«Non ho mai pensato di piegare un testo teatrale a un mezzo digitale, eppure “La mia esistenza d’acquario” mi ha suggerito un senso di costrizione e di claustrofobia dello spazio fisico». Uno spettacolo pensato per lo streaming basato su un testo poco noto di Pier Maria Rosso di San Secondo, interpretato da 17 attrici che impersonano un’unica voce. Questa la scommessa di Lydia Giordano, che debutterà domani (23 settembre) e sarà fruibile fino al 3 ottobre esclusivamente in digitale sulla piattaforma Zoom. L’appuntamento sarà l’occasione per salutare la stagione estiva del Teatro Stabile di Catania e proiettarlo verso il nuovo cartellone. Con la giovane regista catanese abbiamo discusso dell’idea alla base di un progetto così peculiare e delle difficoltà di una simile messa in scena. «Non ho idea di come il pubblico reagirà alla fruizione web e non so se lo spettacolo annoierà e se il mezzo digitale reggerà il linguaggio, ma sono grata a Laura Sicignano per aver creduto in questo folle progetto».

«Lo schermo può suscitare delle possibilità d’immaginazione: ad una limitazione fisica segue un’evocazione immaginifica»

Che cosa l’ha spinta a mettere in scena proprio questo testo? Il viaggio – inteso come fuga e ricerca – è un tema ricorrente nella drammaturgia di Rosso di San Secondo. Da regista, come ha vissuto il suo personale viaggio in un progetto così innovativo?
«I primi giorni di lockdown ho trovato il romanzo di questo autore, ahimè troppo poco conosciuto. Ritengo che Rosso di San Secondo sia capace di scrivere di personaggi femminili in maniera vibrante. Non appena conclusa la lettura del libro, non ho avuto scelta, non potevo lasciarlo nascosto. Così ho contattato l’editore, Sciascia, il quale mi ha fatto recapitare l’unica edizione stampata per il comune di Caltanissetta dieci anni prima. Poco dopo arrivarono a casa mia 17 copie, 17 piccoli libretti azzurri. Lo schermo può suscitare delle possibilità d’immaginazione: ad una limitazione fisica segue un’evocazione immaginifica. Inoltre, ho concepito il disegno come forma di accompagnamento, nato sempre da una reazione al reale, da un impeto. Ogni capitolo del libro mi ha suscitato un’impressione o anche solo una macchia di colore da affiancare ai 17 monologhi in scena. Ho comunque deciso di non fare alcun tipo di adattamento linguistico perché volevo che emergesse la cifra visionaria e moderna dell’autore».

Al centro della vicenda troviamo una relazione madre-figlia alquanto conflittuale che poi raggiunge il suo climax con l’assassinio della madre. Che cosa innesca questa perdita nella protagonista?
«Lauretta dice: “Mamma, ti sei fatta uccidere e mi hai costretto a essere una continuazione di te”. Per l’assenza materna, la giovane resta bloccata in una posizione scomoda che non la fa sentire se stessa. In questo stato di semiveglia ottiene la sua vendetta, uccidendo il carnefice della madre. Questo per dire che, a volte, gli altri ci confinano in una visione di noi che riescono a gestire; eppure l’individuo ha bisogno di conoscere anche le parti più scomode del proprio essere e di sfuggire a qualunque forma di cristallizzazione. L’auspicio di Lauretta è, dunque, intraprendere una strada di libertà e di ascolto».

Un cast tutto al femminile racconta un dramma prettamente femminile. Quali sono stati i punti di contatto tra lei, le interpreti e il giovane personaggio di Lauretta?
«Diversi sono i momenti in cui potremmo rivederci in Lauretta: il rifiuto d’amore, l’impotenza di fronte a un lutto, l’incapacità di essere presenti a se stessi, il senso di abbandono, l’illusione della gioia che può dare un nuovo amore. Poi, ci sono alcuni frammenti del romanzo che rievocano le mie memorie infantili legate all’universo teatrale similmente a quanto vissuto dalla protagonista, ma non vorrei forzare alcun parallelismo».

«Dopotutto il teatro è il mio modo di sopravvivere a me stessa, ai miei dolori e alle mie confusioni»

Il teatro è in continua trasformazione e la sua scelta di debuttare su Zoom ne è la perfetta dimostrazione. Che scelte registiche ha adottato per ovviare al mancato contatto fisico?
«Questo spettacolo è l’inizio di una ricerca. Con le attrici ho lavorato in totale indipendenza: ognuna di loro porterà in scena una voce intima e personale, pur essendo parte dello stesso personaggio. Nel primo capitolo del libro Lauretta confessa: “Lo stupore vegetale è l’unico che mi comprende e che io comprendo, perché tutto il resto d’umano io non lo capisco più”. Ho quindi cercato intensamente questo tipo di contatto: l’espressione di una voce che potesse prendere le parole della natura. Dopotutto il teatro è il mio modo di sopravvivere a me stessa, ai miei dolori e alle mie confusioni. Spero che questo folle tentativo trasmetta agli spettatori una vivida possibilità di sollievo da un dolore personale».


Da mercoledì 23 a sabato 3 ottobre, ore 21.00,
in diretta su Zoom
LA MIA ESISTENZA D’ACQUARIO
regia di Lydia Giordano

con Sara Firrarello, Viola Graziosi, Roberta Lidia De Stefano, Caterina Luciani, Barbara Giordano, Deniz Ozdogan, Manuela Ventura, Sara Lazzaro, Silvia Valsesia, Egle Doria, Lisa Galantini, Isabella Macchi, Alice Spisa, Irene Timpanaro, Aurora Peres, Mila Vanzini, Roberta Caronia

Direzione della fotografia Valentina di Mauro
Si ringrazia Edmondo Romano per il brano Preghiera 
direttore di scena Antonio Ferro 
coordinamento tecnico Gaetano La Mela, Andrea Bruno 
tecnico luci Salvo Costa
direttore tecnico e degli allestimenti scenici Carmelo Marchese 
produzione Teatro Stabile di Catania

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