Siamo in periodo estivo e, magari in cerca di un refrigerio che per la verità quest’anno è stato difficile raggiungere anche all’aperto nelle ore notturne, il nostro sguardo si è sollevato più frequentemente verso il cielo stellato, regalandoci, nonostante l’inquinamento luminoso, il consueto spettacolo di stelle, costellazioni e pianeti. Ma, un momento, siamo sicuri che tutto sia consueto, che quanto osserviamo continui a voler dire sempre le stesse cose, o c’è qualcosa di nuovo da imparare ogni volta dalla realtà, che sia quella visibile a occhio nudo o quella che i più grandi strumenti di osservazione astronomica ci consentono di rivelare?

È recentissimo, ad esempio, uno studio, pubblicato su Nature Astronomy, che discute come lo scintillìo delle stelle non sia dovuto solo all’attraversamento dei raggi luminosi nell’atmosfera terrestre, ma anche a fenomeni che accadono alla superficie delle stesse stelle, un fenomeno la cui variabilità è troppo debole per essere osservata ad occhio nudo, ma che è stata messa in evidenza da studi fotometrici di elevata precisione condotti negli ultimi tre o quattro anni.

A differenza delle stelle, i pianeti
si presentano con una luce
generalmente stabile
perché molto più vicini a noi
e perché i loro raggi luminosi
attraversano strati differenti
dell’atmosfera terrestre


Lo scintillìo delle stelle è qualcosa che certamente noi tutti abbiamo osservato alzando gli occhi al cielo. La luce delle stelle appare pulsare, cambiare rapidamente di intensità, talvolta addirittura cambiare il proprio colore, specie quando osserviamo le stelle basse sull’orizzonte. La ragione è dovuta all’attraversamento dell’atmosfera terrestre da parte dei raggi luminosi. L’aria contenuta nell’atmosfera è infatti in continuo movimento, e non omogenea: segue dei moti caotici. Correnti d’aria, anche ad alta quota, differenti temperature e densità, l’umidità, … sono tutti aspetti che influenzano la propagazione della luce nel suo percorso per giungere ai nostri occhi. Vediamo effetti simili quando osserviamo delle immagini sopra l’asfalto rovente delle strade: le immagini ci appaiono fluttuare, distorte nel passare attraverso gli strati turbolenti di aria calda. Anche la luce delle stelle subisce lo stesso trattamento nell’attraversare grandi spessori di aria nell’atmosfera, con il conseguente scintillìo caratteristico, che ci consente talvolta proprio di distinguere le stelle dai pianeti.


Già, perché i pianeti, a differenza delle stelle, si presentano invece con una luce generalmente stabile, che non sfarfalleggia. Il motivo è che i pianeti, pur essendo intrinsecamente più piccoli rispetto alle stelle, sono enormemente più vicini a noi, tanto che anche a occhio nudo per quelli più luminosi, come Venere, Marte, Giove e Saturno, possiamo percepirli come dei “dischetti” anziché come semplici punti. I raggi luminosi emessi dalla superficie dei pianeti arrivano a noi attraversando strati differenti dell’atmosfera e l’effetto dei disturbi sui raggi luminosi viene per così dire mediato su diverse direzioni, con un risultato più stabile rispetto al singolo raggio luminoso ricevuto da una sorgente puntiforme.

Le stelle presentano già in partenza
piccole variazioni dell’intensità luminosa.
Una parte di queste è dovuta a moti
convettivi e turbolenti sulla superficie


Sembra dunque che questi effetti di brillìo, di luccichìo, nel caso delle stelle siano dovuti alla presenza dell’atmosfera attraversata. Se andassimo a grande distanza dalla Terra, in assenza dell’atmosfera, vedremmo anche la luce delle stelle come una luce stabile. I raggi luminosi emessi dalla stella non subirebbero alcuna interazione con il vuoto interstellare e arriverebbero all’osservatore con una luminosità costante. È qui che intervengono le recenti misure di precisione dell’intensità di alcune stelle e la loro interpretazione, come nell’articolo citato. Queste mostrano che le stelle presentano intrinsecamente, cioè già “in partenza” piccole variazioni della loro intensità luminosa, e che almeno una parte di queste variazioni potrebbe essere dovuta a moti convettivi e turbolenti generati alla superficie della stella, una qualche analogia con quanto avviene in fase di “arrivo” dei raggi luminosi nell’atmosfera.

Analogie sì, ma differenze notevoli tra i due fenomeni, perché le variazioni di luminosità sono molto più ridotte rispetto allo spettacolo del brillìo che osserviamo a occhio nudo, ma anche perché la scala dei tempi in cui queste variazioni avvengono può essere stavolta dei giorni, o addirittura di molti anni, mentre il brillìo che noi osserviamo guardando il cielo stellato avviene in frazioni di secondo. Insomma, anche la luce delle stelle è soggetta a variazioni locali, ma essendo le stelle enormi questi fenomeni avvengono più lentamente. Tutto sommato, le stelle possono permetterselo, dato che durano miliardi di anni.

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