All’età di undici anni durante un’audizione, una famosa professoressa di violino ad Amsterdam mi chiese: “Daniel sai già cosa vorresti fare quando sarai grande?”. Io pensai “Certo che lo so! Il violinista”.
Protagonista assoluto del Trecastagni International Music Festival, Daniel Rowland ha condiviso con noi la sua particolare visione della musica

Creativo, energico e pieno di passione. Come ogni anno il violinista anglo-olandese Daniel Rowland incanta tutti al Trecastagni International Music Festival con il suo carisma unito alla voglia di stupire il pubblico siciliano con scelte non convenzionali e brani mai ascoltati prima. Ieri sera si è esibito all’interno dello scenario magico offerto dal cortile della Chiesa Madre di San Nicola con un omaggio a Debussy e Bernstein. Questa sera, invece, regalerà emozioni con un programma dedicato all’Italia e al musicista Giovanni Sollima. Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo prima del concerto per scoprire la sua visione della musica.

Questa non è la tua prima volta al Trecastagni International Music Festival e in Sicilia, cosa ti lega a questa rassegna e alla nostra terra?
«Ho una forte connessione con la Sicilia grazie soprattutto all’amicizia con il Maestro Carmelo Pappalardo, cominciata nel 1996, quando ero ancora uno studente e lui venne ad una masterclass in Olanda per trovare giovani talenti che suonassero nei suoi concerti. In quel periodo il Festival non era ancora nato, credo cominciò un paio di anni dopo, intorno al 1999. Penso di aver partecipato a tutte le edizioni, eccetto una. È un grande piacere per me tornare ogni anno e ormai mi sono affezionato a questa famiglia e a questi luoghi. Tornare qui, è un po’ come tornare a casa».

Ogni anno ti esibisci con repertori affascinanti e non convenzionali. Per la tua prima esibizione hai scelto di eseguire un repertorio che omaggia Debussy a Bernstein, l’1 agosto invece il repertorio sarà dedicato al tema del “Viaggio in Italia, con un percorso che parte da Vivaldi e arriva a Sollima. Come mai questa scelta e cosa lega questi autori?
«Penso che sia molto importante eseguire brani conosciuti e orecchiabili, ma anche ideare un programma diverso che abbia una sua continuità. Spesso, infatti, mi piace presentare brani inediti, che probabilmente il pubblico non ha mai ascoltato prima. Lanno scorso, per esempio, ho portato al Festival il Red Violin di John Corigliano, una composizione per film che narra la storia di un violino attraverso i secoli.
Il programma della prima serata ha celebrato Debussy, uno dei miei musicisti preferiti e del quale si ricordano i cento anni dalla morte, e Bernstein del quale ho eseguito “West side story”, con la scelta di una particolare fantasia per violino e pianoforte che non è quasi mai stata eseguita, una variazione che ho trovato in America attraverso un amico. Insieme agli altri musicisti, abbiamo cercato infine di creare una cornice inserendo brani di Mahler e Brahms.
Il secondo concerto prevede invece un programma intitolato “Viaggio in Italia”,  un excursus nella cultura italiana e nella storia della musica. Il programma prende il nome dal pezzo di Giovanni Sollima, uno dei musicisti siciliani più conosciuti al mondo e che stimo molto. A questo seguirà anche Tchaikovsky con “Souvenir de Florence”. Sarà un piacere suonare queste opere in Sicilia.

Leggendo la tua biografia si evince che la tua formazione è stata varia e che non sei legato solo a un repertorio classico. Cosa secondo te fa la differenza nella formazione di un musicista?
«Per diventare un buon violinista serve innanzitutto avere la fortuna di nascere col talento ma questo deve essere accompagnato da una ferrea disciplina. Secondariamente serve avere una grande passione per la musica: è necessario ascoltare e conoscere la storia che sta dietro a un brano e a un compositore. Infine, l’incontro con altri musicisti serve molto per trovare continua ispirazione. Festival come questo, ad esempio, danno la possibilità di conoscere musicisti da tutte le parti del mondo e questo influisce sulla crescita personale di ognuno».

Chi studia il violino di solito comincia da bambino. Si tratta di un percorso di studi abbastanza lungo e complesso. Com’è nata in te questa passione e quando hai maturato la consapevolezza che fosse “la tua strada”?
«Ho iniziato quando avevo cinque anni e i miei genitori mi regalarono un violino per il mio compleanno. Erano entrambi musicisti, quindi sono cresciuto con la musica in casa. Ho cominciato e ho continuato a farlo. Durante l’età dell’adolescenza, è tutto più complicato perché si diventa pigri e passare il tempo a studiare violino sembra non essere molto “cool”. All’età di undici anni durante un’audizione, una famosa professoressa di violino ad Amsterdam mi chiese: “Daniel sai già cosa vorresti fare quando sarai grande?”. Io pensai: “Certo che lo so! Il violinista”.

TIMF – Daniel Rowland & Friends

«Ieri è stata una magica serata, ma oggi presenteremo un variegato programma che vi stupirà».Daniel Rowland vi aspetta questa sera per una seconda serata ricca di sorprese! Appuntamento alle ore 21.00 presso il Cortile della Chiesa Madre di S.Nicola a Trecastagni.#classicasottolestelletrecastagnimusicfestival.com

Pubblicato da Trecastagni International Music Festival su Mercoledì 1 agosto 2018

Hai istituito un tuo Festival, lo Stift Festival a Twente, la città olandese dove sei cresciuto, cercando di valorizzare la magia del luogo per far incontrare grandi musicisti e artisti. Un piccolo centro pieno di storia, un’antica chiesa e musica all’aria aperta, un po’ come il Trecastagni international Festival. Quale pensi sia il ruolo e il valore di Festival come questi oggi?
«Il mio Festival è cominciato in un luogo molto più piccolo di Trecastagni, con una sola chiesa e qualche casa intorno, dove io tra l’altro vivevo quando ero bambino. Abbiamo cominciato 14 anni fa con pochi concerti e adesso è diventato molto più grande, con spettacoli ogni giorno che coinvolgono anche altre forme d’arte come la letteratura o il cinema: quest’anno ad esempio verranno anche proiettati dei film all’aperto. Bisogna essere coraggiosi e mettersi in gioco per mantenere la musica viva nel futuro. In un Festival si possono proporre molti elementi differenti che esulano dai classici repertori, come inserire dei programmi ricchi di contrasti. Vengono musicisti da tutto il mondo ed è come un grande incontro di culture. In Italia è difficile portare avanti progetti come questo e ho molto rispetto per chi riesce a mantenere questa “fiamma viva”. Spesso penso che ascoltare buona musica possa far diventare le persone migliori. Può dare qualcosa alla nostra anima e renderci un po’ meno egoisti e meno preoccupati per le piccole cose della vita. Questo aiuta».

 

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