A due passi dal caotico reticolato urbano della città di Catania, si estende una piccola oasi verde in cui si respira il profumo delle tradizioni antiche, tra vigneti centenari e boschi incontaminati Un’oasi che vi sarà spesso capitato di incrociare con lo sguardo nei pressi dell’uscita autostradale verso i paesi etnei e che grazie alle giornate FAI d’autunno 2022 ha aperto le sue porte ai curiosi visitatori. Si tratta dell’Etna Urban Winery, azienda vinicola parte di una rete di vigneti urbani nella quale figurano realtà da tutte le parti del mondo, comprese Parigi e New York, la cui mission è quella di tutelare il patrimonio storico, rurale e paesaggistico. Una storia cominciata nel 1790 con la prima piantumazione della vigne e recentemente tornata alla ribalta grazie a Nicola Purrello e ai suoi sette cugini che ne hanno curato la rivalorizzazione dopo anni di abbandono.

Il tour dell’Etna Urban Winery inizia proprio dal vigneto che costituisce il cuore della proprietà. Siamo a soli 4km da Catania ma sembra di essere in aperta campagna. Un paesaggio, quello che mi trovo ad ammirare insieme ad un nutrito gruppo di visitatori – tra cui una coppia di turisti statunitensi di cui non posso fare a meno di notare lo sguardo trasognato – che, d’altra parte, ad essere abbellito dalle piante di vite è abituato da sempre. Non è un caso, infatti, che la contrada in cui ci troviamo porti per l’appunto il nome di Vigna Grande, appellativo scelto anche dall’azienda per il vino – un Nerello Mascalese con un 20% di Nerello Cappuccio – prodotto giusto lo scorso anno in occasione della prima vendemmia. 

Ph. etnaurbanwinery

L’antica vigna si dimostra un gioiello anche dal punto di vista architettonico. Testimonianza principale ne è la cosiddetta cuba, un edificio tondeggiante con tetto a cupola a pochi passi dal bosco, all’interno del quale, come ci racconta la guida, in seguito ai lavori di rinnovamento è emersa la pavimentazione originaria in cotto siciliano. Da qui, grazie alla sua posizione rialzata, è possibile abbracciare con lo sguardo i terreni messi a coltura con gli immancabili terrazzamenti a cui si aggiunge una antica scalinata in pietra che conduce al palmento, fondato nel 1790 da Francesco Di Bella, esponente di una ricca famiglia locale.

Una volta dentro, la nostra guida ci offre una dettagliata spiegazione dell’antico processo di lavorazione dell’uva: si iniziava dalla prima pigiatura per giungere, poi, alla raccolta nei tini in vista della fermentazione e della torchiatura,  fino ad arrivare ad un ingegnoso sistema basato sulla forza di gravità, grazie alla quale il vino veniva fatto defluire attraverso un canale fino a depositarsi nelle botti collocate nella dispensa. Si chiude con questa piccola chicca il nostro itinerario. Non prima di aver apprezzato a fondo quanto ancora la nostra terra abbia da svelare a chi la vive ogni giorno.

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