Il progetto di alternanza scuola-lavoro programmato dal Teatro Stabile di Catania dimostra che basta poco per vincere diffidenza e preconcetti e far sì che il teatro riesca a “parlare” ai giovani

 «Sono sempre stata interessata al teatro ma credo che talvolta ci sia bisogno di qualche stimolo per fare nuove esperienze. L’alternanza scuola-lavoro mi ha permesso di conoscere a fondo questo mondo e di appassionarmi». Ha poco più di sedici anni Martina e l’entusiasmo che si può leggere nelle sue parole è lo stesso che ritroviamo nelle critiche che scrive alla fine di ogni spettacolo. Un sentimento ravvisabile anche nei suoi compagni di classe, nonostante la stragrande maggioranza dei ragazzi abbia aderito all’iniziativa di alternanza scuola-lavoro promossa dal Teatro Stabile di Catania, “Piccoli critici crescono”, su suggerimento degli insegnanti. Sono pochissimi, infatti, coloro che l’hanno scelto per interesse personale; forse perché a quell’età le idee su cosa diventare da grandi sono poco chiare o semplicemente perché sono poco abituati al teatro. La maggior parte di loro, inoltre, non è spronata dalla famiglia a frequentare la prosa o la lirica; l’esperienza del teatro a scuola non è quasi mai un buon ricordo perché vissuto come un’imposizione e spesso preferiscono impiegare la paghetta in altre attività. Ciò di cui siamo certi, quindi, è che gli adolescenti fra i 15 e i 18 anni a Catania sono poco propensi ad andare a teatro, nonostante in una sorta di controsenso tutti stiano partecipando con grande serietà e impegno alla stregua di professionisti veri e al di là dell’obbligo scolastico.

FORMAZIONE ED EDUCAZIONE. Rivolta agli studenti delle scuole superiori e iniziata l’anno scorso, l’iniziativa del Teatro Stabile di Catania è affiancata, nel suo sforzo di coinvolgere i giovani catanesi, ad altri due progetti: “Le professioni del teatro”, col quale far conoscere la complessa macchina lavorativa che si cela dietro ogni messa in scena e “La scrittura creativa”, orientato alla realizzazione di testi teatrali, che offre diverse alternative per soddisfare le esigenze degli Istituti superiori e Licei etnei. Frutto della Legge 107 del 2015, la Buona scuola, lo scopo di avvicendare allo studio in aula la pratica presso Enti convenzionati nasce dalle richieste della sfera occupazionale, che oltre a un’adeguata istruzione richiede approfondite conoscenze sul campo. Un dato che fa riflettere, visto il boom di richieste pervenute quest’anno letteralmente quadruplicato rispetto all’anno precedente. Un trend interessante alla luce delle osservazioni riportate sopra che si può spiegare con un ruolo ancora centrale ricoperto dalle scuole e dai docenti ma anche da un’offerta sicuramente più appetibile di altre per gli studenti. Agata racconta: «Non vado mai a teatro perché non c’è nessuno che mi stimoli a farlo», ma non è l’unica dell’Istituto Angelo Musco, uno delle scuole coinvolte, a pensarla così. «Ad eccezione degli spettacoli organizzati dalla scuola –racconta Jennifer– non vado spesso a teatro perché ho paura di annoiarmi». Molte delle risposte che i ragazzi danno in merito al teatro nascono, infatti, dal pregiudizio; a smentire le loro stesse affermazioni sono le considerazioni che scaturiscono alla fine di ogni recita ma anche il modo in cui stanno coinvolgendo i loro coetanei, come per le “Sorelle Materassi”. In occasione dello spettacolo i ragazzi hanno trascinato con sé alcuni amici, che non seguono il progetto, a mero scopo inclusivo.

GUARDARE IN PROFONDITÀ. Non sappiamo se da grandi diventeranno giornalisti o critici, un settore da alcuni decenni in crisi e spesso maltrattato dagli stessi addetti ai lavori poco disposti alla riflessione, ciò che sappiamo per certo è che questa esperienza creerà in loro un gusto teatrale che possa trasformarli in spettatori consapevoli, in grado di leggere i diversi piani strutturali e semantici delle rappresentazioni. D’altra parte un pubblico educato è più aperto ad accogliere un cartellone che possa spaziare anche in stili e generi diversificati fra loro. Così se per gli adulti il riferimento è rappresentato dagli incontri con gli artisti, in cui ci si può confrontare direttamente con i protagonisti della scena; per i più giovani l’alternanza scuola-lavoro costituisce un’ottima base di partenza e un settore in cui investire fortemente nei prossimi anni. Si tratta di un segmento di pubblico che se diventasse attivo contribuirebbe a incrementare non di poco lo sbigliettamento e chissà perfino gli abbonamenti, a prescindere dal vincolo scolastico.

UN’ESPERIENZA DA RIPETERE. E pensare che questi studenti, che consideravano la visione di uno spettacolo teatrale come barboso, alla fine, con un vero plebiscito replicano che sarebbero ben disposti a rifare l’esperienza. Certo il dubbio che può sorgere a quest’affermazione è lecito ma posso garantire come tutor che lo sguardo attento, la curiosità, l’attenzione che mettono nell’analizzare una piéce, difficilmente potrebbe mentire. «Questa esperienza è un’occasione da non sprecare – dice Erika– l’unica cosa che cambierei è la scelta di andare a teatro, al di fuori della scuola» e le fa eco Gabriele: «Alla fine quest’attività sta cominciando a piacermi. Sto imparando a conoscere come funziona il mondo dello spettacolo». L’aspetto più importante resta però la consapevolezza e il rispetto verso gli artisti e i tecnici, Santo dice: «Analizzare lo spettacolo mi fa capire le difficoltà che gli attori affrontano durante la recitazione, l’uso che fanno del corpo, della voce». Questa esperienza in progress, giacché terminerà a maggio, è però anche tante altre cose: scambio d’idee, confronto, qualche risata; d’altra parte come dice uno degli alunni: «il teatro è un luogo nel quale imparare ma anche divertirsi».

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