C’è qualcosa, nell’agire quotidiano di ognuno di noi, che va oltre la nostra volontà. Un riflesso ancestrale, un richiamo sbiadito, proveniente da un tempo così lontano da perdersi nella fantasia di una leggenda. Un insieme di pose e di pensieri che sa di familiare. Qualcuno li definirebbe archetipi. Ad esempio, Carl Gustav Jung: «Poiché nel mondo psichico non c’è alcun corpo che si muova come nello spazio, non esiste neppure il tempo. Il mondo archetipico è «eterno», cioè al di fuori del tempo, ed è dovunque, poiché nelle condizioni psichiche, cioè archetipiche, non esiste alcuno spazio». Nei luoghi dell’anima e della memoria, insomma, si reitera lo spirito di un passato che non smette di agitarsi. Che produce sottopelle, incessante, nuove tracce di sé. Tracce ravvisabili nel folklore, nell’arte, nella cristallizzata ritualità di un gesto appesantito dalla fatica. Come quello che, ad esempio, contraddistingue la raccolta del sale in Sicilia e che persino Gesualdo Bufalino ritenne necessario sezionare con la sua consueta, illuminante prosa. Ma più che un’indagine storico-economica, più che un lineare excursus sulla centralità del bianco dono marino, quello dell’autore originario di Comiso è un viaggio negli anfratti della mitologia, una personalissima seduta di analisi individuale e collettiva, una finestra aperta su un’eredità fatale e ricorsiva. Una profonda, oracolare interrogazione sul fascino che i simboli sanno esercitare ramificandosi nei millenni.

Uscito nel 1988 per i tipi di Sellerio, infatti, Saline di Sicilia è quasi un’enciclopedia letteraria che raccoglie citazioni e suggestioni relative al sale. Con un’operazione quasi da dotto alessandrino, Bufalino ripercorre le implicazioni sociali, paesaggistiche e culturali che discendono dalla vicinanza con l’oro bianco. Fino a giungere, parlando della nostra terra, alla considerazione che le nostre distese di sale sono assurte quasi al ruolo di emblema, di sovracategoria per tutte le altre. «La Sicilia, luogo salifero per eccellenza. Ché se anche si danno altre saline in Italia, così in Puglia, come in Sardegna, come sulla costa veneta e romagnola, resta il fatto che le sole saline che vengono in mente a sentire la parola sono le nostre dell’isola, litoranee del bacino mediterraneo». Come se non bastasse, poi, l’autore intravede, in quel labirinto della lingua che sapeva percorrere come pochi altri, un ulteriore, inedita chiave di lettura: «Sì da rendere ghiotta, se fosse attendibile, l’opinabile etimologia da taluno supposta, secondo la quale “insula” sarebbe termine nato dall’esser le isole cinte da ogni parte del sale e da esso nutrite. In realtà, dovunque ci si volga, in Sicilia il sale appare una forza, una condizione e un destino». Il sale, dunque, come metafora esistenziale di un intero popolo. Come sostentamento amaro ma necessario di una vita venata di sofferenza. Nelle bianche distese che si depositano sul suolo dopo l’evaporazione, c’è tutta la generosità di un’isola baciata da una ricchezza incommensurabile, ma anche la dialettica della lotta, lo sforzo titanico di una mano che dovrà raccoglierlo sotto il cocente mantello di un sole implacabile. Un paradosso luminoso, diametralmente opposto all’asfissia della miniera, eppure ugualmente significativo agli occhi di Bufalino, che vi intravvide acutamente qualcosa di eroico, un inno alla sopravvivenza, una liturgia sacra dai contorni profani. L’immensa base di scintillanti cristalli da puntellare con note d’inchiostro, come tasti neri su un pianoforte. Come le poesie che i salinai componevano inneggiando a chissà quale astro.

Si vedeva, Bufalino, come figlio del sale. Come tutti i siciliani aggrappati alla coordinazione di quei movimenti. Come coloro che, osservando riemergere ogni volta quel relitto dell’identità, si riscoprono parte di un flusso più grande, ininterrotto, sconfinato. E che oggi, senza riaffermare quella consapevolezza immaginifica e iconografica, rischieremmo di veder sparire dietro l’orizzonte. Al di là di un tramonto calante. Al di là di quel cielo che continuiamo a condividere con i nostri avi. Come sale sparso sull’acqua.

Il nostro impegno è offrire contenuti autorevoli e privi di pubblicità invasiva. Sei un lettore abituale del Sicilian Post? Sostienilo!

Print Friendly, PDF & Email