«Credo che la differenza ad un certo punto la faccia il coraggio di buttarsi, di intraprendere strade nuove, di sperimentare per poter cercare un proprio modo di esprimersi». In attesa dell’uscita del suo quindicesimo album, “Changes”, lo abbiamo intervistato per farci raccontare qualcosa di più sul suo modo di intendere la musica.

Claudio Quartarone è un chitarrista e compositore catanese, molto noto nell’ambiente jazz, anche se lui non si definisce proprio un “jazzista” canonico: «Se mi chiedono se sono un jazzista non me la sento di dire di sì, perché i jazzisti non fanno proprio quello che faccio io, non suonano musica elettronica ad esempio. Io ho abbandonato lo studio classico a 13 anni, ho cominciato ad ascoltare altro, ho fatto anche serate in discoteca come dj, fino ad arrivare a 19 anni all’incontro con il jazz».

Dalla classica al jazz. La sua formazione musicale è stata costellata da periodi e avvicinamenti a generi differenti, anche se come lui stesso dice l’incontro con il jazz è stato fondamentale: «La prima lezione di jazz che ho preso presso il maestro Claudio Cusmano – racconta l’artista – è stata un po’ traumatica. Io al tempo ero molto sicuro della mia tecnica, avevo anche vinto tanti concorsi, ma dopo avermi ascoltato, Cusmano mi disse: “Bravo, ma hai idea di quello che stai suonando?”. Mi sono trovato spiazzato». Fin dall’età di 8 anni, Quartarone ha studiato la chitarra classica, divenendo subito noto quale “enfant prodige” grazie alla sua tecnica eccezionale: «Aver studiato musica classica mi ha aiutato a contestualizzare le cose da un punto di vista storico, oltre poi alla tecnica che questa ti dà ovviamente. Non penso sia una conditio sine qua non, soprattutto nella musica moderna. Certamente per quanto mi riguarda è stato fondamentale, il mio modo di suonare viene proprio da lì. Poi però mi sono accorto che mi mancava qualcosa».

Composizione “estemporanea”. Un cambiamento fondamentale ha caratterizzato le composizioni di Claudio Quartarone all’interno della sua produzione: «A un certo punto non sono riuscito più a scrivere. Fino al terzo disco tutti i temi sono scritti, invece dopo l’improvvisazione ha preso il sopravvento, tanto che non riuscivo più  a fissare nulla». Il compositore catanese definisce il suo modo attuale di comporre come “composizione estemporanea”: «Io penso all’improvvisazione come una composizione estemporanea. Ho cominciato a comporre direttamente sulla chitarra, registro degli accordi e poi ci suono sopra con una linea melodica improvvisata come se fosse scritta». «È un metodo strettamente legato ai nostri tempi e ai nostri metodi di registrazione – continua – che danno la possibilità di porsi a metà tra la scrittura e l’improvvisazione. Per me l’evoluzione è stata smettere di scrivere, perché quando è successo mi sono avvicinato di più alla musica e al mio strumento, in un dialogo non più filtrato ma diretto, immediato».

Difficoltà e territorio. Nonostante all’inizio Quartarone abbia riscontrato alcune difficoltà nell’emergere all’interno della realtà catanese, non pensa che il problema riguardi solo il territorio siciliano, anche se ammette che in Sicilia ci siano alcune questioni da risolvere: «La mia prima vera conferma è arrivata dal musicista Enrico Rava, uno dei primi ad apprezzare quello che facevo. A quel punto mi sono chiesto: “come mai un grande musicista come Rava si interessa alla mia musica e invece nella mia città sono quasi snobbato?”». «Credo che le difficoltà ci siano ovunque – continua Quartarone – bisogna forse incontrare le persone giuste. La Sicilia è la regione con più talenti nel jazz che io abbia mai sentito, però il problema è che questi rimangono isolati, non comunicano.  Poi un altro problema collaterale, che riguarda un po’ tutti i giovani di oggi è quello di non avere il coraggio di sperimentare da soli. È vero che ci sono degli incontri rivelatori ma un certo punto il lavoro in solitudine è necessario».

“Changes” e la didattica. In uscita a giugno, il prossimo album del musicista catanese si chiama “Changes” e già nella scelta del nome riflette la voglia di traslare nella musica un periodo caratterizzato da cambiamenti: «In quest’album è come se venisse fuori il mio lato più umano. È un disco che ho fatto per chitarra sola classica, ma anche se suonato con l’impostazione classica, rispecchia il mio cambiamento e il mio modo di suonare che non è classico. Questa ambiguità mi piace tantissimo». Insieme alla realizzazione di un nuovo album, Quartarone ha anche lavorato alla realizzazione di un libro per la didattica dal nome “Metodo per chitarristi improvvisatori. Visione modale del sistema tonale”: «Pur non essendo un “didatta” mi sono molto avvicinato all’insegnamento. Ho scritto questo libro perché spesso percepisco molta confusione.  È un libro breve, in cui però ho cercato di mettere tutto ciò che ritenevo fosse utile sapere per sciogliere i principali dubbi e cominciare a lavorare in autonomia. La musica è 5% teoria e 95% pratica». Adesso Claudio sarà in giro con le masterclass le quali si terranno il 17 maggio a Paternò (CT), il 19 ad Acireale, il 27 a Palermo e il 3 agosto in Umbria per l’Italian Guitar Campus.


Biografia

Claudio Quartarone è considerato uno dei più grandi chitarristi della sua generazione. È nato a Catania l’8 settembre del 1984. Ha vinto numerosi concorsi tra cui nel 2007, attraverso la fondazione Siena Jazz, una borsa di studio per rappresentare l’Italia al convegno internazionale “I.A.S.J.” in Lettonia , premio istituito nel 1989 da Dave Liebman . Ha pubblicato il suo primo disco  “Even Eighth” nel 2008 con la prestigiosa etichetta RaiTrade, con la quale collabora fino al 2010 pubblicando altri due dischi, “The Third Boss Guitar” e “Elevator”. Ha al suo attivo 14 album tra cui oltre i tre già citati figurano: “White & Black” (2010), “The Way” (2010), “Holdstyle” (2011), “Classics” (2011), “Subliminal” (2012), “One” (2012), “Mastermind” (2013), “Always Been Here” (2013), “Jimy” (2013), “Calling Any Station” (2014), “Another Word” (2016).

 

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