Passare dalla lamentela all’azione: a Catania un seminario di politica e impegno sociale 

Avrà inizio il 10 dicembre 2022, presso il Palazzo della Cultura, il progetto curato dal comitato “Non possiamo tacere” in collaborazione con l’Arcidiocesi della città etnea. Giuseppe Di Fazio, membro del direttivo del seminario: «Occorre avere un sincero desiderio di condividere i bisogni della gente e, al tempo stesso, una visione ampia che aiuti a trovare risposte innovative ai problemi. Per questo serve una adeguata formazione. Direi quasi una scuola»

Catania, come tante altre città siciliane, sembra una città abbandonata. Cresce la povertà, sull’onda degli effetti della guerra e dell’inflazione a doppia cifra, e si allarga il degrado, mentre la politica risulta assente. Incapace di governare gli avvenimenti, di individuare le priorità, di gestire i bisogni. E, come se non bastasse, cresce la disaffezione della popolazione alla politica. Le ultime elezioni regionali e politiche del 25 settembre sono state a questo proposito ricche di esempi. Un siciliano su due non è andato a votare. E questa sfiducia rispetto all’utilità del voto ha toccato anche i giovani e i cattolici praticanti. Non è un caso, quindi, che proprio a ridosso dell’ultima tornata elettorale a Catania, una dozzina di laici cattolici abbiano dato vita a un documento, “Non possiamo tacere”, che ha espresso una esigenza condivisa da molti: tornare a parlare dei problemi della nostra terra, del nostro Paese. Oggi, da questa stessa esigenza, nasce il Seminario di formazione all’impegno sociale e politico, promosso dal comitato “Non possiamo tacere” e dall’arcidiocesi di Catania e coordinato da Claudio Sammartino (già prefetto della Repubblica). La serie di incontri, aperta a tutti previa iscrizione, prenderà le mosse il 10 dicembre presso l’Auditorium del Palazzo della Cultura a Catania con l’evento inaugurale dal titolo “Le povertà e le periferie. Prospettive di sviluppo per il Sud e per il Paese” che vedrà la partecipazione di Leonardo Becchetti, ordinario di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata. Un’occasione per interrogarsi su temi fondamentali del nostro tempo come la questione giovanile, l’ambiente, lo sviluppo del Sud e le politiche demografiche.  Ne abbiamo discusso con il giornalista Giuseppe Di Fazio, autore del volume “Giovani invisibili. Storie di povertà educativa e di riscatto” (Sicilian Post, 2022) e membro del direttivo del Seminario di formazione all’impegno sociale e politico. 

“Non possiamo tacere” è una presa di coscienza profonda sulle ataviche criticità che attanagliano il Sud e la città di Catania. Questa presa di consapevolezza, però, fa il paio con un atteggiamento propositivo. Quali domande hanno suscitato in voi il desiderio di dare inizio a questa avventura?  
«Innanzitutto, la voglia di non stare alla finestra a guardare e a lamentarsi. E, al contempo, mettere a fuoco i bisogni della gente e del territorio, individuare possibili risposte, sbracciarsi per agire e cercare compagni di cammino in questo lavoro. In questo senso, la risposta del mondo cattolico e dell’associazionismo laico (dai sindacati, alle cooperative fino ai movimenti per la legalità e la lotta alla mafia) è stata positiva. C’era un’esigenza condivisa: parlare chiaro, scendere in campo, non rimanere passivi. E soprattutto non arrivare alle elezioni con la solita domanda: “turandomi il naso, chi devo votare?” Da lì, la prospettiva è diventata ancora più ampia, fino a farci chiedere; quali sono le priorità della nostra città? Quali le questioni  a cui dare precedenza assoluta? Quali i grandi temi dimenticati dalla politica ufficiale su cui accendere i riflettori e su cui valutare l’operato dei politici? Si riparte dai proclami sulle grandi opere strutturali o si comincia dalle emergenze reali che penalizzano lo sviluppo?».

La locandina dell’evento

Che la necessità di un nuovo corso per le politiche dell’Isola fosse impellente, è stato dimostrato dalla scarsissima affluenza dei siciliani alle urne per le elezioni regionali. Eppure, gli stessi siciliani sembrano non tirarsi indietro quando si tratta di occuparsi dei problemi concreti come la povertà. Come si traduce sul territorio questo attivismo?
«La presenza del volontariato e delle opere sociali cattoliche in Sicilia è significativa. Anzi, in alcuni frangenti della nostra storia recente – dalla crisi economica alla pandemia – si può ben dire che essa è stata decisiva. Si pensi che solo il Banco Alimentare assiste nell’Isola circa 270mila persone indigenti. Eppure, tutta questa ricchezza sembra non incidere sull’impegno politico e, d’altra parte, risulta politicamente irrilevante».

Da dove deriva questa apparente contraddizione?
«L’operosità del volontariato c’è, ma non si traduce in un giudizio, in una strategia, in un progetto. E’ come se il volontariato o l’azione sociale delle Caritas, di Sant’Egidio, del Banco Alimentare si fermasse alla risposta a un bisogno immediato, tamponasse un’emergenza, senza però avere una prospettiva culturale e politica di più largo respiro. Per questo l’operosità del volontariato, soprattutto cattolico, è stimata, ricercata, ma rischia di essere concepita come la Croce rossa pronta a intervenire dove l’ente pubblico non arriva. Sa organizzare benissimo la carità, ma non sa “organizzare la speranza”, come ha detto di recente l’arcivescovo di Catania Luigi Renna, usando una bella espressione di don Tonino Bello».

Il solo terzo settore, dunque, non può farcela da solo. Come si può, allora, tentare di incidere concretamente su una realtà così complessa?
«Occorre un nuovo modo di impostare la risposta ai bisogni del territorio. C’è bisogno del volontariato, c’è bisogno di creare reti,  ma c’è bisogno anche di un’altra forma di carità, la politica. Che non può essere appannaggio di chi difende interessi di bottega o personali, ma deve essere la casa dove si costruisce il bene comune. A cominciare dalla questione della povertà educativa: se in una Regione come la Sicilia la dispersione scolastica complessiva (esplicita e implicita) arriva al 35,9% significa che non c’è capitale umano per costruire sviluppo. E alla nuova politica non si arriva solo perché si è onesti. Occorre avere un sincero desiderio di condividere i bisogni della gente e, al tempo stesso, una visione ampia che aiuti a trovare risposte innovative ai problemi. Per questo serve una adeguata formazione. Direi quasi una scuola. Solo così potremo affrontare in modo diverso la prossima tornata elettorale che ci aspetta, quella del Comune di Catania. Perché non è più tempo di lamentarci perché siamo fanalino di coda in Italia per qualità della vita e, invece, in testa alla classifica per povertà educativa. Non è più tempo di lamentele, ma di impegno concreto».

Foto di copertina Elissa Garcia | Unsplash

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Coordinatore di redazione al Sicilian Post. Laureato in filosofia è tra gli ideatori del tool "ARIA", il cui prototipo è stato finanziato da Google DNI.

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