Oltre Castelmola, l’altra “inaccessibile” fortezza che domina la baia di Taormina

Anticamente veniva chiamato Castrum Tauromenii. Oggi il suo nome è legato alle origini saracene, e viene comunemente definito Castel Tauro o Castello Saraceno di Taormina. Da non confondere con quello che sorge sulla rocca di Castelmola, che domina proprio la Perla dello Jonio, la Baia di Giardini Naxos e quella di Letojanni, fino a Capo Sant’Alessio. Fortezza di difesa, rifugio per gli abitanti sottoposti ad assedio, torre di vedetta e di controllo tra la valle dell’Alcantara e lo Ionio, questo meraviglioso sito che oggi è di proprietà della Regione siciliana, faceva parte di un sistema di castelli fortificati costruiti dagli Arabi, insieme ai fortilizi di Francavilla, Calatabiano, e guarda caso Castelmola e Sant’Alessio. Un circolo che unisce anche altre rocche disseminate lungo la riviera jonica messinese, che pone Castel Tauro proprio all’estremità sud della provincia di Messina. Un sito che da circa vent’anni è “off-limits”, ma che potrebbe essere riaperto a breve, visti i primi passi mossi da Palermo negli ultimi tempi. Si tratta ancora di tiepidi risvegli, ma per questo autentico “gioiello”, di cui ad oggi è rimasto un recinto murario esterno di forma trapezoidale, provvisto di una torre, l’ora della riapertura potrebbe scoccare tra non molto.

Oltre agli archi delle porte, del portale di ingresso e dei ponti, che ancora si possono ammirare da lontano (e che sono acuti in stile arabo), sono presenti anche cisterne adibite alla raccolta delle acque piovane ed è presente un corridoio sotterraneo, che veniva usato come deposito di vettovaglie, armi e munizioni. Visibili pure tracce di piccole scale che conducevano ai parapetti i cui merli resistono, nonostante tale castello sia stato edificato presumibilmente attorno al IX secolo d.C. dai Bizantini, sui resti di un’antica acropoli greca. Fortezza che venne poi espugnata dai Musulmani nel 902 d.C., nel 962 e nel 969. Nel 1078 la fortezza e la città vennero conquistate dal normanno Gran Conte Ruggero d’Altavilla, e a partire dal 1240, durante il regno di Federico II di Svevia, lo “Stupor Mundi”, il castello venne ristrutturato e affidato a Paolo de Ocra. Subito dopo, esattamente nel 1272, l’edificio storico fu ceduto alla regia Curia con quattro “servientes”, armigeri di guarnigione. E nel 1274 fu retto dallo scutifero (custode carceriere, cioè colui che ha le chiavi del castello) Henri de Fer. In seguito, come castellano, venne nominato Berengario Orioles, già barone di Raccuja e di San Piero Patti. La rocca venne poi occupata dai partigiani di Enrico Rosso, Federico Chiaramonte e Federico Ventimiglia e, nel 1398, il Parlamento siciliano proclamò Taormina e la sua fortezza, per sempre, proprietà del Demanio. Mentre dalla fine del XVI secolo, il sito, ubicato su una rupe del Monte Tauro, a 397 metri sul livello del mare, in via Circonvallazione, comincerà il suo lungo declino. Nessuno lo abiterà più e verrà radicalmente abbandonato dall’intera popolazione.

Un castello, che sovrasta l’abitato fortificato ed il Santuario della Madonna della Rocca, e che resta una delle poche strutture che a Taormina non possono essere visitate. Per arrivarci comunque, il turista deve per forza inerpicarsi sulle pendici del Monte dove sorge Taormina, l’antica Tauromenium, e proprio da qui percorrere la Circonvallazione in direzione di Castelmola e intraprendere la salita Castello che conduce, come detto già, al Santuario della Madonna della Rocca. Proseguendo a sinistra, si imbocca una ripida e stretta scalinata che conduce alla porta del castello. Appena giunti, lo spettacolo è da brividi: guardando a nord, ecco una striscia di terra solcata dal mare, la Calabria, Capo Sant’Alessio, Forza d’Agrò con la sua rocca e le sue altrettante bellezze architettoniche, e Letojanni, con la sua spiaggia e il suo lungomare. Dall’altra parte, aguzzando la vista verso sud, ecco il Teatro Antico, la Baia di Naxos, l’Etna con i suoi colori che variano dal bianco della neve invernale alle vampate rosse della lava durante le innumerevoli eruzioni. Uno spettacolo unico che fa pensare solo ad una cosa: Castel Tauro deve necessariamente tornare a vivere.

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