrodi e Peloritani, ne abbiamo studiato le formazioni rocciose dai caratteri antropomorfi e zoomorfi. Un luogo straordinario a cui abbiamo dedicato anche il film “Argimusco- Il Mistero delle Pietre”».

L’Etna visto dall’Argimusco – foto Leandro Perrotta

Esiste una Stonehenge siciliana?
L’Argimusco viene impropriamente definita la Stonehenge siciliana, ma noi non abbiamo una cultura megalitica strictu sensu, come in Sardegna, perché la disposizione delle pietre è naturale e non è stata determinata dalla mano dell’uomo. Disponiamo infatti di un’altra tipologia di strutture naturali antropizzate, e l’esempio più proprio è il piccolo cromlech di Maletto, formato da una decina di pietre basaltiche riunite in una struttura spiraliforme. Unico nel panorama siciliano, il suo azimut (270°) indica proprio il punto in cui il sole tramonta agli equinozi. Questo dato ci permette di avvalorare ulteriormente la tesi di una struttura culturale o religiosa, anche se non sappiamo ancora di quale culto si tratti. Al confronto con gli studi del mondo greco e di quello romano, la preistoria e la protostoria siciliana sono tristemente sconosciute. L’archeoastronomia vuol far riemergere questa storia straordinaria e raccontare il territorio rintracciando il lascito dei nostri antenati»

Quali sono i prossimi eventi da non perdere?
«A fine ottobre i fari dell’archeoastronomia saranno puntati sulla Sicilia. Dal 25 al 28 a Montalbano Elicona, in provincia di Messina, si terrà un importante convegno, organizzato da due commissioni dell’UNESCO, quali ICAHM E ICOMOS. Ricercatori da tutto il mondo verranno in Sicilia, a mille metri di altezza, in un luogo estraneo al turismo di massa e sconosciuto ai più persino tra i siciliani. Il convegno prevede un approccio multidisciplinare, c’è chi porterà i droni per fare l’analisi dall’alto, chi piccoli georadar, e ognuno darà il suo contributo. Da anni che cercavamo di organizzare un evento che avesse una così grande risonanza, ed è stato possibile grazie all’interesse dell’ambasciatore Unesco per l’isola di Malta, Ray Bondin, che ha preso a cuore la Sicilia e il suo patrimonio straordinario».

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