“Sono un supereroe”, il corto di Nino Giuffrida tra ludopatia e violenza domestica

«Supereroi siamo tutti noi alle prese con i nostri problemi quotidiani. C’è chi perde il lavoro, chi investe tutto in progetti che falliscono per inesperienza, chi per disperazione si butta su quella che pare l’unica soluzione possibile: il gioco d’azzardo». Ruota attorno al problema della ludopatia il cortometraggio del regista catanese Nino Giuffrida Sono un supereroe, presentato mercoledì 13 dicembre, alle 19.30, al Bingo Family di Misterbianco, che ha sostenuto e supportato il progetto cinematografico. «Il proprietario Umberto Gulisano – spiega a Sicilian Post Nino Giuffrida, che veste i doppi panni di regista e protagonista maschile – ha sostenuto appieno la nostra iniziativa, convinto che il gioco deve essere sano e deve esserci sempre un equilibrio che non consente di lasciarsi andare alla dipendenza».

Sono sempre più preoccupanti il numero dei giocatori e le loro età. Secondo una ricerca condotta dall’associazione Adoc Sicilia il 28% avrebbe tra i 15 e i 19 anni, il 67% sarebbe rappresentato da pensionati, l’81% da impiegati saltuari e il 29,5% da indigenti. Tutti con il pallino per il gioco, tutti che cercano di far fortuna con il lotto, il superenalotto, il lotto istantaneo e i gratta e vinci.
Girato tra Catania e Acireale il corto racconta in 18 minuti la vicenda familiare di un vigilantes che mette in scena un doppio dramma sociale: la violenza domestica e la dipendenza da gioco.

«Quest’ultima può rappresentare un vero rischio perché ci si trova in situazioni in cui inconsapevolmente mettiamo tutto in gioco. E non sempre si vince». Il nostro supereroe, infatti, non solo non vincerà mai ma sprofonderà sempre di più, coinvolgendo anche la famiglia e comportandosi in modo strano, cambiando sempre di più, col passare del tempo, l’approccio nei confronti della moglie, dei figli e della gente che lo circonda.

È tutto catanese il cast in scena. Accanto a Giuffrida ci sono la protagonista femminile Tiziana Giletto e i piccoli Damiano Leonardi e Rachele Platania, alla loro prima esperienza cinematografica. Oltre le circa centocinquanta persone che dietro le quinte hanno lavorato per la realizzazione del corto che probabilmente arriverà a breve anche all’Accademia di Belle Arti di Catania e al cinema. Prima di prendere il volo verso i più rinomati festival del cinema, a cui è destinato.

«Nasce principalmente per i concorsi nazionali e internazionali – chiarisce il regista – anche perché non è il classico corto girato con la telecamerina per divertimento o passatempo, ma abbiamo coinvolto una troupe cinematografica a tutti gli effetti per avere un film, con tutti i canoni di un film e con la sola differenza della durata».
Tra i temi trattati, si diceva, anche quello della violenza domestica. «Ho cercato di capire quali ripercussioni potesse avere su un uomo e sulla sua famiglia la perdita di una grossa somma di denaro, del lavoro e delle proprie certezze. E così, a causa di un fraintendimento, il protagonista si troverà ad agire in maniera del tutto inaspettata».

È una storia molto forte quella scritta da Nino Giuffrida, che svela quella che in fondo è una semplice verità. «Anche quella che sembra la classica famiglia del Mulino Bianco, dove tutto è perfetto e tutto fila liscio, ha in realtà i suoi scheletri nell’armadio. E alla rottura di un equilibrio tutto, inevitabilmente, diventa confuso e si sfascia».

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Sono cresciuta in una famiglia di giornalisti e ho avuto quindi la possibilità, fin da piccola, di stare a contatto con giornali e studi televisivi, mentre pian piano maturavo l'idea di percorrere le orme dei miei genitori e intraprendere quella strada, di certo oggi più tortuosa, ma sempre affascinante. Così, quando è arrivato il momento di scegliere l'Università da frequentare, non ho avuto dubbi: sarei stata una studentessa del corso di Laurea in Scienze della Comunicazione nella mia città, che amo immensamente, a cui è seguito il biennio di specialistica in Comunicazione della Cultura e dello Spettacolo. Inutile dire che non mi sono mai pentita della mia scelta, apprezzando giorno dopo giorno, anno dopo anno, la comunicazione, il giornalismo e l'organizzazione di eventi legati a questi ambiti, approfonditi anche tramite esperienze lavorative in Fondazioni d'arte, librerie, Festival culturali. Insomma, non so proprio stare con le mani in mano! Sono curiosa di ciò che mi circonda e mi nutro delle storie delle persone con cui entro in contatto, probabilmente deformazione professionale.

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