Di certo non si può dire che sia un raccomandato. Marco Ligabue è il fratello di Luciano ma in tutti questi anni ha mantenuto un profilo lieve, mai invasivo. Classe 1970, trascorre i primi anni dell’infanzia dormendo sui divanetti del Tropical, il locale da ballo gestito dai genitori, e da ragazzino si avvicina alla chitarra fondando la sua prima band musicale, i Blouson Noir, poi dai 20 ai 40 anni è chitarrista e autore di canzoni, prima con Little Taver & His Crazy Alligators e, infine, con i Rio, con cui incide quattro album. Nel 2013 inizia la carriera solista e in pochi anni pubblica tre album arrivando, con Mare dentro, nella Top 20 dei dischi più venduti. Trent’anni di carriera musicale che, sulla soglia dei 50 anni, Marco Ligabue ha voluto ripercorrere nella raccolta Tra Via Emilia e blue jeans, un album che racchiude grandi successi e l’inedito che dà il titolo, che compongono la scaletta del Sarà bellissimo tour 2022 che sabato 17 settembre farà tappa in piazza Martiri a Monterosso Almo (Ragusa).

«È un album vitale, passionale e nostalgico. Guardando alcune foto del passato è nato il testo della canzone, tra sana nostalgia e ricordi di un tempo», racconta Marco Ligabue. Che, approfittando del lockdown, ha scritto anche un libro, il cui «titolo è legato al fatto che nella mia vita c’è sempre stato il classico refrain: Salutami mio fratello».

Marco è l’ombra del fratello. Gli ha fatto da buttadentro, andava per i bar del paese a offrire giri da bere per racimolare spettatori. Poi, quando Luciano è diventato il Liga nazionale, coordinava i siti Bar Mario e Ligachannel, gli faceva da consulente a 360 gradi. Mantenendosi sempre un passo indietro. «La band era anche un modo per nascondermi. Suonavo la chitarra, scrivevo le canzoni. Non ero in primo piano. Vedevo davanti a me un muro troppo grande da superare».

Un muro che ha voluto oltrepassare alla svolta dei 40 anni. Quando è diventato papà di Viola. «Diventare papà ti fa avere una consapevolezza diversa, prima eri l’eterno bambino. Essere padre ti dà maggiore sicurezza, più consapevolezza nei tuoi mezzi, più forza. Ho deciso di mettermi da solo, diventare frontman. Ed è diventato più difficile da quando ho scelto la strada del cantautore, del frontman, la stessa di Luciano. Ma mi piacciono le sfide, non mi piace stare nella mia comfort zone».

All’inizio del libro Salutami mio fratello, Marco scrive: «Luciano, questo libro è un modo per ringraziarti di avermi fatto da guida, anche se qualche volta dimentichi il freno a mano tirato… La mia vita straordinaria, tutta musica e rock’n’roll, la devo unicamente a te».

«La prima chitarra me la regalò Luciano. Fu lui ad accendere la scintilla. Ma la musica l’avevamo nel Dna, si era formato nella balera dei miei», ricorda. «Ho vissuto molto tempo accanto a Luciano, da lui ho imparato molte cose. Ho cercato di lavorare sempre a testa bassa, con caparbietà. Non ho mai vissuto il nostro rapporto con un senso di disagio. Ci vogliamo molto bene. Luciano è meno espansivo, ma quando parla è molto centrato. Dà peso ad ogni singola parola. Per me è molto bello camminare al suo fianco e vivere questo percorso insieme. Certo, è un’arma a doppio taglio. Il mio nome suscita curiosità, ma anche diffidenza. Molti si accostano a me con pregiudizi, “ah, è lì per il fratello famoso”. C’è un paragone già prima di iniziare. Diciamo che ho vissuto i due lati della medaglia».

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