Una continua evoluzione quella di Noa. Dalla musica ebraica ed etnica, che riecheggia anche le nenie yemenite, al pop, al jazz, alla musica per film, alla canzone tradizionale napoletana e siciliana. Memorabile la sua interpretazione di capolavori come Torna a Surriento, Partono i bastimenti, Era de maggio, Tammuriata nera, nel disco Noapolis, o di …E vui durmiti ancora! dedicata al presidente Mattarella nel concerto tenuto nella Cappella Paolina al Palazzo del Quirinale a Roma. Insieme con il suo compagno di viaggio Gil Dor non si è fermata mai, cercando sempre nuove sonorità e nuove collaborazioni, con Sting, con Pat Metheny, con il Solis string quartet, fino alla musica classica di Letters to Bach. Ha lavorato con ensemble che vanno dal trio acustico al quartetto di basso e batteria all’orchestra sinfonica. È sempre stato impossibile classificarla.

Adesso torna con un nuovo album e una nuova svolta. Un disco semplice, in duo, insieme al suo storico chitarrista Gil Dor, dedicato ai più grandi standard del jazz: Afterallogy il titolo. Il disco uscirà il 30 aprile e sarà presentato con un concerto live, direttamente dal Terminal 4 dell’aeroporto di Tel Aviv, in diretta streaming sui canali ufficiali FB e YouTube di Noa, in versione gratuita, il primo maggio alle ore 20,30 italiane. Seguirà un tour promozionale che farà scalo in Italia dal 26 luglio all’8 agosto e non poteva mancare una data in Sicilia – il primo agosto presso la scalinata della Cattedrale di Noto, in occasione del Noto Musica Festival – terra che ha tenuto a battesimo la cantante arabo-israeliana e l’ha vista crescere.

Ad anticipare l’album due singoli My funny Valentine, una pietra miliare del jazz evergreen e Oh, Lord, una poesia ebraica di Leah Goldberg musicata in stile jazzy: un brano che si presenta come un crossover di estetica, altamente rappresentativo della diversità dello spettro musicale di Noa. Fra le altre tracce, una straordinaria versione di Calling Home di Pat Metheny, che aveva prodotto il suo primo album, Anything Goes e la celeberrima My Masquerade, che Noa ha spesso interpretato sul palco con George Benson.

La cover di “Afterallogy”

È un album nato durante la pandemia, come spiega la stessa artista. «Il Covid-19 ci ha colpito tutti come uno schiaffo in faccia. I tour sono stati cancellati, i teatri hanno chiuso i battenti, gli aeroporti erano deserti, la paura e l’incertezza sono penetrate nei cuori di milioni di persone in tutto il mondo», ricorda ancora con angoscia. «Dopo alcune settimane ad annaspare e cercare di orientarci, Gil e io abbiamo deciso che era giunto il momento di registrare quell’album jazz che abbiamo sentito dentro di noi per tutti questi anni, chiudendo un cerchio da quel primo concerto dell’8 febbraio 1990, in un festival jazz a Tel Aviv, all’ultimo prima che cadesse il cielo … Ironia della sorte, l’ultimo concerto è stato eseguito alla Berklee School of Music di Boston, dove Gil e Pat Metheny si erano conosciuti … L’“American Songbook” degli standard jazz era una mia radice musicale essenziale e immergermi in essi era naturale per me quanto esplorare le mie radici ebraiche o yemenite. Il mio obiettivo era, allora come oggi, solo quello di “fare bene” con questi straordinari pezzi di musica … accentuando la loro grandezza con umiltà, da un punto di vista personale, rispettoso e amorevole».

In Israele l’emergenza sembra sia stata superata. Il 6 aprile scorso a Tel Aviv Noa ha tenuto un concerto con l’Israel Philharmonic Orchestra. «Non proprio, ma quasi. Il concerto è stato una festa perché si è trattato di uno dei primi con il pubblico dopo la campagna vaccinale anti-Covid», spiega. «È stato possibile vendere meno biglietti rispetto al passato, ma è stata una serata memorabile. Già prima di questo concerto ho fatto un live e ne farò un altro il primo maggio, in streaming, per presentare per la prima volta dal vivo Afterallogy. Non sappiamo se ci sarà del pubblico perché è uno spettacolo pensato per chi, all’estero, non è ancora tornato alla normalità».

Resta ancora molta incertezza sul futuro, probabilmente la pandemia lascerà delle profonde ferite. «All’inizio (della pandemia) abbiamo detto: “Ne usciremo persone migliori”. Un anno dopo c’è da chiedersi: “Siamo davvero persone migliori”? Ritengo che sia troppo presto per giudicare. Penso che sicuramente ci saranno molti cambiamenti, alcuni in meglio, ma altri in peggio…», ragiona Noa. «C’è molta incertezza. Spero comunque che la pandemia possa “separare i topi dagli uomini”: voglio dire che chiunque sia stato o sia tuttora interessato all’arte solo come piattaforma per fare soldi dovrà trovare un altro lavoro. Inoltre, poiché ogni artista al mondo si batterà per l’attenzione del pubblico, penso che sopravvivrà solo chi ha qualcosa di interessante, prezioso, originale e unico da offrire. Gli artisti dovranno davvero mettere alla prova i limiti della loro volontà, la loro tenacia, la loro creatività e capacità. E anche il pubblico dovrà stabilire quanto sia importante l’arte nella propria vita. Questa è sicuramente una grande domanda…».

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