Lisette Oropesa: «Il mio sogno di cantare Bellini diventa realtà»
«Si è dimostrata una Susanna vocalmente e fisicamente agile, con un timbro attraente, setoso e flessibile. I suoi fini istinti comici e il suono allegramente brillante l’hanno messa al comando del palcoscenico. Ma ha anche trasmesso profondità emotiva, in particolare nel suo commovente e cupo resoconto di “Deh vieni, non tardar” nell’atto finale». Scriveva così il critico musicale Allan Kozinn sul “New York Times” all’indomani del debutto di Lisette Oropesa ne “Le nozze di Figaro” di Mozart al Met di New York. Era il 2007 e da allora il nome del soprano americano è stato sulle locandine dei più importanti teatri, diretta da grandi maestri come Riccardo Muti, Yannick Nézet- Séguin, Anthony Pappano, Daniele Gatti. Eppure questa grande diva del nostro tempo, che il grande pubblico televisivo ha potuto apprezzare in “A riveder le stelle”, spettacolo inaugurale della Scala, e nel film-opera “La Traviata” con la regia di Martone, lontano dai palcoscenici internazionali mostra tutta la sua naturalezza. Per la prima volta in Sicilia, la Oropesa sarà ospite d’onore questa sera al BelliniinFest con il recital “La sua voce soave”. L’abbiamo incontrata per farci raccontare il suo rapporto con Bellini, la sua vita d’artista e del suo straordinario dono.
Nel suo repertorio c’è Mozart ma anche Rossini, Verdi, Wagner e Donizetti. Come mai ha atteso così a lungo prima di confrontarsi con Bellini?
«In verità, sin dall’inizio dei miei studi ho sempre affrontato le pagine belliniane. Ho sperato più volte di cantarlo ma non si è mai presentata l’occasione. A un certo punto ho anche temuto che questo giorno non sarebbe mai giunto; invece i miei debutti nel ruolo di Elvira a fine agosto al Gstaad Menuhin Festival e in quello di Giulietta, il prossimo anno alla Scala, arrivano al momento giusto».
Questa sera per l’inaugurazione del festival dedicato al Cigno catanese la sua voce, accompagnata dal Coro e dall’Orchestra del Teatro Massimo Bellini di Catania con la direzione del Maestro Fabrizio Maria Carminati, risuonerà alla Villa Bellini. Come è stato lavorare insieme per la prima volta?
«Il Maestro Carminati è bravissimo; è la prima volta che lavoro con lui ma credo che sia un grande musicista, un estimatore del belcanto e un eccellente conoscitore di voci. Lavoriamo insieme da qualche giorno ma è come se mi conoscesse da sempre. Ho apprezzato l’immediata sintonia che si è instaurata con l’Orchestra del Teatro Massimo Bellini. È davvero raro che questo avvenga, quindi mi sento onorata di essere qui».
A quale eroina belliniana si sente più vicina?
«Oltre a Elvira e Giulietta mi piacerebbe molto cantare “La sonnambula”, il mio sogno. Ho eseguito le arie di Amina per tante audizioni ed è proprio con “Care compagne… Sovra il sen la man mi posa” che aprirò il concerto di questa sera. Norma invece è un ruolo che si adatta a una voce più corposa, anche se nella vita non si può mai sapere perchè noi cresciamo, la voce cambia; chissà che fra cinque o dieci anni non sia in grado di interpretarlo ma per il momento non voglio forzare».
Rebecca Oropesa Ullae, Anna Moffo, Renata Scotto, Mirella Freni. Quali di queste donne ha avuto un peso maggiore nella sua vita artistica?
«Probabilmente mia madre; anzi sicuramente mia madre. Lei era ed è una bravissima cantante e da piccola io la imitavo; ascoltavamo insieme i dischi, provavamo un acuto, una cadenza, un’aria. Così ho cominciato ad avvicinarmi sempre di più al canto sebbene già studiassi flauto. Non credo però che mia madre pensasse che io sarei dovuta diventare una gran diva piuttosto voleva che io trovassi la mia strada. Probabilmente sapeva già che come flautista non sarei stata felice come quando interpreto un personaggio sul palcoscenico, esprimendo tutte le potenzialità della mia voce, che è un vero dono di Dio».
Ha perso 40 kg in cinque anni. È stata una scelta dettata da uno stile di vita sano oppure dalle dure regole imposte dallo show business, che sempre più spesso impone alle cantanti un certo tipo di standard di bellezza?
«L’uno e l’altro. All’inizio della mia carriera, quando facevo parte del programma per giovani artisti al Met, i direttori volevano che io dimagrissi. Mi dicevano che la mia voce non rispecchiava il mio fisico e che continuando così non avrei avuto molte opportunità. Così ho cominciato a fare sport, un po’ di dieta ed ho perso dei chili. Tuttavia nella mia famiglia molti soffrono di problemi di cuore, di diabete e colesterolo alto, così su suggerimento del medico ho deciso di cambiare stile di vita per non andare incontro a problematiche di questo tipo già a vent’anni. Oggi non sono magra come quando facevo le maratone, ma mi sento bene, mangio in maniera sana e sono anche riuscita ad evitare l’effetto yo-yo».
Com’è ha vissuto l’esperienza del film-opera “La Traviata”, diretto dalla coppia Martone e Gatti e trasmessa su Rai3, per chi come lei è abituata al contatto con il pubblico?
«Posso dire che non ero preparata a quel tipo di difficoltà perché cantare un ruolo dall’inizio alla fine come facciamo in teatro è una cosa, ma quando devi ripetere le stesse scene più volte lavorando anche dieci ore al giorno allora capisci veramente quanto è complesso fare cinema. Da Mario (Martone) mi sono sentita molto sostenuta, tanto da provare cose nuove che non potrei mai fare in palcoscenico. È stata una bella esperienza anche se faticosa».
Crede che grazie alla televisione si possa avvicinare il pubblico al teatro?
«Sì, secondo me può essere un’opportunità per arrivare a molti, anche in altri paesi a patto che l’opera non diventi mai cinema perché non lo è, è teatro. Il problema inoltre è che attraverso lo schermo, televisivo o del computer, le voci operistiche arrivano falsate mentre per poterne godere appieno il valore dovrebbero essere sentite senza microfono in un teatro dove c’è una buona acustica con l’orchestra posizionata nel golfo mistico».
Lei ha lavorato con diversi registi, penso a Katie Mitchell, David McVicar, Hans Neuenfels, Damiano Michieletto, che per “Rigoletto” ha voluto che si spogliasse. Come si fa a conciliare le esigenze del canto con quelle creatività?
«È importante che un cantante non arrivi mai alle prove con delle idee precostituite sul personaggio perché avrebbe dei problemi. Tutti i registi ti chiedono se puoi provare una cosa nuova o diversa dal solito, quello che conta è riuscire a convincere gli spettatori della visione del regista e del direttore d’orchestra credendo in ogni momento che tutto quello che stai facendo sia verità, altrimenti il pubblico perde interesse e lo spettacolo non funziona».
C’è un sogno nel cassetto che vorrebbe realizzare?
«Mi sento la più ricca di tutti, benedetta e molto, molto fortunata. Cos’altro potrei chiedere?»