Al debutto nei prossimi mesi con la prima uscita “La notte dello scrittore”, l’ultima fatica del giovane sceneggiatore palermitano sarà un esperimento per portare in superficie le vite di personaggi che stanno ai margini

“Vite di un giorno! Che cos’è qualcuno? Che cos’è nessuno? Di un’ombra è sogno l’uomo”. Da questi versi del poeta Pindaro, Marco Rincione, sceneggiatore palermitano classe 1990, ha tratto il termine skiá, ombra in greco antico, per dare il titolo alla collana a fumetti che sta curando per YEP!, la piattaforma digitale di Shockdom. Skiá, che farà il suo debutto nel corso del 2019, racconterà di vite invisibili attraverso storie autoconclusive sceneggiate dallo stesso Rincione e disegnate ognuna da un autore diverso.

Nel tuo percorso autoriale hai manifestato particolare attenzione per le vite ai margini, le esistenze nascoste, le personalità che si celano dietro le maschere quotidiane. Da cosa nasce questo tuo interesse e, parallelamente, come si è sviluppato nell’idea di una collana a fumetti?

«Più che un interesse, per me si tratta di qualcosa che sta tra un desiderio e un’esigenza: è la volontà di dare voce a chi non ha diritto di parola, ascoltare le storie di chi non ce le racconterà. Non è solo voglia di includere minoranze, non è voglia di essere buono: c’è anche un bel po’ di viscido voyeurismo, curiosità di scoprire che cosa nasconde il silenzio in cui molti vivono. Era l’idea alla base di Paperi (ascoltare i pensieri indicibili di personaggi anonimi) ed è il sentiero che mi piace seguire quando ricerco una storia. Ecco che siamo arrivati a Skiá. Mi sono chiesto: e se mi occupassi di questi personaggi nell’ombra (skiá, in greco, appunto) in modo più serio e sistematico? Cosa ne verrebbe fuori? È un esperimento.»

Riguardo la prima storia della collana ad essere annunciata, La notte dello scrittore, hai raccontato di aver pensato di aprire Skiá con in mente la domanda su cosa significhi essere uno scrittore. Sarà questo un sottotesto presente in tutte le storie?

«No, in linea di principio vorrei che ogni storia della collana fosse assolutamente indipendente, nuova e slegata da tutto. Sono romanzi brevi (o racconti lunghi). Ma trattandosi anche di una sfida completamente nuova per me come autore – avere una collana tra le mani non è un’occasione rara –, ho voluto aprire la bottega con questa domanda che mi sta vicino. Sono capace di dimostrare di essere uno scrittore? E chi è lo scrittore rispetto ai suoi personaggi?»

Hai dichiarato di voler indagare i personaggi da un campo cortissimo, di sviluppare le storie senza ricorrere a “spiegoni”: hai un modello di riferimento per questo approccio? Più in generale, ci sono delle fonti di ispirazione per le storie della collana?

«Rispetto alle mie solite fonti di ispirazione, tra cui gli immancabili Kafka e Joyce, sto cercando di riscoprire approcci narrativi più “pop”. Sto studiando le strutture di alcune serie TV per capire quali siano le “calamite” narrative che trattengono gli spettatori. Il modello di fruizione – questa cosa del “niente spiegoni” – per me sta nel (sovrac)caricare la trama con elementi mobili, azioni, avvenimenti, per spostare tutto sul godimento “in tempo reale”: mi piace sempre quando si apprezza una storia mentre la si percepisce, senza confidare nel colpo di scena finale.»

Il primo disegnatore annunciato è Elia Cavatton, un esordiente, così come esordienti o quasi saranno gli altri disegnatori coinvolti nel progetto. Tu stesso hai mostrato grande interesse verso i talenti nascosti proponendo sul tuo profilo Facebook una sorta di contest di disegno, mettendo a disposizione dei partecipanti una tua breve sceneggiatura. Cosa significa per te confrontarti con giovani promettenti?

«Due cose. La prima è che oggi, a ben vedere, il concetto-categoria di “esordiente” non esiste più davvero. Esiste, è utilizzato, ma è inutile perché non c’è più, nel profilo dell’artista, l’idea di carriera che crea il merito. È vero che si definisce esordiente chi è alle prime pubblicazioni, ma è altrettanto vero che molti esordienti, oggi, hanno una visibilità e un pubblico che un tempo era dei non-esordienti. Ma fingiamo che sia tutto OK.                                                                                                           La seconda cosa è legata alla prima: se gli esordienti possono essere più potenti degli “affermati”, significa che lo stato della pubblicazione sta cambiando. Ecco perché mi interesso molto a questo mondo d’ombra con picchi di luce: non dimentico del mio periodo da esordiente (e chissà se è finito) e noto che questi giovani hanno spesso un’energia nuova, sono pronti a tutto per restare in vista, conoscono il sacrificio e lo accettano. E io voglio stare con loro, voglio ricordarmi sempre del sacrificio e della lotta per restare a galla. Anche per questo ogni storia sarà diversissima e su misura degli artisti: così loro potranno mostrare al meglio chi sono e io potrò imparare da loro.»

Come reputi lo spazio e le opportunità offerte dal mercato del fumetto italiano ai talenti giovani e misconosciuti?

«Io penso che le opportunità ci siano. Se sei un autore valido e hai una buona storia, con molta probabilità uno spazio lo trovi. Più che il mercato (l’offerta), è il pubblico (la domanda) che non sempre offre un’opportunità. La crescita smisurata del numero di autori e pubblicazioni ha avuto un effetto collaterale naturale, ovvero una leggera diffidenza verso il nuovo. Con un conseguente ritorno ai pilastri sicuri. Dico, non è un’analisi, ma solo un’idea che mi sono fatto parlando con diverse persone proprio del pubblico.»

La notte dello scrittore è la prima storia ad essere stata annunciata. Puoi rivelarci qualcosa sulle altre storie, sugli autori coinvolti, sulle data di esordio? 

«No, no, no e no. Ma vogliatemi bene lo stesso. (Una cosa ve la posso dire: non cominceremo subito nel 2019, quindi avrete il tempo di digerire i panettoni). (Un’altra cosa: al momento abbiamo cinque storie in cantiere, quindi roba da leggere per tutto l’anno e più).                                                                                                            (L’ultima cosa: non c’è un’ultima cosa)».

 

 

 

 

 

 

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