Macerie nel cuore dell’Europa. Sfollati alla disperata ricerca di un riparo. Sguardi sospesi in un tempo che ha smarrito il senso della speranza. Da un anno a questa parte, da quando il conflitto russo-ucraino ha preso formalmente avvio, è questo il genere di immagini a cui siamo quotidianamente esposti. Sconcertati come chi, dopo anni di torpore, si rende conto di quanto, ancora una volta, gli uomini non abbiano fatto tesoro del passato. Perché basta tornare indietro di appena trent’anni, e spostarsi di non molti chilometri, per ritrovare gli stessi occhi sofferenti, le stesse domande senza risposta. Basta ripensare all’assedio di Sarajevo, avvenuto tra il 1992 e il 1996 durante i sanguinosi conflitti balcanici. A memoria di quell’evento drammatico – e ad ulteriore condanna di quanto sta avvenendo nel nostro tempo – l’associazione La porta di Vetro, dal 10 febbraio al 19 marzo 2023 promuoverà, negli spazi del Museo Storico Nazionale d’Artiglieria, nel Mastio della Cittadella, una mostra fotografica intitolata La lunga notte di Sarajevo. L’inaugurazione è prevista per giovedì 9 febbraio dalle ore 17:30 alle ore 21:00.

©Paolo Siccardi Sarajevo, gennaio 1993. Una fotografia del maresciallo Tito, padre della Jugoslavia capitolata all’inizio degli Anni Novanta, tra le macerie di una scuola elementare distrutta dai bombardamenti.

IL TRIONFO DELL’ASSURDO. Patrocinata dal Comune di Torino, e sostenuta dal Consiglio regionale del Piemonte e dal Comitato regionale Diritti Umani e Civili, l’esposizione, inserita per di più all’interno delle attività previste per il centenario della l’Associazione Artiglieri d’Italia, sarà curata da Tiziana Bonomo e raccoglierà gli scatti realizzati dal fotoreporter Paolo Siccardi, autore di numerosi reportage sul campo martoriato della città oggi bosniaca e Medaglia d’oro del Presidente della Repubblica per la partecipazione alla mostra fotografica collettiva Exodos del 2017. Trenta, per la precisione, le istantanee, divise in cinque gruppi, in bianco e nero e in formato medio-grande, che accompagneranno i visitatori lungo un percorso di dolorosa consapevolezza. C’è spazio, infatti, per la follia di coloro che vennero schiacciati dalla cappa di terrore dei bombardamenti; per i silenzi assordanti della solitudine; per la morte che diventa qualcosa di paradossalmente frequente. Un percorso che, seguendo una suggestione indicata da Susan Sontag nel suo volume dedicato proprio al massacro di Sarajevo Il Dolore degli Altri, la curatrice ha voluto non a caso legare alle atmosfere malinconiche, paralizzate e surreali del capolavoro di Samuel Beckett Aspettando Godot.

©Paolo Siccardi Sarajevo, settembre 1993. Vedran Smailovic, primo violoncellista della Filarmonica di Sarajevo, suona per 22 giorni “l’Adagio in Sol minore” di Albinoni tra le rotaie e i treni divelti dalle esplosioni. Ricorda in questo modo i sedici civili uccisi il 27 maggio 1992 da un colpo di mortaio mentre facevano la fila per comprare il pane.

UNA CREPA DI LUCE. Ma ci sono anche, nell’oscurità della tragedia, squarci improvvisi di luce. Piccoli ma intensi tentativi di recuperare qualche istante di normalità immortalati da Siccardi con grande sensibilità. Come lo scatto che ritrae il musicista Vedran Smailović, in smoking, mentre impugna l’archetto per dare voce al suo violino, in mezzo a delle rotaie che conducono chissà dove, forse verso una delle tante aree devastate della città. Le immagini saranno accompagnate dai testi di Marco Travaglini e Michele Ruggiero: un monito affinché vengano osservate, scrutate, analizzate in profondità e con empatia. E poi interiorizzate, fatte proprie. Perché solo chi è incapace (o indisponibile) di ricordare può amare la guerra e la sofferenza che essa porta in dote.

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