«La situazione è molto grave, non tanto per la perdita di abbonati che con un po’ di ottimismo conto di recuperare velocemente, quanto per lo stato degli uffici, della sala e delle sovvenzioni, che negli ultimi anni sono talmente scese che se si continua in questo modo sarà inevitabile la chiusura. Penso che non sia questa la volontà della città, quindi bisogna rimboccarsi le maniche e tornare in alto». Parla senza mezzi termini Luca De Fusco, il nuovo direttore del Teatro Stabile di Catania, e lo fa analizzando lucidamente quali sono i problemi che dovrà affrontare prossimamente, per riportare in auge l’Ente. È una chiamata alle armi la sua, che inizia dagli artisti del territorio, i quali in passato hanno più volte lamentato una mancanza di dialogo con la vecchia direzione, ma si rivolge anche ai cittadini catanesi invitandoli a tornare in sala.

Ieri si è chiusa la prima sessione di provini, che ha visto le partecipazioni di 180 fra attori e attrici, e un’altra è già prevista a metà maggio con un altro centinaio di presenze. Ora è chiaro che non tutti gli artisti presenti sul territorio potranno essere impiegati nelle prossime produzioni, dato che la mancanza di fondi ha spinto De Fusco a cercare collaborazione con altre realtà teatrali, dimezzando di fatto le chance per gli artisti locali. Come se non bastasse, pare poi che gli attuali abbonati siano 1.000, numeri molto lontani dal passato quando ci si attestava attorno alle 10 mila sottoscrizioni. Un dato che va sì imputato alla varietà dell’offerta teatrale che, a differenza di qualche anno fa, oggi Catania può vantare, ma anche ad una serie di scelte artistiche che hanno fatto disamorare molti irriducibili spettatori. Certo, De Fusco è un veterano del teatro che ha diretto per due mandati lo Stabile del Veneto, il Napoli Teatro Festival e il Teatro Stabile partenopeo – che in soli quattro anni è riuscito a diventare Teatro Nazionale – e sulla carta è il profilo ideale per scongiurare il crollo, anche se speravamo di non sentir più parlare di crisi legata a uno dei primi Stabili nati in Italia.

Direttore De Fusco, tenterà l’impresa di Teatro Nazionale anche con lo Stabile di Catania?
«Qui dobbiamo cercare di non chiudere. Stiamo giocando in zona retrocessione e dobbiamo rimanere in serie A, è questo al momento la posizione della squadra. Dopodiché, quando ci saremo assestati e avremo risolto tutta una serie di problemi, si potrà pensare seriamente a diventare un Teatro Nazionale».

Ha parlato di molteplici problemi, a cosa si riferisce nello specifico?
«Mentre il Biondo ha sovvenzioni dalla Regione Siciliana per 2,5 milioni di euro, noi in dieci anni abbiamo perso un milione passando da 2,4 milioni di euro del 2012 agli attuali 1,5 milioni di euro, di cui 500 mila euro sono destinati al mutuo per la passata situazione debitoria. Capisce bene la differenza. In più, per quanto le sovvenzioni comunali a Palermo subiranno un’inflessione nel prossimo anno, i nostri cugini percepiscono annualmente 1,5 milioni di euro mentre il Comune di Catania, essendo in dissesto, contribuisce con 150 mila euro l’anno. Un altro milione in meno che ci fa arrancare nella gara con il ministero».

Eppure per molto tempo Catania, insieme a Milano e Genova, ha rappresentato uno dei primi Stabili in Italia, luoghi di cultura e di crescita per la città e gli artisti.
«Per tanto tempo Catania è stata una meta molto ambita perché se si riusciva a fare tappa qui, era più facile raggiungere poi Messina e Palermo. Da quando le programmazioni si sono ridotte, è diventato più difficile portare le grandi compagnie, anche perché il nostro palcoscenico non è in grado di accogliere grandi produzioni. Lavia verrà quest’anno perché propone uno spettacolo di dimensioni più ridotte, altrimenti saremmo stati costretti, come in passato, ad andare al Bellini».  

Ha già annunciato che nella prossima stagione vedremo l’adattamento di molte opere di scrittori siciliani ma anche testi di Pirandello. È un ritorno al passato?
«No, bisogna semplicemente tornare all’identità del Teatro. La nostra è legata alla letteratura siciliana, questo però non vuol dire che non ci sarà spazio anche per altri autori. Nessun teatro deve essere monotematico, ma io credo che ci siano funzioni diverse per ciascuno Stabile. Se quello del Veneto, il primo che ho diretto, è intitolato a Carlo Goldoni, è inevitabile che promuova le opere del drammaturgo veneziano, così come lo Stabile di Catania non può prescindere da Pirandello che è il più grande drammaturgo del Novecento, ma anche da Sciascia, Verga, Brancati. La letteratura isolana ha un peso importante, ricominciamo da quello che ci caratterizza».

Un’altra peculiarità del nostro teatro è sempre stata la scuola di recitazione intitolata a Umberto Spadaro. Crede che prima o poi la si possa ripristinare?
«La nostra presidente, Rita Gari Cinquegrana, ha insegnato per anni nella scuola, quindi è ovvio che sia in cima ai suoi pensieri come anche ai nostri ma per il momento primum vivere, poi vedremo il da farsi».

Catania vive anche un momento di crisi legata alla drammaturgia contemporanea. Ha previsto qualcosa per sostenere la creatività dei giovani autori?
«Naturalmente sì, nello spazio Futura realizzeremo un fringe aperto agli under35, dove in un primo momento ospiteremo i soggetti e i testi dei giovani autori che verranno proposti al pubblico in un formato ridotto di quindici minuti circa e dove i tre migliori autori votati dalla platea vedranno prodotto il loro spettacolo. Ma ospiteremo anche compagnie provenienti da tutta Italia».

La pandemia ha reso la rassegna estiva vitale per il teatro. Ci può preannunciare qualcosa in merito?
«Non faremo un cartellone perché la mia predecessora ha speso quasi tutto il budget a nostra disposizione, quindi non avendo fondi da investire in un’intera rassegna punteremo su due debutti importanti. Cominciamo con “Così è se vi pare” con Eros Pagni e la mia regia, che dopo il debutto alle Ville vesuviane inaugurerà la stagione qui al Teatro Verga mentre l’altro titolo sarà “La Lupa” di Verga, che proponiamo in occasione del centenario di morte dello scrittore siciliano».

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