Luca Madonia:
«Il mio amico
Franco Battiato
come Bach»

Fino a ieri mattina era salito a Milo per andare a salutare Franco Battiato. «Mi ero accorto che negli ultimi tempi stava peggiorando», racconta Luca Madonia. «Si notava un deperimento generale, era dimagrito. Si è asciugato piano piano. Ma non mi aspettavo questa improvviso aggravamento. Ci sono rimasto di merda quando stamattina mi hanno comunicato la notizia».

Luca è appena rientrato dal paesino alle falde dell’Etna. Ha dato l’ultimo saluto all’amico. Con Franco si conoscevano da tempo. «L’ho conosciuto al suo ritorno da Milano nel 1988. Poi, l’anno dopo, c’è stato il lavoro con i Denovo per l’album Venuti dalle Madonie a cercar Carbone e da lì è nata una profonda amicizia che non ha riguardato solamente la collaborazione artistica ma anche dal punto di vista umano».

Un legame così forte da convincere Franco Battiato a lasciare il suo rifugio di Milo per gettarsi nel turbinìo mediatico del Festival di Sanremo. «Un episodio rivelatore della grandezza di questo personaggio», sottolinea Madonia. «Un big della musica in età adulta che decide di partecipare a una manifestazione ormai distante dalla sua mentalità per aiutare l’amico. È una dimostrazione della sua trasversalità in tutte le sue scelte di vita come nella musica: era curioso e divertito nell’accompagnarmi. Prima di partire mi disse: “Sì vengo, ma vengo da turista. Questo Sanremo è tuo non vengo a rubarti la scena”». Era il 2011, Gianni Morandi il padrone di casa all’Ariston, in coppia presentarono L’alieno, canzone che si classificò al quinto posto.
«Battiato dal punto di vista umano era meraviglioso», riprende Madonia. «Agli inizi pensi di essere davanti a una persona distinta, a un mistico, un santone, una persona seriosa. Invece poi scopri un uomo divertente, spiritoso e semplice. Ecco, la sua grandezza stava nella semplicità, nella capacità di esprimere pensieri anche di grosso spessore con grande semplicità, ricorrendo magari a formule ataviche della tradizione popolare siciliana. E poi la sua estrema bontà. Era generoso, sempre disponibile, e poi trasmetteva soprattutto serenità e tranquillità in qualsiasi situazione, al ristorante come nella sala di registrazione».

E come artista?
«Come artista era immenso, e non lo dico da collega, né da amico, né da fan. Il suo stile era unico e inimitabile, di livello mondiale, alla stregua di David Bowie o di Peter Gabriel. La sua caratteristica era l’unicità. Quando non ci saranno più distinzioni fra musica colta e musica leggera, Battiato sarà messo allo stesso livello di Mozart e di Bach».

Oggi sono molti i suoi discepoli.
«Ha lasciato una grande eredità, raccolta da moltissimi musicisti e in modo trasversale. Già per noi, durante l’epoca della new wave anni Ottanta, Battiato era un intoccabile. L’ho sempre seguito nei suoi concerti fino all’ultimo e notavo come la sua musica arrivasse a tutti, sia allo spettatore che era cresciuto con lui sia a tanti giovanissimi. Trasmetteva vibrazioni fantastiche».

Qual è il ricordo che porterà sempre con sé di Franco Battiato?
«Mi porterò sempre con me questa splendida amicizia che abbiamo avuto. Lui c’era sempre e per qualunque cosa. È stato un grande regalo per me, soprattutto in un’epoca in cui prevalgono la superficialità e l’arroganza».

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Laureato in Lettere moderne. Giornalista professionista. Ha collaborato con Ciao2001, Musica Jazz, Ultimo Buscadero, Il Diario di Siracusa. È stato direttore del bimestrale Raro! e caposervizio agli spettacoli al quotidiano "La Sicilia". Nel 2018 ha curato il libro "Perché Sanremo è (anche) Sicilia”. Nel 2020 ha scritto “Alfio Antico. Il dio tamburo” pubblicato da Arcana.

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