Stesicoro, l’Omero siciliano esiliato per aver previsto il futuro

Tra le tante massime che hanno reso celebre la saggezza di Voltaire, ce n’è una che ben si attaglia a scrittori, poeti e profeti, ammesso che queste categorie siano sempre destinate a divergere: «Annunciare verità, proporre qualcosa di utile all’umanità, è una ricetta infallibile per essere perseguitati». Si sa, del resto, che la sincerità, talvolta, può risultare una dote scomoda da sfoggiare, specie se si fa portatrice di scenari poco lieti che vorremmo deliberatamente ignorare. E chi meglio di coloro che armeggiano sapientemente con la scrittura può incarnare questo prototipo di infausti veggenti? Non è forse frequente lo stupore dei nostri tempi verso opere che, a distanze perfino siderali, sembrano raccontare con dovizia di particolari il presente? Quante volte, di contro, si sono avverate previsioni che al momento del loro pronunciamento sembravano quantomeno folli? Lo sanno bene figure straordinarie come Dante, Leopardi, Calvino. Lo sanno altrettanto bene i nostri illustri conterranei Pirandello, Sciascia, Brancati. E poiché i vizi della superficialità e dell’ignoranza risalgono alla notte dei tempi, lo sa bene anche un altro grande scrittore siciliano. Quello Stesicoro il quale, secondo alcuni, fu addirittura il primo poeta della Magna Grecia. Tanto innamorato della libertà e della ragione da sfidare regimi e costrizioni a suon di versi e di invettive.

Nato presso la colonia di Himera, nei pressi dell’odierna Termini Imerese, deve la sua fama all’amore che, nel corso della sua vita, manifestò verso i grandi miti della grecità. Non soltanto, infatti, la tempra da grande ed appassionato narratore gli valse l’appellativo di Omero siciliano, ma ne sancì anche il fondamentale ruolo di precursore. Fu lui – quasi un secolo prima di Eschilo e più di un secolo e mezzo prima di Sofocle, con una maestria tale nell’impostazione dell’armonia tra cetra e coro da meritarsi il soprannome passato poi alla storia – a cantare le imprese dei personaggi che oramai affollano costantemente il nostro immaginario: i reduci della guerra di Troia, le fatiche del prode Ercole, le tragiche dinamiche della famiglia di Agamennone, il delittuoso fato di Edipo e della sua stirpe. Tuttavia, il nome di Stesicoro fu ben presente nella storiografia antica anche in virtù delle sue accese lotte politiche. Su tutte, va certamente segnalata quella con Falaride, tiranno di Akragas che si appropriò con l’inganno della sua amata Himera. Al despota, che le fonti tramandano come uno dei più crudeli della storia, il poeta indirizzò Favola del cavallo e del cervo, nella speranza, oltretutto, di persuadere i propri concittadini, in cerca di aiuto per difendersi dall’assalto di Selinunte, dal cedere alla sua falsa affabilità. Appropriandosi della metafora animale, Stesicoro raccontò la parabola del cavallo che, per assicurarsi la vittoria sul cervo, nemico di lungo corso, scelse l’uomo come alleato. Ottenendo così l’agognata vittoria, salvo poi finire sotto il comando del vecchio alleato. Ed è esattamente così che la storia fece il suo corso: Falaride penetrò in città e la subordinò al suo potere. Stesicoro fu scacciato con ignominia e costretto a rifugiarsi a Catania, dove trovò la morte. Alcuni riferiscono che i suoi compaesani, ottusi fino all’ultimo, contribuirono ad alimentarne la fuga. Una fine tutt’altro che gloriosa per colui che la storia ebbe la premura di riabilitare come paladino della giustizia e del rifiuto ad ogni forma di oppressione.

I resti di Himera

Una conclusione per certi versi beffarda, certo, ma altamente simbolica. Anche sotto questo aspetto, infatti, Stesicoro finì per essere un pioniere: predecessore di Socrate, di Catone l’Uticense, di Seneca e di tutti quegli intellettuali vittime di una bieca prepotenza, del malaffare e della voracità senza fine di classi dirigenti perverse. Eppure la scrittura continua ad essere ancora l’arma di ribellione più potente. Un manifesto di immortalità che non si sgretola dinanzi alle cannonate, che non cede il passo alla convenienza e all’utilitarismo. Una patente di valore che, attraverso le generazioni, continua a riverberarsi, a risuonare, a rimbombare. Regalandoci il privilegio di conoscere storie come quella di Stesicoro, antenato di un mondo che non ha visto nascere pur avendolo sognato.

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Giornalista, laureato in Lettere all'Università di Catania. Al Sicilian Post cura la rubrica domenicale "Sicilitudine", che affronta con prospettive inedite e laterali la letteratura siciliana. Fin da giovanissimo ha pubblicato sulle pagine di Cultura del quotidiano "La Sicilia" di Catania.

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