Maria, non c’è di che. Senza il trash siciliano “C’è Posta per Te” non sarebbe lo stesso
Ogni sabato sera, su Twitter, un intero popolo viene glorificato e deriso, incensato e criticato. Noi siciliani siamo il principale argomento di conversazione social del giorno prefestivo e lo dobbiamo a Maria De Filippi, anche se, probabilmente è la sua trasmissione, C’è Posta per Te, ad avere un debito nei nostri confronti.
Non esiste una sola puntata dell’ultima stagione che non abbia trovato nei siciliani la sua “main story”, quella più chiacchierata, attesa, commentata della serata. Arriviamo noi e Twitter dà i numeri, gli stessi che l’ufficio stampa di Canale 5 può rilanciare il giorno dopo in un comunicato che celebra il successo social della trasmissione. Le nostre storie di corna e abbandoni sono imprescindibili per la confezione di C’è Posta per Te. Lo sa la produzione che sceglie Sarina da Francavilla consapevole di renderla un meme vivente e lo sa il pubblico che attende di sentire quell’accento palermitano che è già una promessa di scandali croccanti e vicende frizzantine. “Basta lacrime, vogliamo i siciliani!”: cercatelo, è uno dei tanti tweet che troverete insieme ad altri centinaia che ci raccontano, ci giudicano, ci descrivono in un modo talmente polarizzato da non lasciare spazio ai grigi.
E in effetti, a vedere ciò che va in onda su Canale 5, di grigi non c’è traccia. Siamo quelli che la fidanzata può uscire, ma non da sola. Quelli che o lui lascia lo studio o io la busta non la apro. Quelli che compromessi zero. Siamo un format dentro il format: i siciliani, simpatici ma pesanti. Boni, ma ignoranti. E, in quel catalogo di umanità che è Twitter, c’è chi prova a difendersi (“Ho dovuto spiegare ai miei colleghi di Milano che non siamo tutti così”) e c’è chi si appunta una medaglia al petto (“Senza di noi questo programma non sarebbe nulla”).
E, in effetti, se C’è Posta per Te è quel romanzo popolare che alterna dramma e commedia è merito soprattutto dei suoi attori, noi siciliani, che dramma e commedia li abbiamo nel DNA. Prego Maria, non c’è di che. Ma noi che ne guadagniamo?
Dopo una vita a difenderci dagli stereotipi, siamo ancora dei cliché, anche se è più piacevole pensare di essere diventati dei superlativi. Cliccate sull’hashtag #cepostaperte e scoprirete che per il resto d’Italia siamo indiscutibilmente quelli che “ce l’hanno più grosso di tutta la nazione”, quelli che “gelosi così non ce n’è”, quelli che come amiamo noi nessuno mai. Viviamo negli estremi perché o lavoriamo fin dai 13 anni o passiamo le giornate a Mondello. Siamo padri assenti o madri opprimenti. Siamo troppo o troppo poco. Siamo questi davvero? No. Si. Un po’. Anche, ma chi ha tempo per le sfumature in mezz’ora di storia tv?
C’è Posta per Te ha un debito nei nostri confronti: il nostro contributo è prezioso, quel che ci torna indietro sono monetine. Proviamo a frugare nelle nostre tasche in cerca del resto, però, troveremo anche una “promozione”. Perché se è vero che la Sicilia, in tv, è sempre stata mostrata come terra di mafia e criminalità, la De Filippi ci ha fatto fare il salto rendendo la nostra isola patria del trash. E il trash, in questi tempi di influencer e like monetizzabili, è una moneta virtuale d’alto valore. Meglio dei bitcoin.